Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-01-2013) 19-09-2013, n. 38717

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 9 gennaio 2012 il Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza avanzata da F.A., volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., tra i reati oggetto di due sentenze emesse dallo stesso Tribunale il 27 ottobre 2010 e il 4 febbraio 2011, irrevocabili rispettivamente il 21 ottobre 2011 e il 22 ottobre 2011, ritenendo le azioni parte di un medesimo disegno criminoso finalizzato a non corrispondere i versamenti per i lavoratori dipendenti, e ha determinato la pena complessiva in mesi quattro di reclusione ed euro seicento di multa, partendo dalla pena base di mesi tre di reclusione ed Euro cinquecento di multa, di cui alla sentenza del 27 ottobre 2010.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, F.A., che ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per totale assenza di determinazione del Tribunale in ordine alle richieste di concessione della sospensione condizionale della pena in continuazione e di commutazione della pena rideterminata in una pena pecuniaria.

Secondo il ricorrente, il Tribunale, una volta ritenuta la unicità del disegno criminoso tra i fatti oggetto delle due sentenze n. 2809 del 27 ottobre 2010 e n. 284 del 4 febbraio 2011 e applicata la disciplina della continuazione, doveva esprimersi, essendone stato richiesto, circa la possibilità di estendere il beneficio della sospensione condizionale della pena, già concesso con ordinanza n. 123/09 del 10 marzo 2010, alle sentenze oggetto di continuazione, non essendo il computo finale eccedente il limite di pena di cui all’art. 163 c.p..

Nè, pur essendo la sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria compatibile con il beneficio della sospensione condizionale, era stata analizzata la richiesta relativa alla concessione di una pena cumulativamente pecuniaria.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per essere la pena finale inflitta, a seguito del riconoscimento del reato continuato, in contrasto con il principio del favor rei.

Secondo il ricorrente, il Giudice, mettendo in continuazione la sentenza n. 2809 del 27 ottobre 2010, che prevedeva una pena finale pari a tre mesi di reclusione ed Euro cinquecento di multa, con la sentenza n. 284 del 4 febbraio 2011, che prevedeva una pena finale di Euro duemilacinquecentottanta rateizzata in dieci rate, ha aumentato la prima pena a mesi quattro di reclusione ed Euro seicento di multa, peggiorando la sua posizione giuridica in contrasto palese con l’indicato principio di cui all’art. 2 c.p., comma 3, senza specificare le ragioni del disposto mutamento.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per la fondatezza del primo motivo di ricorso in dipendenza della omessa decisione sulla richiesta di sospensione condizionale della pena, espressamente richiesta.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato in ogni sua deduzione.

2. Quanto alla censura, sviluppata con il primo motivo, che attiene alla omessa pronuncia sulla richiesta di sospensione condizionale della pena, si osserva in diritto che, in sede di applicazione della disciplina del reato continuato, il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., comma 3, "può concedere altresì la sospensione condizionale della pena … quando ciò consegue al riconoscimento … della continuazione".

2.1. Questa Corte ha più volte, condivisibilmente, affermato che l’attribuzione al giudice dell’esecuzione del potere di concedere il beneficio della sospensione condizionale non ha portata generale, ma è limitata al caso in cui questi, adito ai sensi dell’art. 671 c.p.p., abbia riconosciuto il concorso formale o la continuazione e la concessione del beneficio sia conseguenza di tale riconoscimento (Sez. 1, n. 2007 del 12/03/1997, dep. 16/05/1997, P.G. in proc. Clemente L, Rv. 208131; Sez. 6, n. 18172 del 04/11/2002, dep. 16/04/2003, Rulli, Rv. 226032; Sez. 6, n. 4316 del 03/12/2003, dep. 04/02/2004, Pirrottina, Rv. 228374; Sez. 1, n. 48512 del 18/11/2004, dep. 16/12/2004, P.G. in proc. Zerbetto, Rv. 2301719), stante l’intangibilità del giudicato ad opera del giudice dell’esecuzione al di fuori dei casi specifici e circoscritti, previsti espressamente dalla legge, tra i quali va annoverato l’art. 671 c.p.p., comma 3, che ne prevede la possibilità di concessione quando ciò consegue al riconoscimento della continuazione (Sez. 3, n. 528 del 05/02/1996, dep. 05/03/1996, Vanacore, Rv. 204700; Sez. 5, n. 3213 del 22/05/1998, dep. 13/08/1999, P.M. in proc. Impellitteri, Rv. 213980;

Sez. 1, n. 38296 del 21/09/2001, dep. 23/10/2001, Nicolao, Rv.

220736), sempre che lo stesso beneficio non sia stato esplicitamente escluso nei provvedimenti di cognizione (Sez. 1, n. 3090 del 30/04/1997, dep. 26/06/1997, Improta, Rv. 207966).

