Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 31-01-2013) 06-06-2013, n. 24801

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che il Tribunale della libertà di Perugia in data 23 marzo 2012 ha rigettato l’istanza di riesame proposta avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del 9 marzo 2012, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Perugia nei confronti di D.M., indagato del delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per avere detenuto illecitamente e spacciato sostanza stupefacente del tipo eroina e cocaina, fatti accertati in Perugia il 7 marzo 2012, con la recidiva specifica infraquinquennale;

che avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, chiedendone l’annullamento per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’art. 63 c.p.p. e per insufficienza e contraddittorietà della motivazione, atteso che i giudici avrebbero ritenuto utilizzabili le dichiarazioni accusatorie rese da B. M., in quanto la stessa non aveva assunto la qualità di persona sottoposta ad indagini, mentre a carico della stessa già sussistevano indizi in ordine al medesimo reato;

Considerato che l’ambito del controllo che la Corte di Cassazione esercita in tema di misure cautelari quanto all’apprezzamento della sussistenza del quadro di gravità indiziaria e delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, risulta limitato: tali accertamenti rientrano nel compito esclusivo e insindacabile del tribunale della libertà, mentre il giudice di legittimità deve invece verificare che l’ordinanza impugnata contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che hanno sorretto la decisione e sia immune da illogicità evidenti: il controllo investe, in sintesi, la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (in tal senso, Sez. 6, n. 3529 dell’1/2/1999, Sabatini, Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104); che l’ordinanza oggetto della presente impugnazione è sorretta da logica e corretta argomentazione motivazionale e risponde a tali due requisiti in quanto i giudici del riesame hanno dato ampiamente conto delle ragioni che li hanno condotti a confermare il giudizio positivo circa la sussistenza dei requisiti per applicare la custodia cautelare in carcere in punto di gravità indiziaria, analizzando nel dettaglio gli elementi acquisiti e che inoltre nessuna violazione di legge in ordine all’applicazione dell’art. 63 c.p. quanto alle dichiarazioni della B. può essere rinvenuta;

che, infatti, il codice di rito, a seguito delle modifiche apportate con la L. n. 63 del 2001, stabilisce una disciplina della prova dichiarativa caratterizzata dall’obiettivo di assicurare la genuinità del contributo proveniente anche da quei dichiaranti la cui posizione processuale sia collegata, attualmente o in precedenza, con il reato commesso da altri, e per l’accertamento del quale sia necessaria proprio l’acquisizione della loro dichiarazione; che peraltro la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. S.U. n. 21832 del 2007) ha ritenuto legittima l’assunzione a sommarie informazioni dell’acquirente di sostanza stupefacente quando le risultanze acquisite al momento dell’assunzione dell’atto non evidenziano alcuna notitia criminis a carico del dichiarante;

che nel caso di specie i giudici hanno dato atto che al momento nel quale la B. ha reso le dichiarazioni nei confronti dell’indagato, la stessa non era sottoposta ad indagine e quindi nessuna inutilizzabilità nel caso di specie può essere rinvenuta, atteso che la disposizione tutela il dichiarante dalle dichiarazioni rese contra se;

che d’altra parte il compendio indiziario è altresì fondato sulle indagini di polizia giudiziaria e sui risultati del pedinamento ed appostamento effettuato, nonchè sul rinvenimento all’atto dell’intervento del telefono cellulare il cui numero era contattato dagli interessati all’acquisto di sostanze stupefacenti;

che il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013
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