Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-01-2013) 25-09-2013, n. 39864

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 13 gennaio 2012, la Corte d’appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione proposta da T.G., in qualità di terzo interessato, avverso l’ordinanza, da essa emessa de plano il 17 giugno 2011 e reiettiva della richiesta di revoca della confisca dell’immobile sito in (OMISSIS), località (OMISSIS), disposta L. n. 356 del 1992, ex art. 12-sexies con sentenza della stessa Corte del 19 giugno 2009, che aveva confermato nei confronti di L.R.A. la sentenza del 17 gennaio 2008 del G.u.p. del Tribunale di Catanzaro.

1.1. La Corte premetteva che:

– l’immobile, costituito da terreno con soprastante fabbricato, era stato ritenuto dalla indicata sentenza solo formalmente intestato all’opponente, perchè oggetto di fraudolenta interposizione fittizia e di fatto riconducibile alla disponibilità di L.R.A.;

– l’opponente, che aveva richiamato gli atti e gli elementi illustrati nella richiesta di revoca, aveva anche sollecitato un approfondimento istruttorio, nel rispetto del contraddittorio, con riguardo agli elementi di prova dichiarativa e peritale già acquisiti nel procedimento a carico del L.R., chiedendo la rinnovazione d’ufficio della perizia grafica sulla missiva dattiloscritta indicata in atti, ulteriore verifica peritale sulla sua capacità reddituale e alcuni esami testimoniali.

1.2. La Corte, richiamati, quindi, i principi attinenti alla possibile attività istruttoria nella pendente fase incidentale, rilevava, a ragione della decisione, che:

– le richieste difensive di riassunzione della prova testimoniale non sostanziavano alcuna circostanza significativa, non considerata in sede giudiziale, idonea a una seria prospettazione di una rivalutazione critica del contenuto delle sommarie informazioni testimoniali, nè gli argomenti difensivi, che riproponevano i rilievi critici già esaminati in sentenza e ripercorsi, intaccavano le statuizioni definitive di merito;

– non era apprezzabile l’utilità di approfondimenti peritali sulla missiva dell’1 settembre 1994, indirizzata al sindaco di (OMISSIS) a firma del direttore dei lavori del costruendo albergo, fondati sulle rappresentate divergenti conclusioni dei consulenti di parte in ordine alla identificazione del nominativo riportato nel detto documento e poi cancellato, avuto riguardo alle condivise ragioni esposte nell’ordinanza opposta e alla concorde correlazione del dato tecnico con altri elementi indiziari circa la cointeressenza del L. R. nel disbrigo di pratiche comunali relative all’immobile;

– erano di valore neutro le allegazioni difensive volte a screditare i rapporti d’illecita cointeressenza tra l’opponente e il L.R., risultanti dall’episodio della tentata truffa aggravata ai danni dello Stato posta in essere dall’opponente e specificamente descritta;

– le vicende cautelari che avevano attinto l’opponente e l’immobile in questione, in relazione alla imputazione di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies non avevano intaccato la contestata fittizietà della intestazione dello stesso immobile in capo all’opponente e la sua riconducibilità alla disponibilità del L. R.;

– la dimostrazione di disponibilità economiche dell’opponente, ulteriori rispetto ai redditi documentati e riportati in sentenza, non assumeva ex se rilevanza decisiva in favore dell’assunto difensivo e faceva apparire irrilevanti ulteriori indagini patrimoniali circa la disponibilità finanziaria dell’opponente a far fronte agli esborsi attinenti alla iniziativa economica in oggetto.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo dei difensori, avv. G. V. e avv. N. C., T.G., che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di tre motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 666 c.p.p., comma 5, come risultante dalla illogica motivazione di rigetto delle richieste di integrazione probatoria.

Secondo il ricorrente, che ha richiamato le vicende cautelari, relative all’applicazione di misure personali e di provvedimenti ablatori del bene oggetto della procedura, e ha rilevato che, in sede cautelare, non si sono ritenuti sussistenti indizi a suo carico per il reato di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies nè è stato mantenuto il sequestro dell’immobile, invece sequestrato nei confronti di L.R.A., la Corte d’appello è incorsa nella indicata violazione di legge per avere valutato l’assunzione di ufficio di nuove prove secondo il criterio della decisività ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., e non, recuperato il contraddittorio con l’opposizione, secondo il prudente apprezzamento in coerenza al potere probatorio riconosciuto al giudice dell’esecuzione.

