Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 31-01-2013) 06-06-2013, n. 24796

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 27 aprile 2011, la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Chiavari del 31 marzo 2010, resa a seguito di giudizio abbreviato, con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, perchè illecitamente deteneva a fini di spaccio, all’interno del suo garage, kg 1,204 di hashish, suddiviso in 12 pezzi.

2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo: 1) l’erronea applicazione della legge penale, perchè la Corte d’appello non avrebbe considerato la circostanza che lo stesso imputato riteneva che il quantitativo di stupefacente che aveva ricevuto in deposito da terzi fosse più modesto, nè l’ulteriore circostanza che, in caso di rinvenimento di una notevole quantità di sostanza stupefacente, non vi è alcuna presunzione di destinazione ad uso non personale; 2) la mancata assunzione della prova decisiva, perchè la richiesta di giudizio abbreviato era stata inizialmente subordinata all’escussione di un teste, il quale avrebbe dovuto deporre sul fatto se lo stupefacente fosse nell’effettiva disponibilità dell’imputato o fosse stato, invece, portato nel garage di questo pochissimo tempo prima del sequestro da parte della Guardia di Finanza.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è inammissibile, perchè basato su motivi manifestamente infondati.

La motivazione della sentenza impugnata risulta, con immediata evidenza, completa, coerente, esente da vizi logici, perchè desume la responsabilità penale dell’imputato dal fatto che lo stupefacente si trovava all’interno del garage e che questi, che era presente al momento dell’intervento della Guardia di Finanza, aveva confessato di avere consentito a ricevere da un altro soggetto l’incarico di custodire lo stupefacente nel suo garage, avendo quale corrispettivo alcune cessioni gratuite di hashish per il suo consumo personale.

Come correttamente evidenziato dalla Corte distrettuale, l’imputato era, dunque, il detentore dello stupefacente, in quanto custode dello stesso. Nè l’accertata qualità di detentore avrebbe potuto essere esclusa in considerazione del breve lasso di tempo nel quale lo stupefacente si era trovato presso il garage, anche perchè era risultato accertato dalla Guardia di Finanza che vi erano acquirenti dello stupefacente che si erano appena allontanati dal garage stesso, ciascuno con quantitativo di stupefacente acquistato direttamente dall’imputato.

A fronte di tale motivazione, risultano del tutto prive di rilievo – oltre che comunque inammissibili, perchè puramente e semplicemente riferite alla valutazione dei fatti, insindacabile in sede di legittimità – le doglianze mosse dal ricorrente e relative alla sua convinzione che lo stupefacente fosse in quantità inferiore e alla prova del fatto che esso si era trovato nel garage per poco tempo.

4, – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

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