Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 31-01-2013) 06-06-2013, n. 24805

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 27 febbraio 2012, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Catanzaro del 10 giugno 2011, con la quale l’imputato era stato condannato, anche alla rifusione dei danni subiti dalla costituita parte civile – riconosciuta l’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, e concesse le circostanze attenuanti generiche e la diminuente del vizio parziale di mente, da ritenersi equivalente alle contestate aggravanti e alla recidiva – per i seguenti reati; A) del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, e art. 80 per avere detenuto eroina e cocaina occultate all’interno di un tubetto di dentifricio, cedendo parte delle stesse, all’interno di una struttura adibita alla cura e riabilitazione di soggetti tossicodipendenti, ad un soggetto che, dopo l’assunzione, entrava in stato di coma tale da determinare una prognosi riservata, con l’aggravante dell’avvenuta cessione all’interno di una struttura adibita alla cura di soggetti tossicodipendenti; B) art. 586 cod. pen., perchè a seguito e a causa della cessione di stupefacenti di cui al capo precedente, provocava all’assuntore, quale conseguenza non voluta, una lesione personale gravissima consistita in uno stato di coma tale da determinare una prognosi riservata; con recidiva reiterata e infraquinquennale.

2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.

2.1. – Con un primo motivo di impugnazione, si lamentano l’omessa valutazione di una prova decisiva e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, perchè non si sarebbe considerato che il perito psichiatra aveva affermato che tra la parte civile e l’imputato vi era una sinergia volta clandestinamente a procurarsi a vicenda lo stupefacente all’interno della struttura e aveva puntualizzato che la stessa parte civile aveva poco prima procurato lo stupefacente per entrambi: si tratterebbe, in altri termini, di una ipotesi di "consumo di gruppo".

2.2. – Con un secondo motivo di doglianza si prospettano la carenza e la manifesta illogicità della motivazione circa il quadro probatorio, per la mancata analisi della compatibilità tra l’accertato vizio parziale di mente dell’imputato e la prevedibilità dell’evento di cui al capo B) dell’imputazione, intesa in come colpa cosciente. Si rileva, sul punto, che l’inconsapevolezza della dannosità dello stupefacente avrebbe potuto essere avvalorata dalle circostanze che: l’imputato voleva esorcizzare ansie interne, assumeva anche lui stupefacenti, e assumeva un farmaco denominato Talofen che incide sull’esame di realtà. Il perito avrebbe, inoltre, desunto dalla cartella clinica della vittima che questo aveva una midriasi, sintomo che nulla ha a che fare con l’intossicazione da stupefacenti, che, al contrario, avrebbe dovuto provocare una miosi;

avrebbe inoltre desunto l’ulteriore circostanza del notevole lasso di tempo tra il momento dell’assunzione e il momento del malore; dato anche esso incompatibile con la sussistenza di un nesso di causalità tra l’assunzione dello stupefacente e le lesioni. Sulla base di tali rilievi, la difesa aveva avanzato la richiesta di perizia medico- legale, che era stata immotivatamente rigettata.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è parzialmente fondato.

3.1. – Il primo motivo di doglianza, con cui si critica la motivazione della sentenza impugnata per il mancato riconoscimento dell’ipotesi del "consumo di gruppo", è infondato.

Sul punto la motivazione della sentenza impugnata risulta, infatti, pienamente sufficiente, perchè – riprendendo le argomentazioni già svolte dal Tribunale – evidenzia che la prova della cessione, a titolo gratuito dello stupefacente estratto da un tubetto di dentifricio che teneva occultato dall’imputato alla persona offesa è stata raggiunta sulla base delle dichiarazioni della stessa persona offesa, che aveva in modo chiaro e circostanziato riferito i fatti dopo essersi ripreso dallo stato comatoso in cui si era trovato. In base a tali dichiarazioni, che avevano trovato, del resto, parziale riscontro in quelle rese dai responsabili della struttura di riabilitazione intervenuti per soccorrere la persona offesa, deve essere esclusa la configurabilità del cosiddetto "consumo di gruppo" prospettata dalla difesa, essendosi verificata, con tutta evidenza un’ipotesi di detenzione dello stupefacente in via esclusiva da parte dell’imputato e di cessione dello stesso alla vittima, senza che quest’ultima avesse in alcun modo partecipato alla detenzione o avesse dato incarico di procurare lo stupefacente stesso.

3.2. – Fondato è, invece, il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui con esso si lamenta il mancato espletamento di perizia medico- legale al fine di accertare la sussistenza del nesso di causalità fra la cessione dello stupefacente da parte dell’imputato e lo stato di coma in cui la persona offesa si era venuta a trovare.

Sul punto, oggetto di specifico motivo d’appello, la sentenza impugnata risulta carente di motivazione, limitandosi a richiamare genericamente il "dato offerto dai sanitari" e il racconto della persona offesa e, dunque, non giustificando adeguatamente il diniego della perizia richiesta. Trattasi di una carenza motivazionale rilevante in relazione all’accertamento della responsabilità penale, perchè investe l’essenziale profilo del nesso di causalità fra condotta ed evento.

4. – La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata, limitatamente al reato di cui al capo B) dell’imputazione, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro, perchè proceda a nuovo, motivato esame sul nesso di causalità fra l’assunzione dello stupefacente da parte della persona offesa e il suo successivo stato di coma. Il ricorso deve essere, nel resto, rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B) dell’imputazione (art. 586 cod. pen.), con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro. Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

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