Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-01-2013) 17-05-2013, n. 21194

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza emessa il 6 luglio 2011 dal G.u.p. del Tribunale di Brescia all’esito di giudizio abbreviato, ha confermato la responsabilità di F.R. per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e, accogliendo l’impugnazione del pubblico ministero, ha condannato Fi.

F. alla pena di anni otto, mesi dieci e giorni venti di reclusione ed Euro 44.445 per l’acquisto in più occasioni di cocaina, per un quantitativo complessivo di circa 5 chilogrammi.

2. Nel ricorso per cassazione presentato nell’interesse di F. viene censurata la sentenza per violazione dell’art. 192 c.p.p. e per il vizio di motivazione. Si assume che i giudici non abbiano valutato l’attendibilità intrinseca del M., sottolineando che agli atti del procedimento mancherebbe un provvedimento di stralcio della sua posizione; si considerano generiche e non riscontrate le sue dichiarazioni accusatorie, in cui non vengono indicate nè date, nè luoghi delle varie consegne dello stupefacente; si criticano i riscontri presi in esame dai giudici, tra cui l’identificazione avvenuta sulla base del nomignolo "(OMISSIS)" trovato nelle carte di M., il tracciamento GPS, le soste registrate nei pressi della pizzeria gestita dall’imputato e della sua abitazione; si evidenzia la contraddittorietà della motivazione là dove considera irrilevanti alcune incongruenze presenti nella dichiarazione del M., riguardanti il modello dell’autovettura del F. e l’inesistenza di un bambino in tenera età, figlio della sua convivente.

Con gli altri due motivi si lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l’applicazione immotivata dell’aumento di pena per la recidiva.

3. Nel ricorso presentato nell’interesse di Fi. si censura la sentenza d’appello per manifesta illogicità della motivazione e per erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p.. In particolare, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, nel capovolgere la decisione del primo giudice, che aveva escluso l’esistenza di riscontri alla chiamata in correità del M., ha valorizzato il dato relativo alla conoscenza tra Fi. e Me.

altro imputato di questo processo – e il controllo eseguito dalla polizia giudiziaria, in cui i due vennero trovati a bordo della stessa autovettura, circostanza neutra che non appare idonea a dimostrare che il riferito rapporto di conoscenza abbia portato alla commissione di attività illecite. Inoltre, viene sottolineato come la sentenza dia per scontato la valenza di riscontri oggettivi ad una serie di elementi – foglietto manoscritto in cui compare l’indicazione del nominativo "FIA"; risultati del monitoraggio satellitare – che lo stesso giudice di primo grado ha ritenuto del tutto arbitrari e comunque insufficienti a giustificare un’affermazione di responsabilità. In conclusione, i giudici di appello avrebbero attribuito valore di prova ad elementi ai quali avrebbe dovuto essere riconosciuta una valenza puramente indiziaria.

Motivi della decisione

4. Entrambi i ricorsi sono infondati, al limite dell’inammissibilità, in quanto i motivi dedotti contengono censure nel merito e propongono letture alternative delle prove acquisite e correttamente valutate.

Si apprende dalla sentenza impugnata che il procedimento, che ha riguardato anche altri coimputati, ha avuto origine dalle dichiarazioni accusatorie di M.S., che gestiva assieme a P.D. il commercio di cocaina nel bresciano, il quale ha iniziato a collaborare fornendo il nominativo dei vari acquirenti della sostanza stupefacente, tra cui F. e Fi.. In particolare, M. ha riferito di avere venduto in diverse occasioni, assieme a P., quantitativi di cocaina a F., per una fornitura complessiva di 15 chilogrammi tra il maggio 2007 e il giugno 2008; allo stesso modo ha sostenuto di avere fornito cocaina anche a Fi., conosciuto tramite P..

Entrambi i giudici di merito hanno ritenuto riscontrata la chiamata in correità nei confronti di F.; mentre il G.u.p. ha escluso la sussistenza di riscontri obiettivi nel caso di Fi., decisione che è stata riformata dalla Corte territoriale che, invece, ha individuato una serie di riscontri che hanno portato al riconoscimento della responsabilità dell’imputato.

Tra questi riscontri vi è quello costituito dalla documentazione cartacea riferibile ad una sorta di contabilità dei traffici illeciti gestiti dalla coppia P. e M. (l’indicazione FIA e ACC con accanto delle cifre, porterebbe al cognome dell’imputato e al sua appellativo, quello di "(OMISSIS)" riferito dallo stesso chiamante in correità); quello relativo al controllo di polizia in cui l’imputato viene trovato in compagnia di Me.

F. – che il primo giudice non aveva valorizzato -, in quanto conferma le accuse del M. che aveva indicato che i due erano in società nell’acquisto dello stupefacente; i risultati del monitoraggio satellitare, che ha dimostrato che l’autovettura del M. si è recata in più occasioni nei luoghi in cui sarebbero avvenuti gli acquisti di droga da parte dell’imputato.

Si tratta di una motivazione che non risulta essere manifestamente illogica ovvero intrinsecamente contraddittoria, nè risulta che vi sia stata una erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p., in quanto i giudici di merito hanno attentamente verificato la sussistenza di elementi di riscontro alle chiamate in correità.

5. Del tutto infondato è anche il motivo, proposto dal solo F., con cui si lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e l’immotivata applicazione della recidiva. La sentenza ha motivato coerentemente l’esclusione delle attenuanti in relazione alla gravità della condotta posta in essere; inoltre, ha correttamente applicato la recidiva semplice, regolarmente contestata e ritenuta sussistente.

6. All’infondatezza dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2013

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