Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 31-01-2013) 06-06-2013, n. 24807

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che con sentenza del 13 marzo 2012 il G.I.P. presso il Tribunale di Forlì ha applicato, su richiesta delle parti, a B.E., la pena di anni quattro di reclusione ed Euro 14.000 di multa, per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis in relazione al trasporto e detenzione illegale a fini di spaccio di un’ingente quantità di marijuana (Kg 96,027), suddivisa in novanta imballi occultato nell’autovettura dallo stesso condotta, fatto accertato in (OMISSIS);

che l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso avverso la sentenza chiedendone l’annullamento, lamentando inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ed illogicità della motivazione, in relazione alla mancata applicazione dell’attenuante di cui al comma 5, per il fatto lieve e per l’erroneità della condanna al pagamento delle spese processuali;

Considerato che i motivi di ricorso risultano manifestamente infondati, in quanto è principio pacifico in giurisprudenza che nell’ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla parte secondo lo schema procedimentale previsto dall’art. 444 c.p.p., l’esigenza di specificità delle censure deve ritenersi più pregnante rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la censura sul provvedimento che abbia accolto la richiesta dell’impugnante deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto richiesto dalla stessa parte (Sez. Unite, n. 11493 del 24/6/1998, Rv. 211468); che il giudice del patteggiamento, nei limiti di una motivazione semplificata della sentenza, può indicare le ragioni dell’accoglimento dell’accordo e dare conto dell’accertamento sull’assenza di cause di non punibilità, dell’esatta qualificazione del fatto, della correttezza della valutazione delle circostanze e dell’adeguatezza della pena, anche sinteticamente;

che la sentenza impugnata, ha fornito indicazione più che congrua in ordine agli elementi acquisiti a carico dell’imputato, arrestato nella flagranza di reato, anche all’esito degli accertamenti tecnici sul consistente contenuto di principio attivo rinvenuto nello stupefacente in sequestro, concludendo per la concedibilità delle attenuanti generiche solo alla luce della condotta processuale e dell’incensuratezza dell’imputato, in tal modo motivando la condivisione della determinazione della sanzione oggetto dell’accordo;

che il ricorrente non ha indicato in maniera specifica quali sarebbero le risultanze delle indagini preliminari dalle quali emergerebbe l’asserita lieve entità del fatto; che infatti nell’ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla parte secondo lo schema procedimentale previsto dall’art. 444 c.p.p., l’esigenza di specificità delle censure deve ritenersi più pregnante rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la censura sul provvedimento che abbia accolto la richiesta dell’impugnante deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto richiesto dalla stessa parte (Sez. Unite, n. 11493 del 24/6/1998, Rv. 211468);

che del pari è manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso, atteso che la condanna alle spese del procedimento, per espresso disposto dell’art. 445 c.p.p., comma 1 è esclusa solo quanto la pena irrogata non superi i due anni di reclusione;

che in conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della somma di millecinquecento Euro ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma di Euro mille e cinquecento in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

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