Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-01-2013) 19-09-2013, n. 38720

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 6 marzo 2012 la Corte d’appello di Genova, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione proposta da B.G. avverso l’ordinanza del 23 novembre 2010 della stessa Corte, che aveva applicato l’indulto, dopo aver proceduto allo scioglimento della continuazione tra i reati giudicati con sentenza del 20 luglio 2009, commessi alcuni in epoca anteriore al (OMISSIS) e altri in periodo successivo, ricomprendendo il più grave reato (di cui al capo D) tra quelli oggetto dell’indulto, e rideterminando quindi ex novo, in executivis, quale reato più grave non indultabile, quello di cui al capo O), relativo alla detenzione a fini di spaccio di grammi quaranta di cocaina.

La Corte, a ragione della decisione, rilevava che era condivisibile l’impostazione della ordinanza opposta, poichè il passaggio in giudicato della indicata sentenza aveva determinato necessariamente la "rottura" della continuazione applicata in sede cognitiva, distinguendo tra i fatti antecedenti al provvedimento di clemenza, e soggetti allo stesso, e quelli successivi da riunificare per continuazione.

2. Avverso detta ordinanza ricorre per cassazione, per mezzo del suo difensore, B.G., che ne chiede l’annullamento, deducendo, con unico motivo, mancanza e/o illogicità manifesta della motivazione ed errata applicazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in punto di applicazione dell’art. 81 cpv. c.p..

Secondo il ricorrente, la sentenza che ha individuato il reato più grave in quello di cui al capo D) per l’entità certa del quantitativo di stupefacente trattato non è stata appellata dal Procuratore Generale ed è stata confermata nei successivi gradi del giudizio, divenendo irrevocabile.

L’ordinanza impugnata, che ha sciolto la continuazione e ha proceduto alla nuova individuazione del reato più grave in quello contestato al capo O), è incorsa nei denunciati vizi.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. Questa Corte ha costantemente affermato, nel contesto di un’articolata elaborazione, che "lo scopo della disciplina del concorso formale di reati o del reato continuato consiste nel mitigare l’effetto del cumulo materiale delle pene, al quale è sostituito un cumulo giuridico, e questa funzione dell’istituto è stata resa ancora più evidente dalla novella del 1974, che, nell’estendere l’operatività del sistema del cumulo giuridico della pena previsto dall’art. 81 cpv. c.p., si colloca in una linea di tendenza contraria all’automatismo repressivo proprio del cumulo materiale e favorevole a un’accentuazione del carattere personale della responsabilità penale, con esaltazione del ruolo e del senso di responsabilità del giudice nell’adeguamento della pena alla personalità del reo".

Sulla base di questa premessa si è rimarcato che "(…) l’unificazione legislativa dei reati deve affermarsi là dove vi sia una disposizione apposita in tal senso o dove la soluzione unitaria garantisca un risultato favorevole al reo, non dovendo e non potendo dimenticarsi che il trattamento di maggior favore per il reo è alla base della ratio, della logica, appunto, del reato continuato" (Sez. U, n. 1 del 26/02/1997, dep. 27/06/1997, Mammoliti, Rv. 207940; Sez. U, n. 14 del 30/06/1999, dep. 05/10/1999, Ronga, Rv. 214355).

2.1. In detta prospettiva interpretativa questa Corte ha ritenuto che si dovesse procedere allo scioglimento del cumulo, tra l’altro, in vista della individuazione del termine di prescrizione del reato (Sez. U, n. 10928 del 10/10/1981, dep. 10/12/1981, Cassinari, Rv.

151241; Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, dep. 15/03/1996, Panigoni, Rv. 203977; Sez. 1^, n. 43006 del 11/11/2005, dep. 28/11/2005, Bifulco, Rv. 232818), o al fine della applicazione dell’indulto ai reati non ostativi (Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, dep. 15/03/1996, Panigoni, Rv. 203976; Sez. 1^, n. 19747 del 28/03/2003, dep. 28/04/2003, Scarcia, Rv. 224233), o al fine della revoca dell’indulto condizionato (Sez. 1^, n. 2624 del 11/05/1998, dep. 13/06/1998, Bernardo, Rv. 210793; Sez. U, n. 21501 del 23/04/2009, dep. 22/05/2009, Astone, Rv. sn 243380), o nella ipotesi in cui fra gli episodi criminosi unificati alcuni siano stati commessi prima e altri dopo il termine di scadenza stabilito con il provvedimento di clemenza (Sez. U, n. 18 del 16/11/1989, dep. 15/01/1990, Fiorentini, Rv. 183004; Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, dep. 15/03/1996, Panigoni, Rv. 203975; Sez. 1^, n. 2057 del 14/03/1997, dep. 31/05/1997, Renda Popolo, Rv. 207693; Sez. 1^, n. 43862 del 29/10/2004, dep. 09/11/2004, Palamara, Rv. 230059; Sez. 1^, n. 1974 del 16/03/2005, dep. 24/05/2005, Gullaci, Rv. 231796; Sez. 1^, n. 1399 del 14/12/2010, dep. 19/01/2011, Capuozzolo e altri, Rv.

249288), o in tema di applicazione della pena sostitutiva delle pene detentive brevi (Sez. 3^, n. 2070 del 02/06/1999, dep. 09/10/1999, P.G. in proc. Erminio, Rv. 215068), o ai fini della concessione del permesso premio (da ultimo, Sez. 1^, n. 1446 del 10/12/2009, dep. 14/01/2010, Fracapane, Rv. 245954), o ai fini in genere dei benefici penitenziari (Sez. 1^, n. 2529 del 26/03/1999, dep. 12/05/1999, Parisi, Rv. 213354; Sez. 1^, n. 15954 del 18/03/2009, dep. 16/04/2009, Trubia, Rv. 243316).

