Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-01-2013) 17-05-2013, n. 21196

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. B.S.S. è stato imputato del reato di cui all’art. 316-ter c.p. per avere indebitamente percepito i contributi comunitari previsti per la zootecnia "Premio Seminativi" senza indicare, nelle domande presentate negli anni 2004 e 2005, la sua condizione di sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.

Il Tribunale di Patti, con sentenza del 2 aprile 2010, ha assolto l’imputato dal reato contestato con riferimento alla domanda inoltrata nel 2004, perchè il fatto non sussiste, mentre in relazione alla seconda domanda, ha qualificato il fatto ai sensi dell’art. 316-ter c.p., comma 2 e ha disposto la trasmissione degli atti alla competente autorità amministrativa. L’assoluzione è stata motivata rilevando, sostanzialmente, la buona fede dell’imputato, che sarebbe stato tratto in errore dal modello utilizzato per la domanda, che non presentava uno spazio riservato alle indicazioni circa le condizioni del richiedente il contributo.

Sull’impugnazione del pubblico ministero la Corte di appello di Messina, con la decisione in epigrafe indicata, ha riformato la sentenza di primo grado, riconoscendo l’imputato responsabile del reato contestatogli e condannandolo, con riferimento alla domanda del 2004, alla pena di un anno di reclusione. Secondo i giudici di secondo grado il B. aveva l’obbligo di specificare la sua condizione di sottoposto alla misura di prevenzione, a nulla rilevando il contenuto dello stampato utilizzato.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il suo difensore di fiducia, deducendo, con il primo motivo, la violazione degli artt. 316-ter, 5, 42 e 47 c.p., nonchè il vizio di motivazione. In particolare, il ricorrente sottolinea, collegandosi a quanto sostenuto nella sentenza di primo grado, che nei moduli per la presentazione della domanda all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) non era previsto alcuno spazio riservato alle indicazioni sulla condizione del richiedente, diverse da quelle tipizzate nelle varie parti del questionario, e inoltre non era richiamato la L. n. 575 del 1965, art. 10, lett. f), che stabilisce il divieto di ottenere contributi o finanziamenti dallo Stato o da altri enti pubblici o dalle Comunità Europee per le persone alle quali sia stata applicata una misura di prevenzione. In altri termini, si assume che si sarebbe trattato di un errore determinato da un dato materiale, costituito appunto dalla conformazione del modulo. Sotto un diverso profilo, l’errore sarebbe da considerare scusabile ai sensi dell’art. 5 c.p., come reinterpretato dalla Corte costituzionale, tenuto conto che il B. è un agricoltore e allevatore poco colto, non istruito e comunque non in grado di conoscere le disposizioni che gli avrebbero impedito di ricevere il contributo.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 316-ter c.p. e L. n. 575 del 1965, art. 10, in quanto la condotta tenuta dall’imputato, consistita nell’omettere di fornire informazioni dovute, non è sanzionata da alcuna norma: infatti, l’omissione di informazioni è rilevante penalmente solo se le informazioni stesse sono dovute. Ma nel caso in esame non lo erano, perchè il modulo non contemplava una simile specificazione e lo stesso art. 10 legge cit.

prescrive il divieto di ottenere contributi, non l’obbligo di dichiarare la condizione di assoggettato a misura di prevenzione. Si rileva, quindi, che i giudici d’appello avrebbero enunciato l’esistenza di un obbligo senza indicare la norma di riferimento;

inoltre, avrebbero, erroneamente, affermato un obbligo inesistente a carico dell’imputato, quello di non presentare la domanda.

Con il terzo motivo viene denunciata la violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza, rilevando che l’imputato è stato ritenuto colpevole per una condotta, quella di avere comunque presentato la domanda, non oggetto della contestazione che, invece, riguardava la condotta di aver presentato una domanda senza specificare la sua condizione.

Con il quarto motivo si lamenta l’eccessività della pena applicata, in mancanza di motivazione sulle categorie commisurative utilizzate.

Infine, con il quinto motivo, si deduce la violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, artt. 192 e 546 c.p.p., rilevando la mancanza dei procedimenti logici e valutativi in base ai quali i giudici hanno formato il loro convincimento sull’elemento intenzionale del reato contestato.

Motivi della decisione

3. Il primo motivo è fondato e il suo accoglimento assorbe gli altri. Si ritiene che la decisione della Corte d’appello messinese, oltre a non avere confutato specificamente le ragioni poste dal Tribunale di Patti a sostegno della decisione assolutoria, non abbia tenuto in attenta considerazione le modalità attraverso cui l’imputato ha posto in essere la condotta oggetto di contestazione.

La L. n. 575 del 1965, art. 10, comma 1, lett. f) stabilisce che le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione non possono ottenere, tra l’altro, "contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali"; tuttavia, nella specie la richiesta di contributi andava presentata necessariamente utilizzando il modulo dell’AGEA prestampato, in cui non figuravano richieste specifiche sull’esistenza di eventuali situazioni preclusive all’accesso alle contribuzioni. Si tratta di una circostanza che è stata sottolineata nella sentenza di primo grado, che viene ripresa nel ricorso per cassazione e che acquista ancora maggiore pregnanza se si considera che solo successivamente l’AGEA ha inserito nei moduli in questione la specifica richiesta di fornire informazioni concernenti situazioni riferibili alle cause ostative derivanti dall’applicazione di misure di prevenzione.

Risulta evidente che il richiedente era tenuto a fornire le informazioni richieste nel modulo prestampato, nè era previsto che ad esso fossero allegate ulteriori dichiarazioni, per cui non può non considerarsi essenziale, ai fini dell’accertamento del reato di indebita percezione di erogazioni, la struttura del modulo stesso e le richieste in esso contenute.

Peraltro, la L. n. 575 del 1965, art. 10 cit., nell’individuare una serie di preclusioni non pone alcun obbligo giuridico di farle presenti: un tale obbligo sorge solo in presenza di una specifica richiesta in tal senso.

La rilevanza nel caso di specie del modulo utilizzato per la richiesta trova conferma nell’esame della struttura della norma incriminatrice di cui all’art. 316-ter c.p.: in questo reato l’indebito conseguimento di contributi o finanziamenti deve avvenire attraverso "l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissioni di informazioni dovute". Nella specie, deve escludersi che l’imputato abbia utilizzato dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere ed infatti la contestazione fa riferimento all’omessa informazione circa le cause preclusive, ma la norma in questione da rilevanza alle sole omissioni di che siano dovute, mentre si è visto che il modulo dell’AGEA era equivoco sul punto.

Ne consegue che fondatamente il ricorrente invoca nel caso in esame la mancanza di dolo, dovendo riconoscersi che sulla base dei dati acquisiti esiste una oggettiva incertezza sulla base dei dati acquisiti esiste una oggettiva incertezza sulla consapevolezza e volontà dell’imputato di omettere l’informazione relativa alla sua condizione, incertezza determinata proprio dalla mancanza di chiarezza del modulo utilizzato per la richiesta di contributi.

4. Per queste ragioni la sentenza deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2013
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