Nè, ad avviso del ricorrente, la Corte ha logicamente motivato il rigetto della richiesta di integrazione probatoria, poichè le dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni testimoniali, non sottoposte a una valutazione di resistenza al contraddittorio delle parti essendo stato il L.R. giudicato secondo le forme del giudizio abbreviato, non sono state comparate e valutate unitariamente a quelle assunte dalla difesa, come da verbali ex art. 391-bis cod. proc. pen., versati in atti, omettendo ogni riferimento a esse.

Anche la motivazione resa in ordine al rigetto della richiesta di approfondimento peritale, fondata sulla divergenza delle conclusioni dell’elaborato tecnico della difesa nel procedimento penale a carico del L.R. rispetto a quelle della consulenza del Pubblico Ministero, è illogica e svolta con argomentazioni parziali neppure correlate alle mosse contestazioni, e la superfluità delle integrazioni probatorie è stata affermata perchè è mancato un confronto con il materiale indiziario proposto dalla difesa e con le produzioni documentali offerte.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto violazione della L. n. 356 del 1992, art. 12-sexies illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), e violazione dell’art. 192 cod. proc. pen..

Secondo il ricorrente, la Corte è incorsa negli indicati vizi per avere applicato all’accertamento della intermediazione fittizia del terzo lo stesso metro previsto per l’accertamento dell’accumulazione illecita del condannato, mentre doveva spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia indicando gli elementi dimostrativi del superamento della coincidenza tra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene, e considerare la sua assoluzione dal reato di intestazione fittizia, la genesi dell’acquisto del bene, l’impegno economico profuso per l’ideazione del progetto e la realizzazione della struttura, e la sua capacità economica pure affermata nell’ordinanza.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.

4. L’11 gennaio 2013 il ricorrente ha depositato motivi nuovi e brevi note di replica a firma dell’avv. F. L., nominato suo procuratore speciale, sottolineando che l’estraneità del terzo al giudizio di merito a carico del concorrente necessario imponeva di affrontare nella fase esecutiva la questione della confisca con ampie garanzie della difesa, e denunciando la mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla affermata totale riconducibilità a L.R.A. dell’immobile oggetto di confisca, con richiesta subordinata di approfondimento, in sede di rinvio, di ogni circostanza utile, anche sotto il profilo della capacità patrimoniale, a chiarire in quale misura, eventualmente, il detto immobile fosse riconducibile alla reale titolarità di esso ricorrente.

5. Sono pervenute note difensive del 16 gennaio 2013 a firma dell’avv. G. V., che, in replica alle deduzioni della Procura Generale, ha richiamato e ulteriormente illustrato e puntualizzato le ragioni esposte a fondamento dei motivi del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Questa Corte ha più volte affermato che per i soggetti portatori di un interesse meramente civilistico, quali sono i terzi interessati che propongono ricorso contro il decreto che dispone la misura di prevenzione della confisca (Sez. 6, n. 46429 del 17/09/2009, dep. 02/12/2009, Pace e altri, Rv. 245440; Sez. 6, n. 13798 del 20/01/2011, dep. 07/04/2011, B., Rv. 249873; Sez. 2, n.27037 del 27/03/2012, dep. 10/07/2012, Bini, Rv. 253404), o contro il decreto di sequestro funzionale alla confisca per equivalente ai sensi dell’art. 322-ter cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 13154 del 19/03/2010, dep. 08/04/2010, Arango Garzon, Rv. 246692), o contro il decreto di sequestro preventivo disposto dal giudice per le indagini preliminari (Sez. 3, n. 8942 del 20/10/2011, dep. 07/03/2012, P.T.S.r.l., Rv. 252438), o contro l’ordinanza resa nel procedimento di opposizione a un provvedimento di confisca (Sez. 1, n. 10398 del 29/1072012, dep. 16/03/212, L. e altri, Rv. 252925) deve trovare applicazione la regola dettata dall’art. 100 cod. proc. civ. per la parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, secondo la quale tali soggetti "stanno in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale".

La posizione processuale del terzo interessato è, infatti, nettamente distinta, sotto il profilo difensivo, da quella dell’indagato e dell’imputato (la cui posizione è estesa al soggetto sottoposto a misure di prevenzione, ai sensi della L. n. 1423 del 1956, art. 4, u.c.), che, in quanto assoggettati all’azione penale, possono stare in giudizio di persona, avendo solo necessità di munirsi di un difensore che, oltre ad assisterli, li rappresenta ex lege e che è titolare di un diritto di impugnazione nell’interesse del proprio assistito per il solo fatto di rivestire la qualità di difensore, senza alcuna necessità di procura speciale, che è imposta solo per i casi riservati espressamente dalla legge alla iniziativa personale dell’imputato.

