Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 31-01-2013) 24-07-2013, n. 32049

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che la Corte di appello di Bari con sentenza 11 gennaio 2012 ha confermato la decisione emessa dal G.U.P. del Tribunale di Bari il 5 marzo 2002 all’esito di giudizio abbreviato, con la quale B. N. è stato condannato, riconosciuta l’attenuante del fatto di lieve entità e concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva, alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 4.000 di multa, per il delitto di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè in concorso con C.G. deteneva a fini di spaccio, grammi 11,3245 (82 dosi al consumo) di eroina divisa in bustine, occultata presso l’abitazione, unitamente a bilancino di precisione e nastro gommato idoneo al confezionamento, fatto accertato in (OMISSIS);

che l’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso, chiedendone l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi: 1) Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 atteso che la condotta integra un mero illecito amministrativo trattandosi di quantitativo di droga destinato ad uso personale (atteso lo stato di tossicodipendenza del ricorrente si trattava di fabbisogno poco più che settimanale) e manifesta illogicità della motivazione sul punto, non avendo i giudici tenuto conto che il bilancino era un soprammobile acquistato da venditori ambulanti e che il valore della droga non superava 500 Euro per cui ben poteva essere nel possesso dell’imputato atteso che lo stesso prestava lavoro seppure saltuariamente; Inosservanza ed erronea applicazione della legge pena e per contrasto ai parametri previsti dagli artt. 132 e 133 c.p. e manifesta contraddittorietà ed illogicità sul punto, posto che la pena base si colloca al massimo della soglia edittale prevista dalla legge, senza che i giudici di appello abbiano fornito alcuna motivazione di tale scelta;

Considerato che i motivi di ricorso risultano manifestamente infondati; che il primo motivo di ricorso che assume un vizio di legittimità è in realtà volto a sollecitare un riesame di merito precluso in questa sede, anche perchè la motivazione della sentenza impugnata – congrua ed immune da smagliature logiche – relativa agli elementi di responsabilità della detenzione a fini di spaccio dell’eroina risulta fondata su plurime emergenze (il bilancino ed il materiale necessario al confezionamento, la somma di denaro consistente, della quale l’imputato non aveva giustificato ragionevolmente il possesso), nonchè la sostanza stupefacente considerata non tanto con riferimento al dato quantitativo in quanto tale, ma al valore di principio attivo, in quanto era possibile confezionare con la stessa ben 82 dosi di droga; pertanto il ricorso non ha individua nessun altro elemento acquisiti al processo che consenta di ritenere erronea e frutto di illogica deduzione, l’affermazione di responsabilità penale per il reato ascritto;

che quanto al secondo motivo di ricorso, lo stesso risulta del tutto infondato in quanto riproduce analoga censura già avanzata in appello e dai giudici motivatamente respinta, atteso che, di contro, gli stessi hanno rilevato una troppa benevola concessione della circostanza attenuante del fatto di lieve entità e della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva da parte del giudice di primo grado, non emendabile per il divieto di reformatio in peius, ritenendo che il giudice di primo grado avesse correttamente applicato i parametri dell’art. 133 c.p. per determinare la pena base in maniera da adeguare la sanzione penale al fatto commesso;

che il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p. e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2013

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