Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 01-08-2012, n. 13801

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Svolgimento del processo
La controversia concerne un’azione di risarcimento danno, proposta innanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Venezia, nei confronti del C. di D. R. B. (ora C. di B. A. P. V.) da parte di alcuni proprietari di terreni, che avevano subito allagamenti per esondazione del canale (OMISSIS).
I predetti eventi, benchè verificatisi in corrispondenza con le avversità atmosferiche registrate nel territorio nei giorni del 31 maggio 1995 e seguenti, erano da attribuirsi a responsabilità del citato Consorzio in ragione delle opere di panconatura eseguite immediatamente a valle del ponte denominato (OMISSIS) e destinate a garantire nel periodo irriguo un certo livello d’acqua per l’irrigazione dei terreni ricadenti nel comprensorio consortile.
Il Consorzio resisteva in giudizio, attribuendo gli eventi all’esclusivo effetto causale degli eccezionali fatti meteorici verificatisi e, comunque, chiamava in garanzia la Compagnia di assicurazione N. T. (ora G. A. S.p.A.) per essere tenuto indenne nell’ipotesi di ritenuta responsabilità.
Il TRAP adito rigettava l’azione di danno, ritenendo esclusa la responsabilità del Consorzio dalla accertata eccezionalità degli eventi meteorici. L’appello dei proprietari dei terreni danneggiati era accolto dal TSAP, prima con una sentenza non definitiva, che pronunciava sull’an, e poi con una sentenza definitiva che pronunciava (anche) sul quantum. La domanda di manleva nei confronti della compagnia di assicurazioni, riproposta in sede di appello dal Consorzio ai sensi dell’art. 346 c.p.c., era dichiarata inammissibile.
Avverso entrambi le ricordate sentenze (la non definitiva, n. 118/2006, e la definitiva, n. 63/2011), il Consorzio propone ricorso innanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con quattro motivi.
Resiste con controricorso la G. A. S.p.A. con riferimento esclusivamente al terzo motivo di ricorso. La Regione Veneto non ha notificato controricorso, ma ha depositato solo un atto di costituzione al fine di partecipare all’udienza di discussione.
Non si sono costituiti tutti gli altri intimati. La parte ricorrente e la parte controricorrente hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Il ricorso proposto dal Consorzio investe, con un solo atto, sia la sentenza non definitiva sull’an, sia la sentenza definitiva sul quantum. Ciò richiede la soluzione di una questione preliminare, emergente dall’eccezione sollevata da parte controricorrente, in ordine alla supposta tardività della riserva di impugnazione unitaria della sentenza non definitiva con la sentenza definitiva.
1.1. La questione relativa alla supposta tardività della riserva d’impugnazione non ha ragione d’essere alla luce del costante orientamento espresso da queste Sezioni Unite, secondo cui: La sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche che decida una questione di merito senza definire il giudizio è impugnabile soltanto con la sentenza definitiva a norma dell’art. 202 del t.u.
sulle acque, che opera un rinvio recettizio al codice di procedura civile del 1865, sicchè l’espressione "decisione interlocutoria" contenuta in quest’ultimo deve interpretarsi come corrispondente alla nozione di sentenza che, pur decidendo il merito, non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa, secondo le previsioni dell’art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4; pertanto, il soccombente non ha l’onere di formulare riserva di ricorso per cassazione avverso la sentenza che decide sull’an del risarcimento del danno, che sarà impugnabile insieme a quella sul quantum (Cass. S.U. 5 aprile 2007, n. 8520; v. nello stesso senso, Cass. S.U. 10 settembre 2009, n. 19448 e 9 ottobre 2009, n. 21466).
2. Con il primo motivo d’impugnazione, che concerne la decisione sull’an, il Consorzio ricorrente lamenta la violazione dell’art. 132 c.p.c., evidenziando che la sentenza impugnata, poggiando la propria motivazione interamente sulla CTU e con riferimento alla stessa decidendo, incorpora gli essenziali difetti della consulenza.
Quest’ultima, pur affermando di aver utilizzato il medesimo criterio di calcolo (c.d. HEC-2) utilizzato dalla diversa consulenza utilizzata dal giudice di prime (ma in effetti estranea al giudizio, in quanto formatasi in altra controversia, sia pur analoga), non fornisce, poi, ad avviso del ricorrente, gli elementi per la verifica de risultato del calcolo, che diviene, quindi, assolutamente arbitrario: la CTU, infatti, evidenzia il ricorrente, non da indicazione dei dati – quand’anche approssimativi – effettivamente inseriti, nè esibisce alcuna evidenza riproducibile dell’applicazione da lui fatta del modello, nè restituisce alcun tabulato di calcolo (foss’anche svolto a mano anzichè a computer) che consenta alle parti del processo di riscontrare in concreto se sussistono le condizioni di verità dell’asserto posto in tesi.
