Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-01-2013) 19-09-2013, n. 38719

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 24 febbraio 2012 il Tribunale per i minorenni di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza avanzata da Z.F., volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., tra i reati oggetto di tre sentenze irrevocabili emesse a suo carico e specificate nella richiesta e nella premessa della stessa ordinanza, e, considerato più grave il reato di rapina aggravata commesso il (OMISSIS), giudicato con la sentenza n. 1316/08 del 16 dicembre 2008, irrevocabile il 2 gennaio 2010, che aveva inflitto la pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro millecinquecento di multa, ha determinato la pena complessiva in anni cinque di reclusione ed euro milleottocento di multa.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, chiedendone l’annullamento sulla base di unico motivo con il quale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p..

2.1. Secondo il ricorrente, il Tribunale non ha considerato che le prime due sentenze oggetto della richiesta, emesse dal G.u.p. del Tribunale di Palermo rispettivamente il 22 aprile 2008 e il 16 dicembre 2008, sono state già unificate per continuazione dallo stesso G.u.p., quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 14 giugno 2010, che ha determinato la pena complessiva in anni sei di reclusione ed euro duemila di multa, e che il ricorso proposto avverso detta ordinanza è stato dichiarato inammissibile da questa Corte con sentenza del 26 aprile 2011. In tal modo, con l’ordinanza impugnata, non solo è stato concesso due volte lo stesso beneficio, ma il Giudice, invece di aumentare la pena, già determinata con la indicata precedente ordinanza, unicamente in relazione al reato di cui alla terza sentenza, emessa dal G.u.p. del Tribunale per i minorenni di Palermo il 20 giugno 2007, ha ridotto la pena complessiva da espiare ad anni cinque di reclusione ed euro milleottocento di multa.

2.2. Nè, ad avviso del ricorrente, la sussistenza del vincolo della continuazione può essere riconosciuta tra fatti già giudicati con precedente sentenza irrevocabile e fatti successivi alla data dell’emissione della sentenza, per la violazione del principio della maggiore responsabilità attribuita al soggetto che, nonostante una precedente condanna, persista nel delinquere, come già affermato da questa Corte con sentenza n. 11909 del 1991.

2.3. Il Giudice dell’esecuzione neppure ha tenuto conto della disomogeneità tra le rapine commesse nell'(OMISSIS) (già unificate dal G.u.p.) e il furto commesso nel mese di (OMISSIS), avuto riguardo alle modalità di commissione dei fatti e alla loro tipologia, nè della distanza cronologica non minima tra i fatti e della interruzione del medesimo disegno criminoso tra le fattispecie delittuose in esito alla sentenza del giugno 2007, omettendo di motivare circa l’unitarietà del disegno criminoso adeguatamente e con riferimenti concreti ai fatti indicati.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l’annullamento dell’ordinanza con rinvio al Tribunale per i minorenni di Palermo per nuova deliberazione.

Motivi della decisione

1. La prima censura, che attiene alla non corretta applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva in dipendenza della già intervenuta unificazione, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., di due delle tre sentenze oggetto della richiesta e della dedotta illegittimità delle modalità di determinazione della pena adottate con l’ordinanza impugnata, è infondata.

1.1. La censura non considera, infatti, che il principio della preclusione processuale derivante dal cosiddetto giudicato esecutivo, operando rebus sic stantibus, è superabile con la sopravvenienza di un fatto nuovo ovvero non apprezzato che incida sulla situazione esecutiva in atto (Sez. U, n. 18288 del 21/01/2010, dep. 13/05/2010, P.G. in proc. Beschi, Rv. 246651), e che, nella specie, il Giudice dell’esecuzione, cui compete la relativa valutazione, ha preso in considerazione anche il reato oggetto della sentenza del 20 giugno 2007, irrevocabile il 20 gennaio 2010, non oggetto di precedente richiesta di unificazione nè di provvedimento di diniego del vincolo.

1.2. La censura è, inoltre, in contrasto con il principio di diritto, alla cui stregua il giudice dell’esecuzione, in sede di applicazione della continuazione, è vincolato al giudicato, nella sequenza delle operazioni per la determinazione del trattamento sanzionatorio, solo per la individuazione del reato più grave e la misura di pena per esso stabilita, dovendo determinare ex novo l’aumento a titolo di continuazione per ciascuno dei reati-satellite, e anche per quelli già riuniti nella continuazione c.d. interna con il reato più grave posto alla base del nuovo computo (Sez. 1^, n. 4911 del 15/01/2009, dep. 04/02/2009, Neder e altri, Rv. 243375; Sez. 1^, n. 49748 del 15/12/2009, dep. 29/12/2009, Di Stefano, Rv. 245987;

Sez. 1, n. 38244 del 13/10/2010, dep. 29/10/2010, Conte, Rv. 248299), ancorchè nei limiti di cui all’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p., nonchè previo ragguaglio tra le pene di genere diverso ai sensi dell’art. 135 c.p., (Sez. 1^, n. 32277 del 25/02/2003, dep. 31/07/2003, Mazza, Rv.

