Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 31-01-2013) 22-05-2013, n. 22001

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Svolgimento del processo

Con sentenza in data 4.4.2011 la Corte di Appello di l’Aquila confermava nei confronti di M.D. la sentenza emessa dal Tribunale di Avezzano, in data 25.9.2009, con la quale l’imputato era stato dichiarato responsabile del delitto di cui all’art. 612 c.p., comma 2 e della contravvenzione di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, fatti acc.in data (OMISSIS), con la recidiva specifica nel quinquennio. Per tali reati il primo giudice aveva inflitto la pena di mesi otto di reclusione, ritenuta la continuazione. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo: 1- la violazione degli artt. 34 – 36 – 37 – 42 c.p.p. – art. 178 c.p.p., lett. a) e c) – art. 179 c.p.p., in riferimento all’art. 606 c.p.p., lett. c), rilevando in primo luogo la mancanza e illogicità della motivazione.

Censurava in particolare la incompatibilità del Giudice del Tribunale di Avezzano, per avere egli rigettato la richiesta di patteggiamento avanzata all’udienza del 7.7.2008. In tale udienza il giudice aveva successivamente dichiarato di astenersi disponendo trasmettersi gli atti al Presidente del Tribunale.

Il Presidente aveva assegnato il procedimento ad altro magistrato, in data 15.7.2008, fissando l’udienza dibattimentale del 29.10.2008.

Successivamente il procedimento era stato nuovamente assegnato al primo giudice, che aveva svolto istruttoria dibattimentale, definendo il giudizio, sebbene dichiarato incompatibile.

2-deduceva altresì la manifesta illogicità della motivazione, rilevando che non erano emersi elementi di prova certi, poichè la persona offesa dal reato aveva affermato di avere appreso da altri, il giorno dopo i fatti, che era stato individuato l’imputato dalla polizia recatasi nel locale, e in tal senso veniva censurata come illogica la motivazione resa dalla Corte di appello.

3-erronea applicazione dell’art. 62 bis c.p.: censurando la motivazione sul punto, evidenziando- che tali attenuanti erano state negate dal primo giudice in base ai precedenti penali, e che la Corte di Appello aveva reso una motivazione solo apparente, senza valutare che l’imputato era persona che aveva agito in stato di ubriachezza.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta inammissibile.

Deve evidenziarsi, in relazione al primo motivo, che le censure riguardanti la incompatibilità del giudice risultano in questa sede inammissibili, non avendo la difesa formulato innanzi al giudice di merito istanza di ricusazione.

Inoltre giova evidenziare l’assenza di cause di nullità del procedimento, non ricorrendo alcuna ipotesi di incapacità del giudice(v.cass.Sez. 6 – 8 giugno 1998, n.6753, e conformi – Sez. 1, 9.5.1997, n. 120-Sez. 1, 19.12.1996, n.6162-RV 210999-per cui la cause di incompatibilità per atti precedentemente compiuti non incidono sulla capacità del giudice, ma costituiscono solamente motivo di ricusazione dello stesso da far valere con la specifica procedura prevista ad hoc dal codice di rito.

Devono inoltre ritenersi inammissibili le censure inerenti alla illogicità della motivazione, perchè formulate con argomentazioni in fatto.

Quanto al terzo motivo si rileva che è incensurabile, in questa sede, la valutazione delle ragioni poste alla base del diniego delle attenuanti generiche, atteso che il relativo giudizio – reso dal giudice di merito in base al potere discrezionale – resta adeguatamente compiuto anche evidenziando un solo elemento ritenuto dal giudice procedente ostativo alla applicazione del beneficio – (v.

in tal senso i canoni giurisprudenziali, enunciati da questa Corte – sez. 6, sent. n. 7882 del 9/7/92-RV191074 – e Sez. 6 sent. 15557 dell’1.11.89-RV 182512-Sez. 6, sent. 9681 del 3.3.2003-Rv223820).

In conclusione va dichiarata l’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza dei suddetti motivi, ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento della somma di Euro 1.000, 00 a favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, e al versamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2013

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