Il giudice dell’esecuzione, che riconosca l’esistenza del vincolo della continuazione tra una pluralità di condanne, tra le quali solo alcune condizionalmente sospese, qualora ridetermini la pena nei limiti per cui diviene possibile concedere la sospensione, potrà, in particolare, compiere quella valutazione richiesta dall’art. 164 c.p., comma 1, in relazione agli elementi acquisiti al momento in cui formula il giudizio prognostico (Sez. 2, n. 8599 del 20/11/1998, 22/01/1999, Lo Dame, Rv. 212470; Sez. 1, n. 11583 del 17/02/2006, dep. 31/03/2006, Albanese, Rv. 233596).

Si è anche osservato, sotto concorrente, e pure condiviso, profilo, che una volta ritenuta, da parte del giudice dell’esecuzione, l’unicità del disegno criminoso tra due fatti oggetto di due diverse sentenze e applicata agli stessi la disciplina del reato continuato, la sospensione condizionale della pena già disposta per uno dei due fatti non è automaticamente revocata in conseguenza del secondo fatto, poichè l’avvenuta unificazione è in contrasto con l’autonomia dei diversi reati considerati dall’art. 168 c.p. ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena. Il reato continuato dovrà, invece, essere considerato nel suo complesso dal giudice dell’esecuzione, il quale valuterà se il beneficio già concesso possa estendersi alla pena complessivamente determinata, ovvero debba essere revocato se siano venuti meno i presupposti di legge o se il colpevole non ne appaia meritevole (Sez. 1, n. 4220 del 19/06/1997, dep. 08/09/1997, Gallo, Rv. 208431; Sez. 1, n. 5579 del 15/01/2008, dep. 05/02/2008, P.G. in proc. Zerilli, Rv. 238882; Sez. 1, n. 24571 del 28/05/2009, dep. 15/06/2009, Villari, Rv. 243819).

Nè è revocabile in sede esecutiva la sospensione condizionale della pena disposta per la terza volta, quando la sentenza con la quale essa è concessa abbia riconosciuto il vincolo di continuazione tra il reato oggetto del suo giudizio e altro precedentemente giudicato con condanna condizionalmente sospesa, sempre che non risultino superati i limiti di pena di cui all’art. 163 c.p., poichè si deve ritenere, ai fini della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, che la detta pluralità di condanne costituisca una sola condanna, configurandosi il reato continuato, in virtù di una fictio juris, come un autonomo titolo di reato (Sez. 2, n. 1477 del 13/11/2000, dep. 10/01/2001, P.M. in proc. Panebianco, Rv. 217889; Sez. 1, n. 11583 del 17/02/2006, dep. 31/03/2006, Albanese, Rv. 233596; Sez. 1, n. 24285 del 13/05/2009, dep. 12/06/2009, Bruno, Rv. 243813; Sez. 1, n. 41545 del 10/11/2010, dep. 24/11/2010, Stissi, Rv. 248471).

2.2. Tanto premesso in diritto, si osserva che il ricorrente si duole della omessa risposta alla sua richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, già concesso con ordinanza n. 123/2009, in estensione alle sentenze oggetto della richiesta di continuazione, e unificate con l’ordinanza impugnata, per essere il computo finale non eccedente i limiti stabiliti dall’art. 163 c.p..

Con detta ordinanza del 10 marzo 2010, allegata in copia al ricorso, lo stesso Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha applicato la disciplina del reato continuato tra i reati di cui alle sentenze del 17 luglio 2006, del 26 ottobre 2006 e del 22 ottobre 2006, tutte irrevocabili, concedendo sulla pena di mesi tre di reclusione ed euro quattrocento di multa, determinata a seguito della ritenuta continuazione, il beneficio della sospensione condizionale.

Le sentenze oggetto della richiesta del ricorrente, alle quali è riferita l’ordinanza impugnata, allegate in copia al ricorso, sono state emesse rispettivamente il 27 ottobre 2010 e il 4 febbraio 2011.

Con la prima, il Tribunale di Bergamo, dichiarato l’imputato colpevole del reato continuato ascritto, ex art. 81 c.p. e L. n. 638 del 1983, art. 2, accertato il (OMISSIS), e condannato con la ritenuta recidiva alla pena di mesi tre di reclusione ed Euro cinquecento di multa, ha ritenuto i precedenti penali "ostativi all’applicazione di qualsivoglia beneficio", e con la seconda sentenza lo stesso Tribunale, dichiarato l’imputato colpevole dello stesso reato continuato, accertato il (OMISSIS), l’ha condannato, previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, alla pena di mesi due di reclusione, convertita nella corrispondente pena pecuniaria, e di euro trecento di multa.

2.3. Consegue a tali rilievi fattuali che il ricorrente, che pur premette l’esatto richiamo ai principi di diritto fissati da questa Corte, omette di rilevare che la sua richiesta è del tutto estranea alla previsione normativa dell’art. 671 c.p.p., comma 3.

