Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-08-2012, n. 13921

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Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Caltanissetta, sulle contrapposte opposizioni alla stima dell’espropriante Consorzio per l’area di sviluppo industriale della provincia di Enna (d’ora in poi Consorzio ASI) e dell’espropriato sig. T.L., ha determinato in Euro 193.429,04 l’indennità di espropriazione e negli interessi legali su detta somma l’indennità di occupazione legittima, in relazione all’esproprio di un suolo nel territorio del Comune di Enna per la realizzazione di insediamenti industriali, artigianali, terziario produttivo e dei servizi disposto con decreto 11 settembre 2002 dell’Assessorato all’Industria della Regione Siciliana, previa dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere con decreto 5 aprile 2000 del medesimo Assessorato e precedente individuazione e sottoposizione a vincolo di destinazione con decreto 3 luglio 1997, n. 317 dell’Assessorato regionale al Territorio e Ambiente.

La Corte ha applicato il criterio di cui al D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, conv. con modif. in L. 8 agosto 1992, n. 359 avendo ritenuto il carattere edificatorio dell’area in quanto destinata appunto ad insediamenti industriali secondo il piano regolatore generale adottato dal Comune di Enna sin dal 23 aprile 1979.

Il Consorzio ASI ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi di censura. L’intimato si è difeso con controricorso e memoria.

Motivi della decisione

1. – Vanno anzitutto esaminate le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso, formulate dal controricorrente sui rilievi:

– a) della inesistenza della procura ad litem a margine, conferita per l’impugnazione della sentenza n. 227/05, diversa da quella avverso la quale è proposto il ricorso; della diversità del soggetto – " T.G." – contro cui è proposto il ricorso rispetto al soggetto – " T.L." – cui è stato notificato;

del riferimento del ricorso alla sentenza n. 228/2005, emessa nei confronti di un soggetto diverso dal controricorrente;

b) della inapplicabilità dell’art. 366 bis c.p.c. – a norma del quale i motivi di ricorso recano la finale formulazione di un quesito di diritto – in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata prima dell’entrata in vigore di esso.

1.1. – Le eccezioni non hanno pregio.

Basti osservare, quanto ai rilievi sub a), che, al dilà degli evidenti refusi, il soggetto intimato è identificato con certezza nel sig. T.L., cui il ricorso è stato notificato e cui si riferisce – a dispetto della contraria asserzione del controricorrente – la sentenza n. 228 del 2005 della Corte d’Appello di Messina indicata nell’atto e unitamente ad esso prodotta in copia autentica dal ricorrente; quanto al ricevo sub b), che la formulazione del quesito di diritto, per quanto non dovuta, certamente non inficia il motivo cui accede.

2. – I primi tre motivi di ricorso sono connessi. E’ dunque opportuno esaminarli congiuntamente.

2.1. – Con il primo motivo, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che in tema di espropri per insediamenti industriali nel territorio siciliano si applica esclusivamente la L.R. Sicilia 4 gennaio 1984, n. 1.

2.2. – Con il secondo motivo, sempre denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che, in base alla predetta legge regionale, sui piani regolatori comunali prevalgono i piani delle aree di sviluppo industriale, come il piano territoriale del Consorzio ASI di Enna approvato con il già menzionato decreto assessoriale 3 luglio 1997, n. 317, il quale all’art. 3 richiama modalità e termini di cui all’art. 21 L.R. cit., che a sua volta richiama le procedure di cui al D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 53 (testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno), il quale al sesto comma prevede che la determinazione dell’indennità di esproprio avvenga secondo i criteri di cui alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 16 e 17, ossia in base al valore agricolo medio tabellare corrispondente al tipo di coltura in atto nell’area da espropriare.

2.3. – Con il terzo motivo, denunciando violazione di norme di diritto e vizio di motivazione, si contesta che al suolo espropriato potesse essere attribuito carattere edificatorio, considerato che per la legislazione siciliana soltanto i consorzi ASI possono procedere alla edificazione nelle aree di sviluppo industriale e dunque è esclusa ogni forma di edificazione a iniziativa dei privati.

2.4. – Tali motivi non possono essere accolti. Questa Corte, infatti, ha già avuto occasione di chiarire, con riguardo al meccanismo di determinazione dell’indennità di esproprio previsto dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53, richiamato dalla L.R. Sicilia n. 1 del 1984, art. 21, che la dichiarazione di incostituzionalità dei criteri di stima al valore agricolo tabellare (corte cost. n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983), già anteriormente alla legge regionale, relativamente alle aree edificabili, rende applicabili per queste ultime il D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, cit., che, costituendo norma di riforma economico-sociale, si pone come limite all’esercizio della stessa potestà legislativa esclusiva regionale, restando applicabile la legge regionale al solo procedimento espropriativo (Cass. 11742/2006, 5565/2009); e tale principio vale anche dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale del predetto art. 5 bis (Corte cost. n. 348 del 2007), che non si è estesa alla bipartizione tra aree agricole ed edificabili (Cass. 2108/2011).

Con riguardo, poi, ai rapporti fra piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale e piani regolatori generali, è stato chiarito che i primi implicano vincoli di carattere conformativo che non discendono direttamente da essi, bensì dalla concreta attuazione data al piano dal comune, mediante adozione delle consequenziali modifiche del piano regolatore generale, le quali soltanto sono idonee a fornire la qualificazione urbanistica della zona, costituente il parametro della determinazione dell’indennità di espropriazione (cfr. Cass. 4200/2001, 7616/2009, 5861/2011).

Infine, come già osservato da questa Corte in una precedente pronuncia riguardante proprio il Consorzio ASI di Enna (sent.

7616/2009, cit.), non è sufficiente ad escludere l’edificabilità legale la sola previsione dell’iniziativa pubblica per l’attuazione del piano di zona mediante costruzione di edifici industriali, posto che l’esercizio dell’industria non è riservato in via di principio alla mano pubblica; del resto anche i piani di edilizia economica e popolare sono piani di edilizia residenziale ad iniziativa pubblica, senza che ciò sia di ostacolo al riconoscimento dell’edificabilità legale delle aree che vi sono incluse.

3. – Con il quarto motivo, denunciando violazione di norme di diritto, si lamenta l’omissione della decurtazione del 40%, sull’importo dell’indennità calcolata dalla Corte d’appello, ai sensi del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, cit.

3.1. – Il motivo è infondato perchè il criterio di determinazione dell’indennità di esproprio previsto dal richiamato art. 5 bis, nell’ambito del quale è inserita la falcidia invocata dal ricorrente, è stato dichiarato incostituzionale con la sentenza n. 348 del 2007, cui sopra già si è fatto cenno, con conseguente ripristino del criterio del valore venale pieno; criterio al quale qui non può darsi applicazione in difetto di censura dell’espropriante, ma la cui vigenza impedisce comunque l’ulteriore scostamento dal medesimo invocato dal ricorrente.

4. – Con il quinto motivo, denunciando violazione di norme di diritto, il ricorrente censura la condanna alle spese subita in primo grado, osservando che l’incertezza normativa e giurisprudenziale avrebbero giustificato una pronuncia di compensazione.

4.1. – Il motivo è inammissibile, essendo la scelta di dichiarare o meno compensate fra le parti le spese processuali riservata alla discrezionalità del giudice di merito, tenuto peraltro a specifica motivazione solo nel caso in cui disponga la compensazione, non anche allorchè si attenga alla regola dell’addebito delle spese alla parte soccombente.

5. – In conclusione il ricorso va respinto. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2012

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