2.1. Il motivo, così come formulato è inammissibile, non essendo coerente con il principio sotteso alla regola espressa dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.
2.2. Non è, infatti, riportato il contenuto della CTU nella parte in cui emergerebbe il vizio denunciato: sicchè, da un lato, le critiche del ricorrente si risolvono in affermazioni indimostrate e, dall’altro, al collegio è impedita la verifica della fondatezza delle critiche stesse senza far ricorso ad altri atti che non siano il ricorso proposto.
2.3. Proprio con riferimento alla CTU, questa Corte ha avuto modo di affermare che: In tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che addebita alla consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa (o nella sentenza che l’ha recepita) ha l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente d’ufficio. Le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza devono pertanto possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte di legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso (Cass. 13 giugno 2007, n. 13845).
3. Con il secondo motivo di ricorso, anch’esso riferito alla sentenza non definitiva, il ricorrente lamenta che l’impugnata decisione, pur confermando la natura eccezionale degli eventi meteorici verificatisi, che tutti i consulenti finiscono nella sostanza per riconoscere, abbia, tuttavia, ritenuto necessaria un’ulteriore prova dell’inefficienza causale del comportamento del Consorzio, prova, che, rispettando le regole di cui agli artt. 2697 e 2051 c.c., avrebbe dovuto far carico alla parte attrice nell’azione di danno.
3.1. Il motivo non è fondato. La sentenza impugnata recepisce i risultati della CTU dalla quale emerge sia l’eccezionalità dell’evento meteorico, ma anche l’insufficienza causale di tale evento nel danno subito dalle parti attrici: il Consorzio non rivendica (e nemmeno deduce nel ricorso) di aver assolto il proprio onere probatorio, la cui osservanza richiede che il "custode" dimostri di aver provveduto alla manutenzione del sistema di smaltimento delle acque nella maniera più scrupolosa e che, nonostante ciò, l’evento dannoso si sia ugualmente determinato.
4. Con il terzo motivo di ricorso, anch’esso relativo alla sentenza sull’an, il Consorzio censura la ritenuta inammissibilità della domanda di manleva, in quanto riproposta in appello nelle forme di cui all’art. 346 c.p.c. e non in quelle dell’appello incidentale condizionato.
4.1. Il motivo non è fondato. L’orientamento di questa Corte è ben saldo nel ritenere che "qualora l’appellato miri all’accoglimento della propria domanda nei confronti del chiamato in garanzia, per l’ipotesi in cui non venga accolta la domanda principale proposta nei suoi confronti dall’attore rimasto soccombente in primo grado, non è sufficiente la riproposizione, ex art. 346 cod. proc. civ., della domanda non esaminata o respinta dal primo giudice, ma deve essere proposto appello incidentale condizionato, poichè la richiesta dell’appellato non mira alla conferma della sentenza per ragioni diverse da quelle poste a fondamento della decisione, ma tende alla riforma della pronuncia concernente un rapporto diverso, non dedotto in giudizio con l’appello principale" (Cass. 10 marzo 2006, n. 5249;
v. anche successivamente Cass. 22 aprile 2010, n. 9535, e prima già Cass. 4 febbraio 2004, n. 2061; 15 marzo 1995, n. 2992; 1 giugno 1989, n. 2671; 31 luglio 1987, n. 6633). L’ampiezza di un quadro risalente di decisioni conformi esclude (pur in presenza di isolate pronunce difformi: Cass. 26 novembre 1988, n. 6375; 5 luglio 2000, n. 8973) qualsiasi ipotesi di un revirement della Corte che possa giustificare l’applicazione dei principi sull’overruling. 5. Con il quarto motivo di ricorso, il Consorzio censura la sentenza impugnata, sotto il profilo della violazione di legge, per aver attribuito a ciascuno degli appellati una somma complessiva che comprende rivalutazione monetaria e interessi legali sulle somme via via rivalutate fino alla data della CTU, sulla quale poi applicare la rivalutazione e gli interessi legali sulle somme via via rivalutate, per definire il quantum liquidato, sul quale spettano gli interessi legali dalla sentenza al saldo.
5.1. Il motivo non è fondato. Nel caso di specie la sentenza impugnata non ha calcolato gli interessi dalla data dell’illecito sulla somma rivalutata, bensì ha assunto a base di calcolo la somma determinata dalla CTU come risarcimento del danno spettante ai danneggiati, riconoscendo gli interessi sulle somme progressivamente rivalutate (non dalla data dell’illecito, ma dalla data della CTU).
La concreta determinazione del danno da parte del CTU non è oggetto di censura nel ricorso.
6. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese nei confronti della G. A. S.p.A., che liquida in complessivi Euro 13.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2012
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