Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-08-2012, n. 13905

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Svolgimento del processo
1.- La Corte di appello di Roma, con sentenza del 6 luglio 2009, ha rigettato l’appello avverso la sentenza del tribunale di Roma che aveva rigettato la domanda proposta contro il Ministero dell’economia da V.G., nella qualità di liquidatore della società I. e di procuratore speciale degli eredi dei titolari delle società S. P e C. s.a.s., della S. s.a.s. e di S. F., per ottenere il riconoscimento dell’indennizzo per la perdita del piroscafo (OMISSIS), di cui quelle società erano caratiste (la I., di maggioranza), dovuta ad affondamento avvenuto il 23 agosto 1943, nelle acque dell’Estremo Oriente, ad opera della Marina Americana.
2.- Il V., nella qualità, propone ricorso per cassazione con un unico articolato motivo illustrato da memoria. Il Ministero resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Il Ministero dell’economia ha riproposto l’eccezione di prescrizione già espressamente rigettata dalla Corte di appello, in quanto dallo stesso Ministero non riproposta in quel giudizio nella forma, ritenuta appropriata dai giudici di merito, dell’appello incidentale.
1.1.- L’eccezione è inammissibile. Essa, riproponibile in appello ex art. 346 c.p.c., non può essere meramente riproposta in cassazione, poichè la parte totalmente vittoriosa ma soccombente su una questione preliminare deve dolersene con la proposizione di un ricorso incidentale condizionato.
2.- Nel merito, la sentenza impugnata ha ritenuto che l’affondamento del piroscafo non avesse prodotto effetti pregiudizievoli direttamente nella sfera giuridica delle società caratiste, in quanto, al momento dell’affondamento, il piroscafo era requisito in uso bellico dall’Addetto Navale italiano a Tokyo dal 15 aprile 1941 e da esso era stato noleggiato, a partire dal 16 giugno 1942, ad una società armatrice giapponese con un contratto cui la società armatrice italiana era rimasta estranea. Quest’ultima, pertanto, non poteva invocare l’Accordo italo-giapponese sull’indennizzo dei danni di guerra (ratificato dalla L. 7 giugno 1975, n. 293) nè le leggi successive in materia di beni perduti all’estero (L. 26 gennaio 1980, n. 16 e L. 5 aprile 1985, n. 135), non avendo il possesso del piroscafo e non avendo subito alcuna diretta azione militare o alcun atto d’imperio da parte del governo giapponese, ma aveva diritto soltanto ad un’indennità, già corrisposta dallo Stato italiano, per la perdita del piroscafo avvenuta durante la requisizione in uso.
3.- I ricorrenti censurano la sentenza impugnata,- in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione della L. 7 giugno 1975, n. 294 e L. n. 16 del 1980, il cui art. 4, sostituito dall’art. 3, L. n. 135 del 1985, attribuiva, infatti, il diritto all’indennizzo e alla riliquidazione degli indennizzi, già concessi per effetto di leggi precedenti, a tutti coloro che avevano subito perdite di beni e diritti in Estremo Oriente, costituenti oggetto dell’Accordo internazionale con il Giappone stipulato nel 1972, comprese le perdite di naviglio. Essi ritengono di avere diritto ad un indennizzo ulteriore, poichè l’affondamento del piroscafo a causa degli eventi bellici era una circostanza – incontroversa – e – riconosciuta dall’Amministrazione, che aveva corrisposto l’indennizzo previsto dalla L. 27 dicembre 1953, n. 968 e L. 29 settembre 1967, n. 955 a ristoro dei danni di guerra, essendo irrilevanti le vicende, erroneamente valorizzate dai giudici di merito, relative sia alla requisizione per uso bellico del piroscafo disposta dalle autorità italiane, sia al contratto di noleggio.
3.1.- Il motivo è fondato.
E’ incontroverso che, per la perdita del piroscafo (OMISSIS) avvenuta nelle acque giapponesi durante il secondo conflitto mondiale, lo Stato italiano ha corrisposto alle società armatrici italiane l’indennizzo (previsto dalla L. n. 968 del 1953, art. 52 e art. 1, comma 4, concernente le navi e i galleggianti, ed esteso dalla L. 29 settembre 1967, n. 955, art. 8, ai danni subiti dalle navi e dai galleggianti requisiti in uso o noleggiati dallo Stato) per i "danni di guerra", nella cui nozione l’evento indubbiamente rientra (v. L. n. 968 del 1953, art. 3).