I reati, tra i quali è stato riconosciuto il vincolo della continuazione con la indicata ordinanza e in relazione ai quali è stata concessa la sospensione condizionale della pena con la medesima ordinanza, e i reati, tra i quali è stato riconosciuto il vincolo della continuazione con l’ordinanza impugnata in questa sede e in relazione ai quali la pena non è stata sospesa condizionalmente in sede di cognizione, non sono stati, infatti, indicati, nè nella istanza originaria nè con il ricorso, come oggetto di richiesta di unificazione della pena in sede esecutiva perchè commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

2.4. In mancanza del presupposto del riconoscimento, non richiesto, della continuazione in sede esecutiva tra reati, oggetti di distinte ordinanze di unificazione ex art. 671 c.p.p., è, pertanto, manifestamente infondata e per l’effetto inammissibile, ogni questione circa la dedotta estensione della sospensione condizionale della pena dal primo al secondo gruppo di sentenze, a prescindere dalla non eccedenza del computo finale dai limiti di pena stabiliti dall’art. 163 c.p..

Tale inammissibilità della deduzione, che limita l’obbligo del giudice di fornire una risposta alle questioni proposte, esclude ogni fondatezza alla denuncia di difetto di motivazione sul punto dell’ordinanza impugnata.

3. Analoghi rilievi devono essere svolti con riguardo alla ulteriore censura svolta dal ricorrente, con lo stesso primo motivo, in ordine alla omessa pronuncia del Giudice dell’esecuzione sulla richiesta di sostituzione della pena detentiva, complessivamente determinata, con la pena pecuniaria corrispondente.

Si tratta, infatti, di una censura riferita a richiesta priva di alcuna fondatezza, poichè non rientra nei poteri del Giudice dell’esecuzione alcuna valutazione circa la sostituzione della pena detentiva e la scelta della pena sostitutiva, individuando al L. n. 689 del 1981, artt. 53 e 57 nel giudice che pronuncia la sentenza di condanna l’organo deputato, sulla base di discrezionale valutazione, alla eventuale sostituzione della pena detentiva e, di conseguenza, alla determinazione della durata della pena sostitutiva, che, per quanto automaticamente derivante dai criteri di conversione previsti dalla legge, entra a far parte, nel singolo processo, del dispositivo ivi assunto, restando soggetta, se errata, soltanto alla possibilità di impugnazione ovvero, se effetto di errore materiale, di correzione da parte dello stesso giudice (Sez. 1, n. 6521 del 12/12/1995, dep. 19/01/1996, Mandanti, Rv. 203358).

4. Manifestamente infondato è il secondo motivo del ricorso, che attiene alla dedotta illegittimità delle modalità di determinazione della pena adottate con l’ordinanza impugnata per il disposto aumento di un mese della pena detentiva, fissata in tre mesi con la sentenza n. 2809 del 2010, nonostante che la sentenza n. 284/11, messa in continuazione, abbia previsto una pena finale di euro duemilacinquecentottanta, rateizzata in dieci rate.

4.1. La censura è, infatti, in contrasto con il principio di diritto, alla cui stregua il giudice dell’esecuzione, in sede di applicazione della continuazione, è vincolato al giudicato, nella sequenza delle operazioni per la determinazione del trattamento sanzionatorio, solo per la individuazione del reato più grave e la misura di pena per esso stabilita, potendo egli procedere, nell’ambito della valutazione dei fatti unificati nella continuazione, alla rideterminazione della pena per i reati- satellite, ancorchè nei limiti di cui all’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p., nonchè previo ragguaglio tra le pene di genere diverso ai sensi dell’art. 135 c.p. (Sez. 1, n. 4862 del 06/07/2000, dep. 09/08/2000, Basile, Rv. 216752; Sez. 1, n. 32277 del 25/02/2003, dep. 31/07/2003, Mazza, Rv. 225742; Sez. 1, n. 46905 del 10/11/2009, dep. 09/12/2009, Castorina, Rv. 245684), anche in misura superiore alla pena originariamente inflitta per ogni reato, sempre che non sia superata la somma delle pene inflitte con ciascuna sentenza o decreto (Sez. 1, n. 31429 del 08/06/2006, dep. 21/09/2006, Serio, Rv. 234887;

Sez. 1, n. 48833 del 09/12/2009, dep. 21/12/2009, Galfano, Rv 245889;

Sez. 1, n. 5832 del 17/01/2011, dep. 16/02/2011, P.G. in proc. Razzaq, Rv. 249397), senza essere vincolato dal divieto della reformatio in peius, di cui all’art. 597 c.p.p., comma 3, (Sez. 1, n. 12704 del 06/03/2008, dep. 25/03/2008, D’Angelo, Rv. 239376), e alla luce dei criteri stabiliti dall’art. 133 c.p. (Sez. 5, n. 11587 del 10/02/2006, dep. 03/04/2006, Vudafieri Rv 233897).

4.2. Di tale condiviso principio si è fatta esatta interpretazione e applicazione, poichè il Giudice dell’esecuzione, dopo avere individuato la violazione più grave e la pena per esso inflitta in conformità a quanto irrevocabilmente statuito in sede di cognizione con la sentenza del 27 ottobre 2010, ha determinato l’aumento per la condotta valutata con la sentenza del 4 febbraio 2011, in misura non eccedente quella inflitta con la stessa sentenza, e quindi nel rispetto del limite di cui ai richiamati art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p., alla luce della pericolosità sociale del ricorrente, attestata dalla sua personalità e dalla gravità dei fatti in contestazione.

5. Alla luce delle svolte considerazioni, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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