Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 31-01-2013) 06-06-2013, n. 24804

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. – Con sentenza dell’8 novembre 2011, pronunciata nel giudizio di rinvio scaturito dalla sentenza della quarta sezione di questa Corte 1 febbraio 2011, n. 16104, la Corte d’appello di Bari, in riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Trani del 20 luglio 2009, emessa, all’esito di giudizio abbreviato, in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 aggravato ai sensi del comma 6 dello stesso articolo, ha escluso la richiamata aggravante e a confermato la pena già irrogata in primo grado di anni 4 di reclusione ed Euro 18.000 di multa.
La Corte d’appello ha, in particolare, rilevato che la pena base detentiva è stata applicata partendo dal minimo edittale e che la valutazione della recidiva non può essere esclusa, per la costante ricaduta dell’imputato nella medesima attività illecita.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto un primo ricorso per cassazione, a firma dell’avvocato G. D., con il quale si deducono: 1) la violazione dell’art. 597 cod. proc. pen. e l’omessa motivazione, sul rilievo che la Corte d’appello, pur escludendo l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6, aveva mantenuto inalterata la pena; 2) l’omessa motivazione in relazione alla mancata esclusione della recidiva e alla mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.
Il primo motivo di impugnazione è stato sostanzialmente ribadito con un secondo ricorso proposto nell’interesse dell’imputato firma dell’avvocato Carmine Di Paola.
Motivi della decisione
3. – Il ricorso è parzialmente fondato.
3.1. – Quanto alla doglianza sub 2), relativa alla mancata esclusione della recidiva, deve preliminarmente rilevarsi che la stessa è preclusa dal giudicato formatosi sul punto con la sentenza n. 16104 del 2011, con la quale si è pronunciato annullamento con rinvio limitatamente al punto concernente la motivazione sulla sussistenza dell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6.
La sentenza impugnata risulta, peraltro, sufficientemente motivata in merito, perchè fa discendere l’attualità della pericolosita sociale dell’imputato dalla sua costante ricaduta nella medesima attività illecita.
Quanto, poi, allo specifico profilo del mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata recidiva (anch’esso oggetto della censura sub 2), deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione della disposizione di cui all’art. 69 c.p., u.c., secondo cui vi è il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4. Tale divieto trova, infatti, applicazione anche in relazione alle circostanze attenuanti generiche, essendo stato oggetto di dichiarazione di illegittimità costituzionale (con la sentenza n. 251 del 2012 della Corte costituzionale) limitatamente alla parte in cui si riferisce alla circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.
3.2. – Il motivo sub 1 (ribadito con il secondo ricorso proposto) è, invece, parzialmente fondato.
La Corte d’appello ha, infatti, basato la mancata riduzione della pena in conseguenza dell’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 73, comma 6, richiamato sull’assunto, condivisibile in linea di principio, che il limite minimo edittale deve comunque essere ritenuto insuperabile. Tale assunto è stato correttamente applicato quanto alla pena detentiva, computata nel minimo in 6 anni di reclusione e ridotta per il rito abbreviato ad anni 4. Non è stato, invece, correttamente applicato quanto alla pena pecuniaria, perchè, a fronte del minimo edittale espressamente preso a riferimento dalla Corte d’appello, di Euro 26.000,00 di multa, la pena finale è stata determinata in Euro 18.000,00 anzichè in Euro 17.333,00; somma, quest’ultima, risultante dalla diminuzione di un terzo della pena base in conseguenza del rito abbreviato.
4. – La sentenza impugnata deve essere dunque annullata limitatamente alla pena della multa, che può essere direttamente determinata da questa Corte, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l), in Euro 17.333,00.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena della multa, che rideterminata in Euro 17.333,00. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

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