L’applicazione del principio romanistico res perit domino ai provvedimenti di requisizione, in virtù del quale il proprietario del bene requisito nulla potrebbe ricevere a titolo risarcitorio o indennitario nel caso di perdita o distruzione del bene durante il periodo di requisizione, ha subito temperamenti nella giurisprudenza (v. Cass. 11 giugno 1953 n. 1705, 17 febbraio 1969 n. 542) e, in determinati settori, è stato abbandonato, avendo la legge riconosciuto un indennizzo destinato a ristorare il proprietario del bene requisito (v. la L. 13 luglio 1939, n. 1154, artt. 30 e 31, con riferimento alla perdita delle navi e dei galleggianti, e L. 9 gennaio 1951 n. 10, con riferimento alle requisizioni disposte dalle forze armate alleate). Se ne ha conferma, per quanto concerne gli eventi che sono all’origine della controversia in esame, nella L. 7 giugno 1975, n. 294 (adottata lo stesso giorno in cui, con L. n. 293 del 1975, fu approvato l’Accordo italo-giapponese del 18 luglio 1972) che autorizzò "la corresponsione di un indennizzo ai titolari di beni, diritti ed interessi distrutti, espropriati, requisiti, danneggiati o, comunque, colpiti da altre misure analoghe restrittive o limitative di tali beni, diritti ed interessi, a causa di atti compiuti dalle autorità o dalle truppe armate giapponesi nei territori dell’Estremo Oriente nei quali si sono svolte operazioni belliche del conflitto cino-giapponese a partire dal 7 luglio 1937, e della seconda guerra mondiale" (art. 1 co. 1; inoltre, il comma 3 del medesimo articolo riconosceva ai cittadini, alle società e agli enti italiani che, prima della firma dell’Accordo italo-giapponese del 1972, avessero ottenuto, con sentenza passata in giudicato, l’attribuzione nei confronti dello Stato giapponese di una somma per uno dei titoli di cui al comma 1, medesimo art., un ulteriore indennizzo in misura non inferiore).
Già alla luce di quest’ultima legge emerge la irrilevanza delle circostanze valorizzate dalla sentenza impugnata, in ordine alla mancanza sia di un rapporto contrattuale diretto tra le Autorità nipponiche e le società armatrici italiane, queste ultime estranee al contratto di noleggio stipulato con l’Autorità italiana, sia di atti d’imperio o militari compiuti dalle Autorità nipponiche deliberatamente verso le società armatrici italiane (sebbene la legge del 1975 si riferisse genericamente alle operazioni belliche della seconda guerra mondiale nell’Estremo Oriente). Da ciò l’erronea conseguenza secondo cui l’unica forma di tutela riconoscibile in capo alle società armatrici italiane sarebbe nel rapporto autoritativo con l’Amministrazione italiana generato dal provvedimento di requisizione, cioè mediante il riconoscimento – già avvenuto – di una indennità per l’uso e la impossibilità della derequisizione a causa della perdita.
La sentenza impugnata, inoltre, valorizzando l’ulteriore circostanza del mancato possesso del piroscafo da parte delle società italiane (perchè già requisito al momento dell’affondamento), ha ignorato la L. n. 16 del 1980, art. 1, che ha riconosciuto indennizzi e agevolazioni ai cittadini e alle imprese italiane titolari "direttamente o indirettamente" di beni, diritti ed interessi perduti, senza considerare che si trattava di requisizione in uso che non faceva venir meno la proprietà in capo alle società armatrici.
Soprattutto, la Corte territoriale ha ignorato la suddetta L. del 1980, art. 4, il cui testo, sostituito dalla L. n. 135 del 1985, art. 3, così dispone: "Godono dei benefici della presente legge le persone fisiche, gli enti o società in possesso della cittadinanza o della nazionalità italiana che abbiano ottenuto indennizzi o che abbiano in corso pratiche per ottenerli, per beni, diritti ed interessi perduti in Estremo Oriente, oggetto dell’Accordo internazionale con il Giappone di cui alla L. 7 giugno 1975, n. 294.
Le perdite di beni, diritti ed interessi subite in Estremo Oriente, comunque avvenute a opera dell’uno o dell’altro belligerante, o in genere determinate dalle situazioni create dalle vicende belliche in quelle zone, comprese le perdite di naviglio, saranno liquidate o riliquidate sulla base della L. 7 giugno 1975, n. 294, e della presente legge, deducendo dalle eventuali riliquidazioni quanto ricevuto per leggi precedenti l’accordo di cui alla L. 7 giugno 1975, n. 294".
In tal modo il legislatore ha inteso disciplinare compiutamente la materia degli indennizzi per le perdite di beni, diritti ed interessi avvenute in Estremo Oriente durante la seconda guerra mondiale, ponendo condizioni e requisiti diversi da (e comunque non coincidenti con) quelli posti, con disposizione generale, dalla medesima L. n. 16 del 1980, art. 1, comma 1, (sostituito dalla L. n. 135 del 1985, art. 1, comma 1,) che, nel riferirsi ai "territori già soggetti alla sovranità italiana… o all’estero", richiedeva che le perdite fossero avvenute "a seguito di confische o di provvedimenti limitativi od impeditivi della proprietà comunque adottati dalle autorità straniere esercenti la sovranità su quei territori".
Ai fini del riconoscimento dell’indennizzo non è quindi richiesto che la perdita del piroscafo sia stata causata da atti limitativi od impeditivi della proprietà o da atti d’imperio adottati dalle truppe giapponesi, essendo sufficiente che essa sia comunque avvenuta "a opera dell’uno o dell’altro belligerante" o in genere determinata "dalle situazioni create dalle vicende belliche in quelle zone".
4.- La sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma che, in diversa composizione, dopo avere svolto le opportune indagini istruttorie, dovrà eventualmente riliquidare l’indennizzo, deducendo quanto già ricevuto dall’interessato per effetto di leggi precedenti alla L. n. 294 del 1975, nonchè provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 31 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2012

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