Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 31-01-2013) 16-10-2013, n. 42488

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza emessa in data 19 gennaio 2011 il Giudice di Pace di Adria dichiarava C.S. responsabile del reato di cui all’art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3 e lo condannava al pagamento di Euro 2.800,00 di multa oltre alle spese processuali. Condannava inoltre lo stesso al pagamento di una provvisionale di 20.000,00 Euro immediatamente esecutiva in favore delle parti civili B.M. e L.K..

Rimetteva al Giudice civile la quantificazione del danno materiale e morale cagionato dal reato.

Proposto appello, il Tribunale di Rovigo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava il non doversi procedere nei confronti dell’imputato essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione. Confermava per il resto l’impugnata sentenza e condannava l’imputato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile in appello.

Avverso tale pronuncia ha presentato ricorso il difensore dell’imputato per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’art. 578 c.p.p. ed alla decisione sugli effetti civili in caso di prescrizione.

Motivi della decisione

In sostanza la difesa sostiene che nel caso di specie non vi erano i presupposti di operatività dell’art. 578 c.p.p. essendo la sentenza di condanna emessa in primo grado invalida perchè fondata su di una prova inutilizzabile.

Come è noto, infatti, ai sensi dell’art. 578 c.p.p. quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata sentenza di condanna, anche generica al risarcimento dei danni cagionati dal reato, il giudice di appello, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Dunque il primo presupposto di operatività della norma in esame è la presenza di una condanna dell’imputato in primo grado. Inoltre, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, la decisione del giudice dell’impugnazione sugli effetti civili del reato estinto presuppone una pronuncia di condanna sulle statuizioni civili validamente emessa in primo grado.

Orbene, a detta del ricorrente, il giudice di secondo grado ha erroneamente ritenuto la validità della sentenza di primo grado del Giudice di Pace di Adria, pur rilevando come la stessa fosse totalmente viziata in quanto fondata su di una prova inutilizzabile.

Tale prova è costituita dalle dichiarazioni rese di una persona informata dei fatti: G.A.. Precisa, infatti, la difesa che tali dichiarazioni sono state riportate nel verbale di arresto ma il G. non è stato sentito in dibattimento come testimone nè la difesa ha consentito ad utilizzare il contenuto del verbale ai sensi dell’art. 493 c.p.p., comma 3. Dunque le suddette dichiarazioni erano effettivamente inutilizzabili. Al contrario il Giudice di pace ha motivato la decisione di condanna anche sulla base di quanto era stato ricostruito nel verbale di arresto grazie alle dichiarazioni del G. il quale, presente al momento dei fatti, ha permesso di individuare l’auto responsabile dell’incidente.

Certamente il giudice di prime cure ha errato nell’utilizzare le dichiarazioni del G.. Tanto è vero che il giudice di appello ha ritenuto necessario procedere all’audizione del G. ex art. 603 c.p.p., comma 3. Questo, però, non significa che la sentenza di condanna fosse "invalida" nell’accezione intesa dalla Cassazione con conseguente inoperatività dell’art. 578 c.p.p..

La questione non è di immediata comprensione.

Sono necessarie delle precisazioni che rendano evidente "l’equivoco" in cui è incappata la difesa.

Il principio per cui la decisione del giudice dell’impugnazione sugli effetti civili del reato estinto presuppone una pronuncia di condanna sulle statuizioni civili validamente emessa in primo grado è stato elaborato dalla giurisprudenza con riguardo all’ipotesi di causa estintiva preesistente alla sentenza di primo grado ed erroneamente non dichiarata dal giudice di prime cure. (Ed a tale situazione va limitato). In tale ipotesi, infatti, si ritiene non applicabile l’art. 578 c.p.p. (Sez. 6, n. 33398/2002, Rv. 222426).

Dunque per "condanna validamente emessa" la giurisprudenza intende una condanna pronunciata in assenza di cause estintive del reato erroneamente non dichiarate in primo grado. E tale ipotesi ricorre anche qualora la sentenza di condanna sia stata adottata anche sulla base di una prova inutilizzabile. Come giustamente nota la Corte di appello nell’impugnata sentenza, infatti, ciò non comporta la automatica invalidità della sentenza ma la possibilità, in sede di appello, di riformare la stessa per mancanza di prove sufficienti a dimostrare la colpevolezza dell’imputato (nel caso in cui le altre prove legittimamente acquisite risultino da sole non sufficienti a dimostrare la penale responsabilità dell’imputato).

Peraltro merita sottolineare che il teste G. è stato sentito in appello all’udienza del 9 gennaio 2012. Dunque l’invalidità denunciata dalla difesa non sussiste.

Alla luce di quanto affermato la censura mossa dal ricorrente appare infondata ed il ricorso deve essere rigettato. Difatti quando è stata pronunciata la condanna in primo grado il termine di prescrizione non era ancora spirato. Dunque sussisteva una condanna validamente pronunciata a carico del C..

Di conseguenza il giudice di appello, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, ha correttamente esercitato il suo potere-dovere di decidere sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2013
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