Invece, il terzo interessato, che, come i soggetti indicati dal richiamato art. 100 cod. proc. pen., è portatore di interessi civilistici, non può stare in giudizio personalmente, avendo, secondo quanto previsto per il processo civile dall’art. 83 cod. proc. civ., un onere di patrocinio che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore.

3. Nella specie, T.G., terzo interessato alla restituzione del bene immobile sito in (OMISSIS), località (OMISSIS), al medesimo intestato e ritenuto appartenente a L. R.A., come da decreto di sequestro L. n. 356 del 1992, ex art. 12-sexies e successiva definitiva confisca, ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del 13 gennaio 2012 della Corte d’appello di Catanzaro, che ha rigettato l’opposizione da lui avanzata avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca della indicata confisca, a mezzo dei difensori avv. G. V. e avv. N. C., che hanno sottoscritto il ricorso unitamente allo stesso ricorrente.

Detti difensori non risultano muniti di apposita procura speciale, neppure in alcun modo richiamata nel ricorso e nelle note depositate, per proporre il ricorso per cassazione.

3.1. Nè può attribuirsi il valore di procura speciale ai fini della proposizione del ricorso alla nomina effettuata dal ricorrente degli stessi indicati difensori in calce all’atto di opposizione ex art. 667 c.p.p., comma 4, "conferendo a entrambi i legali ogni facoltà di legge ed espressa procura speciale affinchè lo difendano nel procedimento di opposizione avverso la ordinanza del 17.6.2011, con la quale rigettava la richiesta di revoca della confisca disposta con sentenza della Corte di appello di Catanzaro emessa il 16.9.2009".

3.2. Questa Corte, chiamata a risolvere a sezioni unite la questione "se sia legittimato a proporre appello il difensore della parte civile munito di procura speciale (mandato alle liti), che non faccia espresso riferimento al potere del difensore di proporre appello", ha ritenuto sussistente tale legittimazione, poichè "la presunzione di efficacia della procura per un solo grado del processo, stabilita dall’art. 100 c.p.p., comma 3, può essere vinta dalla manifestazione di volontà della parte – desumibile dalla interpretazione del mandato – di attribuire anche un siffatto potere", mentre la detta presunzione deve operare senz’altro "ogni volta che vengono utilizzati termini assolutamente generici o quando la procura si limiti a conferire il potere defensionale senza alcun’altra indicazione" (Sez. U, n. 44712 del 27/10/2004, dep. 18/11/2004, P.C. in proc. Mazzarella, Rv. 229179).

Tale principio è stato richiamato da successive decisioni (Sez. 5, n. 33369 del 25/06/2008, dep. 12/08/2008, Pugliese, Rv. 241392; Sez. 5, n. 42660 del 28/09/2010, dep. 01/12/2010, P.C. in proc. Moretti, Rv. 2493379), riaffermandosi che la manifestazione di diversa volontà espressa nell’atto, che può superare la presunzione di efficacia della procura speciale soltanto per un determinato grado del giudizio, sussiste nel caso di richiamo globale a "ogni grado del giudizio", mentre deve essere esclusa nel caso di procura contenente il semplice generico riferimento a "ogni facoltà di legge", che, in assenza di ulteriori specificazioni, deve essere riportato al solo grado del giudizio in cui il conferimento è stato operato.

3.3. Alla luce di tali condivisi principi, deve rilevarsi che la indicata procura in atti rilasciata in calce all’atto di opposizione ex art. 667 c.p.p., comma 4, del 6 luglio 2011 – peraltro preceduta da altra procura speciale, conferita il 28 aprile 2011, in calce alla richiesta di revoca della confisca, all’avv. Giovanni Vecchio "perchè lo difenda nel procedimento volto alla revoca della confisca … e alla restituzione del bene" – non contiene alcun dato che consenta di ritenere manifestata la volontà del ricorrente di conferire ai nominati difensori il potere di proporre impugnazione, non essendovi alcun riferimento ai gradi successivi di giudizio.

4. La inammissibilità del ricorso, che consegue alla mancata osservanza delle forme previste dall’art. 100 cod. proc. civ. e riguarda la stessa legittimazione processuale del ricorrente e come tale ha carattere originario, preclude l’esame delle ragioni di doglianza svolte con il ricorso e con le note di replica, presentate anche a mezzo dell’avv. F. L. nominato dal ricorrente suo procuratore speciale il 15 dicembre 2012 per essere difeso e assistito in questo giudizio di legittimità unitamente all’avv. G. V., già nominato.

5. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2013

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