2.2. Si è anche affermato che l’omessa indicazione da parte del giudice della cognizione delle varie componenti della pena complessivamente inflitta per il reato continuato (omissione che non configura nullità alcuna, non essendo questa prevista dalla legge) comporta il potere/dovere del giudice dell’esecuzione di provvedere alle necessarie specificazioni interpretando il giudicato, ossia ricavando dalla sentenza irrevocabile tutti gli elementi, anche non chiaramente espressi, che siano imprescindibili per finalità esecutive e in particolare per l’applicazione di cause estintive e per la revoca dei benefici condizionati (Sez. 1^, n. 36 del 09/01/1996, dep. 21/02/1996, Morelli, Rv. 203816; Sez. 3^, n. 11302 del 25/06/1999, dep. 01/10/1999, Cascino, Rv. 214634; Sez. 1^, n. 11512 del 21/01/2005, dep. 22/03/2005, Spinelli, Rv. 231267; Sez. 2^, n. 23653 del 15/05/2008, dep. 11/06/2008, Asseliti e altri, Rv.

240612), e individuando la pena rilevante ai fini della revoca dell’indulto, nel caso di reati uniti dal vincolo della continuazione, alcuni dei quali siano stati commessi nei cinque anni dalla entrata in vigore del provvedimento di clemenza, ove la sentenza non abbia specificato la pena applicata per ciascun reato, nell’aumento di pena in concreto inflitto a titolo di continuazione per ciascuno di essi, e non nella sanzione edittale minima prevista per la singola fattispecie astratta (Sez. U, n. 21501 del 23 aprile 2009, dep. 22 maggio 2009, Astone, Rv. 243380).

2.3. Strettamente connessa con tali principi è l’affermazione che, per i limiti intriseci e strutturali che connotano la fase della esecuzione alla luce del principio della intangibilità del giudicato, il giudice è tenuto – ai fini dell’applicazione e della revoca del condono in caso di reato continuato – a individuare il reato più grave, se ciò non sia stato fatto in sede di cognizione (Sez. 1^, n. 4959 del 12/10/1995, dep. 09/11/1995, P.G. in proc. Occhioni, Rv. 202672), e la sua attività interpretativa resta rigorosamente circoscritta entro i confini invalicabili del "fatto contestato nell’imputazione e accertato nella sentenza", siccome giuridicamente qualificato nella pronuncia passata in giudicato (Sez. 1^, n. 46994 del 29/11/2007, dep. 18/12/2007, Molitierno, Rv.

238176), restando preclusa la possibilità di valutare e qualificare i fatti "in modo difforme da quanto ritenuto dal giudice del merito" (Sez. 1^, n. 3001 del 22/11/1989, dep. 11/01/1990, Coccone, Rv.

182969; Sez. 6^, n. 3106, del 28/06/1994, dep. 13/09/1994, Stivala, Rv. 199149), atteso che tanto comporterebbe la (non consentita) rideterminazione della res iudicata (Sez. 1^, n. 6362 del 31/01/2006, dep. 17/02/2006, Zungri, Rv. 233442).

3. A tali principi non si è adeguato il Giudice dell’esecuzione che, pur affermando correttamente che occorreva distinguere tra i fatti soggetti al condono e quelli successivi al provvedimento di clemenza, ha non solo affermato che tale distinzione conseguiva a una ritenuta necessaria "rottura" della continuazione applicata in sede cognitiva come effetto del passaggio in giudicato della sentenza del 20 luglio 2009 della Corte d’appello di Genova, piuttosto che alla necessità di procedere allo scioglimento del cumulo ai fini della corretta applicazione dell’indulto rispettando il termine di scadenza della sua concedibilità (2 maggio 2006), stabilito alla L. n. 241 del 2006, art. 1, ma, superando illegittimamente il limite del giudicato in ordine alla individuazione, fatta dal Giudice di merito, del reato più grave in quello contestato al capo D, ha ritenuto di condividere l’impostazione della ordinanza opposta e il risultato finale, cui la stessa è pervenuta, quanto all’applicazione dell’indulto alla pena di anni uno e mesi due di reclusione ed euro quattromila di multa.

In tal modo l’ordinanza impugnata, che si è posta in continuità argomentativa con l’ordinanza opposta, è incorsa nei denunciati vizi ripetendo un percorso argomentativo ampiamente censurabile, poichè, sciolta la continuazione e ritenuto il reato di cui al capo D indultabile, unitamente ai reati di cui ai capi B, C, E, si è riderminata la continuazione tra i reati non indultabili (di cui ai capi O, P, Q, R), si è individuato un diverso più grave reato (sub O), si è degradato in reato-satellite anche il già individuato più grave reato (sub D) astraendo dal vincolo del giudicato, e si è indicata la pena condonata in quella più limitata, corrispondente all’aumento di pena a titolo di continuazione per detto reato e gli altri reati indultabili.

4. L’ordinanza impugnata, non esente da vizi logici e giuridici, deve essere, pertanto, annullata con rinvio degli atti al giudice a quo che procederà a nuovo esame alla luce degli indicati rilievi e principi di diritto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d’appello di Genova.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2013

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