225742; Sez. 1^, n. 46905 del 10/11/2009, dep. 09/12/2009, Castorina, Rv. 245684), anche in misura superiore alla pena originariamente inflitta per ogni reato, sempre che non sia superata la somma delle pene inflitte con ciascuna sentenza o decreto (Sez. 1^, n. 31429 del 08/06/2006, dep. 21/09/2006, Serio, Rv. 234887; Sez. 1^, n. 48833 del 09/12/2009, dep. 21/12/2009, Galfano, Rv. 245889; Sez. 1^, n. 5832 del 17/01/2011, dep. 16/02/2011, P.G. in proc. Razzaq, Rv. 249397), senza essere vincolato dal divieto della reformatio in peius, di cui all’art. 597 c.p.p., comma 3, (Sez. 1^. n. 12704 del 06/03/2008, dep. 25/03/2008, D’Angelo, Rv. 239376), e alla luce dei criteri stabiliti dall’art. 133 cod. pen. (Sez. 5^, n. 11587 del 10/02/2006, dep. 03/04/2006, Vudafieri, Rv. 233897).

1.3. Di tali condivisi principi si è fatta esatta interpretazione e applicazione, poichè il Giudice dell’esecuzione, dopo avere individuato il reato più grave nella rapina aggravata commessa il (OMISSIS) e la pena per esso inflitta (anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro millecinquecento di multa), in conformità a quanto irrevocabilmente statuito in sede di cognizione, e non contestato dal ricorrente, ha determinato la pena complessiva per il reato continuato, in ordine ai reati oggetto della richiesta, in anni cinque di reclusione ed Euro milleottocento di multa, nel rispetto del limite di cui ai richiamati art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p..

2. Nè merita accoglimento la seconda censura.

2.1. Questa Corte ha più volte condivisibilmente affermato, superando l’orientamento contrario (espresso da ultimo da Sez. 6^, n. 10004 del 17/04/1991, dep. 26/09/1991, Mombelli e altri, Rv. 188232, e da Sez. 4^, n. 11909 del 06/06/1991, dep. 22/11/1991, P.M. in proc. Doni, Rv. 191225), richiamato dal ricorrente, che in tema di reato continuato, al giudice del merito non è inibita l’applicazione del trattamento sanzionatorio, previsto dall’art. 81 c.p., commi 1 e 2, quando sia stata già pronunciata una sentenza irrevocabile di condanna nei confronti dell’imputato per fatto anche meno grave di quello sottoposto al suo giudizio, e che in tale ipotesi la pena complessiva va determinata sulla base di quella da infliggersi per il reato individuato come più grave, anche se sottoposto al giudizio in corso, e va apportato l’aumento ritenuto equo in riferimento al reato meno grave, anche se già giudicato (Sez. 6^, n. 23031 del 12/03/2004, dep. 17/05/2004, Del Regno e altri, Rv. 229917).

2.2. Si è, anche, costantemente rimarcato, traendo conforto all’indicato principio, che non esiste incompatibilità fra gli istituti della recidiva e della continuazione, poichè la recidiva opera soltanto relativamente ai reati commessi dopo una sentenza irrevocabile di condanna e il fatto che l’agente abbia persistito nella condotta criminosa, nonostante la controspinta psicologica costituita dalla precedente condanna, è conciliabile con il permanere dell’originario disegno criminoso. Pertanto, sussistendone le condizioni, vanno applicati entrambi gli istituti, praticando sul reato base, se del caso, l’aumento di pena per la recidiva e, quindi, quello per la continuazione (Sez. U, n. 9148 del 17/04/1996, dep. 17/10/1996, P.M. in proc. Zucca, Rv. 205543; Sez. 1^, n. 19544 del 02/04/2004, dep. 27/04/2004, Vecd, Rv. 227981; Sez. 1^, n. 14937 del 13/03/2008, dep. 09/04/2008, Caradonna, Rv. 240144; Sez. 6^, n. 19541 del 24/11/2011, dep. 23/05/2012, Bisesi e altri, Rv. 252847).

3. Nè merita accoglimento la censura che attiene al contestato riconoscimento del vincolo della continuazione.

Le deduzioni e osservazioni svolte, invasive, in termini di generica contrapposizione argomentativa, di un giudizio di merito congruamente svolto in rapporto alla tipologia dei reati, alle ragioni di "indigenza economica" che hanno fatto maturare il proposito criminoso, al contesto temporale in cui i reati sono stati commessi, e alle modalità "maldestre e rudimentali" adottate, sono anche infondate laddove assumono la interruzione del medesimo disegno criminoso, riconosciuto tra le fattispecie delittuose unificate, in dipendenza della sentenza del giugno 2007, la cui mera pronuncia non può in alcun modo considerarsi ostativa al riconoscimento della continuazione fra i reati commessi prima e dopo la condanna.

4. Alla luce delle svolte considerazioni, il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *