T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 24-01-2011, n. 92 Area da espropriare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con atto notificato in data 28.9.2009 e depositato in data 9.10.2009, i ricorrenti premettevano che, con deliberazione di C.C. n. 200 del 13/11/2007, il Comune di C. aveva approvato il progetto preliminare, inerente "Lavori di Recupero e Riqualificazione dell’abitato della frazione Marina", il quale prevedeva l’espropriazione, tra l’altro, di un terreno in catast. al Fg. 47, part. 347 della superficie di mq. 740 e part. 650, della superficie di mq. 1290, nonché di alcuni box edificati sulla part. 347, distinti in catasto fabbricati con i subalterni da 1 a 7, attualmente adibiti a deposito.
Esponevano che, con Deliberazione di C.C. n. 27 del giorno 1/07/2009, il Comune di C. disponeva l’efficacia della Deliberazione di C.C. n. 46 del 12/12/2008 di approvazione del progetto definitivo e rendeva edotti gli odierni ricorrenti dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio degli immobili nonché dell’esistenza delle precitate deliberazioni di C.C. n. 27/2009 e n. 46/2009, che venivano rese ostensibili alla successiva data del 27/07/2009.
Avverso l’operato dell’Amministrazione Comunale, deducevano:
– eccesso di potere per difetto di motivazione in ordine alla necessità della variante urbanistica;
Non sarebbe stata adeguatamente motivata la scelta dell’ente di realizzare il recupero dell’area urbana in quella parte circoscritta del territorio comunale, in variante allo strumento urbanistico generale;
2) violazione dell’art. 2, comma 2, del D.P.R. n. 328/2008. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per carenza dei presupposti di fatto, nonché per erronea identificazione del bene oggetto di esproprio;
Vi sarebbe un macroscopico errore nella rappresentazione planimetrica dei luoghi e non si sarebbe tenuto conto che la particella 347 non confinerebbe con la battigia e non consentirebbe l’accesso al mare.
3) eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria nonché, sotto ulteriore profilo, per difetto dei presupposti.
Sarebbe erroneo l’assunto del Comune, secondo cui l’immobile di proprietà dei ricorrenti verserebbe in condizioni di grave degrado. Inoltre, il progetto non sarebbe idoneo a garantire gli obiettivi proposti di creare un "polo di attrazione collettivo", stante la carenza di adeguate strutture commerciali e di altri necessari elementi.
Concludevano per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.
Con memoria depositata in data 20.10.2009, si costituiva il Comune di C. ed eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnativa della Delibera di C.C. n. 200 del 13.11.2007, di approvazione del progetto preliminare, e per tardività dell’impugnativa proposta avverso la Delibera di C.C. n. 46 del 12.12.2008, di approvazione del progetto definitivo, regolarmente pubblicata nell’apposito Albo Pretorio in data 14.1.2009.
Nel merito, insisteva per l’infondatezza delle tesi avversarie e concludeva per il rigetto del gravame, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.
Non si costituiva la Regione Calabria per resistere al presente ricorso.
Con memoria depositata in data 5.3.2010, il Comune di C. insisteva nelle già prese conclusioni.
Con memoria depositata in data 2.7.2010, parte ricorrente replicava alle deduzioni difensive del Comune di C..
Alla pubblica udienza del 17.12.2010, il ricorso passava in decisione.
Motivi della decisione
1. Vengono impugnati la Deliberazione del Consiglio Comunale di C. n. 46 del 12/12/2008, pubblicata il 14/01/2009, avente ad oggetto "Lavori di recupero e riqualificazione abitato frazione Marina – Approvazione progetto definitivo", ed altri atti presupposti e connessi, nonché la Deliberazione del Consiglio Comunale di C. n. 27 del 01/07/2009, avente ad oggetto "Lavori Recupero e riqualificazione abitato frazione Marina – efficacia di variante a vincolo preordinato all’esproprio".
Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del presente ricorso, svolta dalla difesa del Comune di C., per omessa impugnativa del progetto preliminare dell’opera pubblica per cui è causa, approvato con Delibera di C.C. n. 200 del 13/11/2007, nonostante la comunicazione del 26/08/2008 di avvio del procedimento, nonché per tardività dell’impugnativa proposta avverso la Delibera di C.C. n. 46 del 12.12.2008, di approvazione del progetto definitivo.
Com’è noto, il progetto preliminare riveste un ruolo di carattere propedeutico rispetto al procedimento espropriativo, nel cui ambito la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera consegue soltanto per effetto dell’approvazione del progetto definitivo (nella fattispecie concentrato con quello esecutivo), che possiede i carattere complessivi non più modificabili dell’opera, laddove il progetto preliminare è ancora suscettibile di modificazioni (ex plurimis: Cons. Stato Sez. IV 11.5.2004 n. 2930).
Nella specie, quindi, il provvedimento effettivamente lesivo è costituito dalla Delibera di C.C. n. 46 del 12/12/2008, di approvazione del progetto definitivoesecutivo, rispetto al quale, oltretutto, l’eventuale annullamento dell’impugnata deliberazione consiliare di approvazione del progetto preliminare non potrebbe avere effetti caducatori, attesa l’anzidetta diversa valenza dei due atti nel procedimento espropriativo.
Quanto alla Delibera di C.C. n. 46 del 12.12.2008, il Comune deduce che essa sia stata pubblicata nell’Albo Pretorio in data 14.1.2009.
Osserva il Collegio, al riguardo che la presunzione di piena consapevolezza della lesività di una delibera di approvazione di un progetto di opera pubblica, comportante la dichiarazione di pubblica utilità, non può conseguire dalla mera pubblicazione nell’Albo, poichè, ai fini della decorrenza del termine d’impugnazione dell’approvazione del progetto di un’opera pubblica, avente valore di dichiarazione di pubblica utilità, non è sufficiente la mera pubblicazione dell’atto ma è necessaria la notifica o, almeno, la piena conoscenza dello stesso in quanto esso ha effetti specifici e circoscritti all’area da espropriare per l’esecuzione dell’opera e, quindi, è rivolto a soggetti determinati per quanto non esplicitamente nominati (ex plurimis: Cons. Stato Sez. IV 22.9.2010 n. 7035; Cons. Stato, Sez. IV n. 4836/05; Cons. Stato, Sez. IV n. 1417/05; Cons. Stato Sez. IV n. 1196/03).
Pertanto, nella specie, in assenza della prova di alcuna notifica individuale dei provvedimenti espropriativi in capo agli odierni ricorrenti, il presente giudizio va ritenuto tempestivo.
2. Con il primo mezzo, i ricorrenti lamentano difetto di motivazione in relazione alla scelta dell’ente di realizzare il recupero dell’area urbana in quella parte circoscritta del territorio comunale, in variante allo strumento urbanistico generale.
Va premesso che il sindacato del giudice amministrativo non può impingere nel merito delle scelte effettuate dalla p.a. e può riguardare soltanto vizi che, "ictu oculi", appaiano di eccesso di potere in alcune figure sintomatiche, quali l’illogicità, la contraddittorietà, l’ingiustizia manifesta, l’arbitrarietà o l’irragionevolezza della determinazione, trattandosi di provvedimenti assunti all’esito di complesse procedure, nel corso delle quali sono, di norma, acquisite, discusse e definite tutte le valutazioni connesse con la realizzazione dell’opera pubblica. In questo ambito, può essere consentita anche la motivazione "per relationem" ad alcuni atti del procedimento, che, stante la natura ampiamente discrezionale del provvedimento, non deve convincere della "opportunità" della scelta effettuata, bensì solo dell’assenza dei vizi su elencati: in altre parole non è richiesto, in questi casi, che l’amministrazione dia contezza delle ragioni che, nel suo apprezzamento di merito, l’hanno indotta a preferire l’una o l’altra delle diverse soluzioni valutate e confrontate nelle diverse sedi.
Nella specie, non è in contestazione che, a seguito dell’approvazione del progetto preliminare con Delibera di C.C. n. 200 del 13/11/2007, è stata inviata ai ricorrenti la comunicazione della procedura espropriativa con nota del 26/08/2008, a seguito della quale, non hanno presentato le proprie osservazioni.
Invero, nella relazione allegata alla Deliberazione di C. C. n. 46 del 12/12/2008, di approvazione del progetto definitivo, sono indicate sufficientemente le ragioni poste a fondamento delle scelte della P.A., sia per quanto concerne l’obiettivo dei lavori, individuato, principalmente, in quello di "rispondere alla richiesta da sempre avanzata dalla popolazione, di stabilire una continuità spaziale tra la principale piazza, piazza S. Marco, ed il mare", sia per quanto concerne le condizioni dell’immobile per cui è causa, che viene definito di "pessime condizioni strutturali ed in avanzato stato di abbandono e degrado" nonché destinato principalmente a "magazzini e depositi (categoria catastale C/2)".
Pertanto, ritiene il Collegio di non ravvisare i macroscopici vizi di illegittimità denunziati.
3. Con il secondo mezzo, deducono che vi sarebbe un macroscopico errore nella rappresentazione planimetrica dei luoghi e che non si sarebbe tenuto conto che la particella 347 non confinerebbe con la battigia e non consentirebbe l’accesso al mare.
Invero, le rappresentate questioni tecniche derivano dal fatto che l’originaria particella catastale n. 347 sarebbe stata successivamente frazionata in due distinte particelle: la 347/a, di mq 740 e la 347/b, di mq 1290, di cui solo la prima confina con la battigia, mentre, dalla planimetria catastale TAV n. 9 – Piano particellare d’esproprio fornita dall’Ufficio del Territorio di Cosenza, la part.lla n. 347 del Fg. N. 47 non risulta frazionata, come evidenziato dalla relazione del responsabile del procedimento del 16.10.2009, allegata dalla difesa del Comune.
Per le medesime ragioni di rappresentazione tecnica, non risulta fondata la dedotta circostanza secondo cui la superficie espropriata sarebbe maggiore di quella di mq. 750 della part. 347.
Pertanto, la censura va rigettata.
4. Con l’ultimo motivo, i ricorrenti deducono che sarebbe erroneo l’assunto del Comune, secondo cui, nella specie, l’immobile di loro proprietà verserebbe in condizioni di grave degrado e che il progetto non sarebbe idoneo a garantire gli obiettivi proposti di creare un "polo di attrazione collettivo", stante la carenza di adeguate strutture commerciali e di altri necessari elementi.
La doglianza, che in parte impinge nel merito delle scelte della P.A., sembra, piuttosto, riconducibile allo schema paradigmatico, tipico del conflitto fra l’interesse pubblico e l’interesse privato nonché alla scelta conseguente di assegnare prevalenza al primo, come, nella specie, evidenziato nella relazione tecnica al progetto definitivo ("l’opera in progetto è di estrema necessità per la cittadinanza, in quanto gli spazi effettivamente fruibili nella marina di C. risultano significativamente ridotti e non più idonei a garantire uno standard urbanistico dignitoso sia per ciò che concerne le relazioni sociali fra cittadini sia per le caratteristiche ambientali e della qualità della vita, attualmente compromessa": pag.1).
Né, d’altronde, i ricorrenti possono far valere una posizione di tutela e di aspettativa qualificata discendente dalle condizioni (non di degrado) del loro immobile a fronte della scelta della P.A. di accordare prevalenza all’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, che si appalesa, nel complesso, esente dai vizi di macroscopica illogicità denunziati. Invero, tali questioni possono assumere rilevanza soltanto ai fini della quantificazione dell’indennizzo.
Pertanto, anche questa doglianza non può essere condivisa.
In definitiva, il ricorso si appalesa infondato e va rigettato.
La complessità e la delicatezza della fattispecie consigliano di disporre l’integrale compensazione delle spese e degli onorari del presente giudizio.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Concetta Anastasi, Consigliere, Estensore
Giovanni Iannini, Consigliere

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