Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 31-01-2013) 22-08-2013, n. 35385

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

T.P. ed B.E. hanno proposto ricorso per cassazione avverso il decreto in data 8.5.2012 con il quale il GIP del Tribunale di Tivoli ha dichiarato inammissibile l’opposizione e disposto l’archiviazione degli atti del procedimento n. 6484/10 RGGIP nei confronti di ignoti, in accoglimento dell’istanza di archiviazione del PM in data 20.5.08.

I predetti, con querela in data 7.7.07, avevano denunciato l’effrazione della recinzione da essi apposta al terreno di loro proprietà e, pur essendo stata la denuncia presentata contro ignoti, avevano indicato nei signori M. e L. i proprietari dei fondi interclusi al passaggio delle autovetture dalla recinzione, autori di una richiesta scritta con la quale li avevano diffidati a rimuovere la recinzione, che poi avevano trovato divelta.

A seguito di richiesta di archiviazione del PM, con atto di opposizione alla predetta richiesta, i ricorrenti avevano richiesto, quale atto di indagini suppletiva, la loro stessa audizione quali parti offese sull’identificazione dei predetti quali autori dei reati denunciati.

Tale richiesta era stata ritenuta dal GIP non qualificabile come elemento di prova o oggetto di investigazione suppletiva per mancanza di pertinenza e specificità propri del tema integrativo di indagine, non potendo tali caratteri ravvisarsi nella generica istanza di sentire le persone offese sull’identificazione dei reati ipotizzati;

tanto più, rilevava il GIP, che, allorchè avevano presentato due distinte denunce, corredate di documenti, avevano serbato il più completo silenzio su qualsiasi elemento a loro conoscenza che potesse orientare l’attività di identificazione dei responsabili; ragione per la quale non era dato comprendere come solo in sede di opposizione alla richiesta di archiviazione avevano fatto i nomi dei possibili responsabili dei fatti denunciati.

Con unico motivo, i ricorrenti denunciano che il GIP, nel dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione disponendo l’archiviazione, ha anticipato valutazioni di merito in relazione alla fondatezza delle indagini suppletive, nel momento in cui ha affermato che, poichè le parti offese nulla avevano riferito in denuncia sulla identificazione degli autori, non fossero in buona fede nel richiedere di essere sentite su questo specifico punto. Sostiene la difesa dei ricorrenti che, secondo consolidato orientamento della SC, il giudice deve limitare il giudizio di ammissibilità dell’opposizione ai soli profili di pertinenza e di specificità degli atti di indagine richiesti, senza valutarne la capacità probatoria non potendo anticipare valutazioni di merito in ordine alla fondatezza o all’esito delle indagine suppletive indicate. Alla stregua di tali principi, la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione alla richiesta di archiviazione di cui al decreto del GIP è illegittima poichè il giudizio di quest’ultimo non si limita ad una valutazione sulla specificità, concretezza ed attinenza dei mezzi di prova richiesti ma si concreta in una giudizio prognostico sul risultato dell’investigazione, affermando che le persone offese non sono in buona fede per aver richiesto, dopo aver presentato una denuncia contro ignoti, di essere sentite sulla identificazione degli autori dei delitti.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Secondo consolidato orientamento di questa Suprema Corte "in tema di opposizione della persona offesa al decreto di archiviazione, il giudice deve limitare il giudizio di ammissibilità dell’opposizione ai soli profili di pertinenza e di specificità degli atti di indagine richiesti, senza valutarne la capacità probatoria, non potendo anticipare valutazioni di merito in ordine alla fondatezza o all’esito delle indagini suppletive indicate, in quanto l’opposizione è preordinata esclusivamente a sostituire il provvedimento de plano con il rito camerale (cass. pen. sez. 6, 10.7.012 n. 35787, sez 2, 3.2.2012 n. 8129, 7.12.2010 n. 1304).

Nel valutare l’ammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione presentata dal PM. Il giudice è tenuto a verificare se l’opponente abbia adempiuto all’onere, impostogli dall’art. 410 c.p.p., comma 1, di indicare l’oggetto dell’indagine suppletiva e i relativi elementi di prova, con esclusione di ogni valutazione prognostica del merito; e, qualora ritenga non sussistenti le condizioni legittimanti l’instaurazione del contraddittorio, a motivare compiutamente circa le ragioni della ritenuta inammissibilità, indipendentemente dall’apprezzamento o meno della fondatezza della notizia di reato, costituendo la delibazione di inammissibilità momento preliminare del procedimento di archiviazione.

Di conseguenza l’inammissibilità dell’opposizione della persona offesa dal reato alla richiesta di archiviazione può derivare esclusivamente dalla mancanza delle condizioni tassativamente previste dall’art. 410 c.p.p., comma 1 le quali, in quanto costituenti un limite al diritto dell’interessato alla attivazione del contraddittorio, non sono suscettibili di discrezionali estensioni, nè possono consistere in valutazioni anticipate di merito, ovvero in prognosi di fondatezza da parte del giudice, ne consegue che eventuali ragioni di infondatezza dei temi indicati nell’atto di opposizione non possono costituire motivo di inammissibilità, neppure ove attengano ad una valutazione prognostica dell’esito dell’investigazione suppletiva e delle relative fonti di prova indicate dalla parte offesa. (Cass SU. 14.2.96 n. 2, rv 204133).

Fatta questa premessa, va rilevato che la valutazione di inammissibilità dell’opposizione compiuta dal GIP non si discosta dai requisiti di pertinenza e specificità ai quali deve essere ancorata. Correttamente il Gip ha posto in rilievo come la deposizione delle parti offese indicata come indagine suppletiva, non presenta i caratteri di pertinenza, concretezza e specificità richiesti; difatti non possono ravvisarsi tali elementi nella generica istanza di esame da parte del PM delle persone offese denuncianti sull’identificazione degli autori dei reati ipotizzati quando nelle denunce presentate essi non avevano fornito alcun elemento diretto ad orientare l’indagine volta a tale identificazione. L’esame delle parti offese non è qualificabile come mezzo di prova suscettibile di essere oggetto di investigazioni suppletive, non essendo stato prospettato nessun altro elemento ulteriore rispetto a quelli già acquisiti agli atti per individuare nelle persone già indicate nella denuncia-querela i possibili autori dei fatti denunciati.

Peraltro i ricorrenti potevano nell’opposizione fornire direttamente gli elementi per individuare quelle persone senza chiedere di essere sentiti sul punto.

Il ricorso va pertanto respinto Segue per legge, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Udienza camerale, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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