Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-01-2013) 12-02-2013, n. 6832

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 15.12.2011 il Tribunale militare di Roma condannava D.C., appuntato scelto dei Carabinieri, effettivo alla compagnia CC in Siena, per il reato di violata consegna pluriaggravata e continuata, con l’aggravante del grado, fatti accertati nei giorni 28 e 29 aprile 2010, sulla base della relazione di servizio che aveva redatto il carabiniere R. M. quanto al fatto che il giorno 28 aprile, dovendo controllare tre stranieri, non gli fu consentito di accedere nell’abitacolo dell’auto di servizio, occupata dal D. intento a colloquiare al cellulare per motivi estranei al servizio, cosicchè il R. era stato costretto a svolgere l’interrogazione alla banca dati, anzichè dall’auto di servizio via radio, tramite il suo cellulare personale con cui aveva contattato la centrale operativa. La pattuglia giunta a rinforzo, comandata dall’app. scelto C., aveva potuto constatare come il R. fosse stato lasciato solo ad identificare tre soggetti stranieri, mentre il D. si dilungava nella conversazione all’interno dell’auto di servizio.

Veniva ritenuta ampiamente provata la violata consegna, visto che la procedura di identificazione delle persone doveva essere compiuta dal capo equipaggio, secondo quanto era contenuto nella pubblicazione del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri ediz. 2008, concernente i procedimenti di azione per i militari dell’arma nei servizi d’istituto, laddove nel caso di specie l’imputato l’aveva invece delegato. Il tribunale riteneva che il giudicabile, non essendosi adeguato alle prescrizioni imposte, avesse violato l’art. 26, comma 1, del vigente regolamento di disciplina militare.

Parimenti, per quanto riguarda l’episodio del 29 aprile 2010, si configurava la violazione alla luce sempre della relazione di servizio del carab. R. che aveva rappresentato come dopo un servizio in piena notte, presso la località (OMISSIS), il D. gli aveva chiesto di portarlo in località (OMISSIS), di competenza peraltro della Polizia di Stato, dove gli aveva ingiunto di spegnere il motore perchè voleva dormire un pò. Al diniego del R., lo stesso aveva assunto di accusare un dolore addominale ed aveva chiesto di interrompere il servizio, per cui seguiva l’anticipato rientro alle ore 4,45. Il fatto di essersi portato in una zona che non rientrava nei compiti di controllo costituiva violata consegna.

Al D. venivano concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti e gli veniva inflitta la pena di mesi due e giorni venti di reclusione.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso immediato in cassazione il Procuratore Militare della Repubblica presso il Tribunale di Roma, per dedurre erronea applicazione della legge penale; il comportamento tenuto dall’imputato non poteva essere inquadrato nell’art. 120 cpmp, che è una norma penale in bianco; i giudici a quibus avrebbero adottato un’interpretazione dell’inciso letterale dell’art. 120 "viola la consegna avuta" da un lato incompatibile con l’insegnamento di questa Corte di legittimità (secondo cui per aversi consegna non è sufficiente la vigenza di disposizioni generali ed astratte che disciplinino un determinato tipo di servizio, occorrendo che tali disposizioni siano trasmesse al militare tenuto ad osservarle"), dall’altro non compatibili con l’insegnamento della Corte Costituzionale, secondo cui nella norma penale in bianco l’apporto della fonte subordinata va limitato alla specificazione di elementi già posti nel precetto legislativo.

Pertanto veniva rilevato come non potevano rientrare nella nozione di consegna generici compiti di istituto, come quelli ricavabili dalla pubblicazione "il nucleo radiomobile ", dovendosi invece fare esclusivo riferimento alle sole prescrizioni contenute negli ordini di servizio, elemento questo trascurato nella sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

E’ stato insegnato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 263 del 6.7.2000 che l’incriminazione della violata consegna (collocata nel titolo 2^ del cpmp) è diretta a tutelare il servizio e non anche la disciplina militare, alla cui salvaguardia sono invece preordinate le fattispecie comprese nel titolo 3 del cpmp; si è aggiunto che il reato può essere commesso solo da un militare che sia comandato ad un servizio determinato ed al quale siano assicurati i mezzi per l’esecuzione della consegna e che con riguardo al contenuto di ciò che può costituire consegna, deve ritenersi che la consegna deve essere precisa, nel senso che deve "determinare interamente e tassativamente il comportamento del militare in servizio", Seguendo queste linee interpretative, questa Corte di legittimità ha avuto modo di chiarire che la nozione di consegna "comprende tutto quel complesso di prescrizioni tassative, generali o particolari, permanenti o temporanee, scritte o verbali, impartite per l’adempimento di un determinato servizio, al fine di regolarne le modalità di esecuzione, dalle quali non è possibile discostarsi" (Sez. 1, 11.7.2007, n. 30693).

Nel caso di specie, nell’ambito della contestazione del reato di cui all’art. 120 c.p.m.p., la violazione della consegna è stata integrata da un lato nella violazione delle direttive impartite in ordine all’identificazione di soggetti stranieri, da compiersi ad opera del capo pattuglia ed a mezzo di controllo via radio presso la centrale operativa, radio la cui postazione ovviamente non poteva essere occupata per motivi di carattere personale (telefonate private, per quanto urgenti) proprio dal capo pattuglia che avrebbe dovuto in prima persona operare il controllo, anche in considerazione di ragioni di sicurezza pubblica e di urgenza (onde evitare ad es.

che i soggetti si sottraggano al controllo). Dall’altro lato, la violazione della consegna è stata integrata dall’inosservanza dell’ordine di controllo di un preciso territorio, laddove l’imputato aveva contravvenuto a tale disposizione inducendo l’autista non solo ad entrare nel territorio riservato alla competenza della Polizia di Stato ma addirittura a spegnere il motore per consentirgli di fare un pisolino, così sottraendo la pattuglia ai compiti di istituto.

E’ di immediata evidenza come nel caso di specie si abbia riguardo a violazioni attinenti il servizio e non la disciplina militare; non solo, ma le norme comportamentali del personale di servizio di pattuglia rivestono carattere integrativo delle consegne particolari,in quanto anch’esse prescrittive del comportamento da osservare nell’espletamento di un servizio (Sez. 1^ 28.4.2009, n. 19862), ragion per cui le doglianza avanzate dalla Procura militare suonano del tutto inadeguate, avendosi riguardo a violazione di veri e propri protocolli di comportamento, relativamente alla identificazione degli stranieri ed al controllo del territorio che costituiscono disposizioni tipo, impartite per operazioni di pattuglia, mirate al corretto svolgimento del servizio comandato.

Nessuna arbitraria ed illegittima dilatazione della sfera dei fatti da ricondurre al modello legale è dato cogliere, come adombrato dal ricorrente, atteso che nel comportamento tenuto dall’imputato non poteva non ravvisarsi la sottrazione alle più elementari regole Impartite per l’adempimento dei compiti d’Istituto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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