Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 01-08-2012, n. 13787

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe, all’esito di nuova CTU e in dichiarata adesione alle relative conclusioni, la Corte d’appello di Bologna ha ritenuto fondata la domanda di C.V. intesa ad ottenere, nei confronti dell’INPS, l’affermazione del proprio diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, prevista dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, osservando, in particolare, che sulla statuizione di primo grado, relativa alla ultradecennalità della esposizione, si era formato il giudicato, in difetto della sua impugnazione da parte dell’INPS, e che ricorreva anche il requisito, contestato in appello dall’Istituto previdenziale, del superamento dei valori limite indicati nel D.Lgs. n. 277 del 1991 (c.d. esposizione "qualificata").

Per la cassazione di questa sentenza l’INPS ha proposto ricorso affidato a due motivi, ai quali l’assicurato ha resistito con controricorso.

Le parti hanno anche depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

MOTIVAZIONE SEMPLIFICATA.

Motivi della decisione

1. Nel primo motivo l’INPS censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione della statuizione con cui è stato accertato il diritto del C. al richiesto beneficio previdenziale negli stessi termini di cui alla sentenza di primo grado – ossia dal 3 giugno 1974 sino al 7 febbraio 1996 – nonostante la CTU effettuata in appello e condivisa dalla Corte di merito avesse ritenuto superata la "soglia" legale di esposizione solamente sino al dicembre 1993.

2. Nel secondo motivo, con deduzione di violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 329 c.p.c. e art. 2909 c.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), è censurata l’affermazione di avvenuta formazione del giudicato sulla durata della esposizione all’amianto, sottolineandosi come, con la contestazione in appello del parere del CTU di primo grado, perchè redatto senza tener conto dei parametri quantitativi di cui al D.Lgs. n. 277 del 1991, si fosse implicitamente contestata anche la durata della esposizione riconosciuta dal primo giudice.

3. Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità e improcedibilità del ricorso, formulate dall’odierno resistente ai sensi, rispettivamente, degli artt. 366 e 366 bis c.p.c. nonchè dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. La eccezione di inammissibilità si fonda sul rilievo che non sarebbero indicati in ricorso i motivi, i documenti e il fatto controverso oggetto del denunciato vizio di motivazione. La improcedibilità deriverebbe dall’omesso deposito – unitamente al ricorso – delle consulenze tecniche di ufficio espletate nei gradi di merito.

4. Entrambe le eccezioni sono prive di fondamento.

5. Quanto alla prima, è sufficiente rilevare che i motivi di cassazione sono puntualmente indicati e, del pari, chiaramente indicato (pag. 7 del ricorso) è il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume insufficiente e contraddittoria.

6. Quanto alla seconda, le Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 22726 del 2011), dando continuità all’orientamento già espresso sulla questione dalla Sezione lavoro, hanno affermato il principio secondo cui l’onere del ricorrente per cassazione di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, "gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda" è soddisfatto, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio (dunque, anche quanto alla consulenza tecnica disposta dal giudice, che deve esservi inserita dal cancelliere a mente dell’art. 168 c.p.c., comma 2, e dell’art. 347 c.p.c., comma 3), mediante il deposito, insieme al ricorso, della richiesta di trasmissione del detto fascicolo presentata nella cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3; richiesta che, nella specie, risulta presentata dall’INPS e debitamente depositata unitamente al ricorso.

7. Tanto precisato ed esaminando per primo , per evidenti ragioni di priorità logico -giuridica, il secondo motivo di ricorso, deve ritenersi giuridicamente corretta l’osservazione dell’Istituto ricorrente, secondo cui la fattispecie costitutiva del diritto al beneficio previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, non si esaurisce nella durata ultradecennale del periodo di lavoro svolto con esposizione all’amianto ma richiede, quale ulteriore requisito, l’esposizione del lavoratore a una quantità di fibre di amianto superiore ai valori limite segnati dalla normativa prevenzionale del D.Lgs. n. 277 del 1991; ne consegue che non è suscettibile di formazione del giudicato sulla sussistenza del diritto in questione la statuizione giudiziale che – come, nella fattispecie, la sentenza di primo grado – si sia limitata a verificare la ricorrenza, in concreto, del primo soltanto dei suddetti requisiti e che sia stata impugnata sotto il profilo del mancato accertamento del secondo (vedi, in fattispecie analoghe, Cass. n. 4363 del 2009, n. 18274 del 2010, n. 15286 del 2011).

8. Parimenti fondato è il primo motivo del ricorso dell’INPS. 9. In effetti, nella sentenza impugnata, la Corte territoriale dichiara di condividere e far proprie le conclusioni della consulenza tecnica di ufficio effettuata in appello – conclusioni che evidenziavano l’avvenuta cessazione della esposizione "qualificata" nell’ultimo periodo di lavoro del C. (1994-1998), per essere, in tale periodo, i valori di riferimento di cui al D.Lgs. n. 277 del 1991 compresi tra le 0,02 e 0,05 ff/cc – salvo poi concludere, senza affermare di volersi discostare dal parere del proprio ausiliare, per il rigetto dell’appello dell’INPS e, quindi, per la conferma della sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto al richiesto beneficio previdenziale sino al 7.2.1996.

10. Il ricorso dell’INPS va, quindi, accolto conseguendone la cassazione della sentenza impugnata, mentre la causa, non necessitando ulteriori accertamenti in fatto (posto che tutte le circostanze evidenziate dall’Istituto previdenziale trovano obiettivo riscontro negli atti processuali) è decisa direttamente da questa Corte nel merito, con la declaratoria del diritto del C. alla rivalutazione contributiva da esposizione ad amianto limitatamente al periodo dal 3 giugno 1974 sino al 31 dicembre 1993.

Si compensano tra le parti le spese dell’intero processo (art. 92 c.p.c.) in ragione del suo esito complessivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara il diritto di C.V. alla rivalutazione contributiva da esposizione all’amianto limitatamente al periodo dal 3 giugno 1974 al 31 dicembre 1993. Compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2012
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