Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-08-2012, n. 13880

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Campobasso, con sentenza del 9 marzo 2007, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da S.B. nei confronti di P. I. S.p.A., volta ad ottenere la conversione del contratto a termine, relativo al periodo 14 aprile 2000 – 31 maggio 2000, in contratto a tempo indeterminato e la condanna di P. I. al pagamento delle retribuzioni maturate dopo la cessazione del rapporto.
La Corte territoriale, per quanto rileva in questa sede, premesso che, a norma della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 era consentito alle parti introdurre nuove ipotesi di contratti a termine attraverso la contrattazione collettiva, ha ritenuto la legittimità del termine apposto al contratto, osservando che esso era stato stipulato ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994, come integrato dall’accordo del 25 settembre 1997, e cioè per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione dell’Ente, esigenze che, ritenute sussistenti dalle parti sociali fino al 30 aprile 1998, non erano venute meno dopo tale data come avevano dato atto le stesse parti in sede di stipula del successivo accordo del 18 gennaio 2001.
Per la riforma della sentenza ha proposto appello il lavoratore sulla base di un solo motivo, articolato in più censure.
La società P. I. ha resistito con controricorso, depositando successivamente memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
Con l’unico motivo il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 2 e della L. n. 56 del 1987, art. 23 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (n. 5 dello stesso articolo), deduce che l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994, aveva previsto la possibilità di contratti a termine sino al 31 gennaio 1998, con successiva proroga al 30 aprile 1998. Era dunque da escludere la legittimità delle assunzioni a termine effettuate dopo tale data, a nulla rilevando il successivo accordo del 18 gennaio 2001 intervenuto quando il diritto del ricorrente si era già perfezionato, divenendo intangibile.
In replica a tale motivo, la società resistente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancanza di "una chiara ed esaustiva illustrazione delle ragioni di censura mosse alla sentenza impugnata", rilevandone nel merito l’infondatezza.
Il ricorso è fondato.
Premesso che l’eccezione di inammissibilità del ricorso è destituita di fondamento, avendo il ricorrente compiutamente esposto le ragioni per le quali, ad avviso del medesimo, il contratto a termine, stipulato dopo la data del 30 aprile 1998, è illegittimo, deve osservarsi che questa Corte, in controversie analoghe alla presente, ha più volte affermato, con riguardo alla disciplina vigente anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato (v. Cass. 4 agosto 2008 n. 21063;
Cass. 20 aprile 2006 n. 9245; Cass. 7 marzo 2005 n. 4862; Cass. 26 luglio 2004 n. 14011).
Si tratta di una sorta di "delega in bianco" a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato (cfr. Cass. 4 agosto 2008 n. 21062; Cass. 23 agosto 2006 n. 18378).
In tale situazione, ove però un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive, la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (Cass. 23 agosto 2006 n. 18383; Cass. 14 aprile 2005 n. 7745; Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866;
da ultimo Cass. 18 marzo 2011 n. 6294).
E’ stato altresì ripetutamente affermato da questa Corte che "In materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l.
26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998. Ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1" (v., fra le altre, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608; Cass. 27 marzo 2008 n. 7979; Cass. 28 novembre 2008 n. 28450; Cass. 18 novembre 2011 n. 24281; Cass. 29 febbraio 2012 n. 3056).
Infine, non è stata attribuita da questa Corte alcuna rilevanza all’accordo del 18 gennaio 2001, in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il diritto del lavoratore si era già definitivamente perfezionato.
Ed infatti, anche ad ammettere che le parti fossero mosse dall’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni effettuate senza la copertura dell’accordo del 25 settembre 1997 (scaduto in forza delle convenzioni atruative), si dovrebbe, comunque, richiamare la regola dell’indisponibilità dei diritti dei lavoratori già acquisiti, con la conseguente esclusione per le parti stipulanti del potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti non più legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (cfr. Cass. 12 marzo 2004 n. 5141; Cass. 28 novembre 2008 n. 28450; Cass. 16 novembre 2010 n. 23120).
Tutti tali principi devono essere qui confermati, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte di appello indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di L’Aquila.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *