T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 24-01-2011, n. 700

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato alla resistente Amministrazione comunale di Roma in data 15 maggio 2008 e depositato il successivo 6 giugno, espone la società ricorrente di essere titolare di un locale adibito a ristorante – pizzeria in Viale Parioli e di avere presentato nel 1997 una d.i.a. per la realizzazione della struttura antistante al detto locale consistente in un prefabbricato in alluminio poggiante su fioriere ed ancorato al muro di proprietà a sostegno della tenda di copertura dello spazio antistante, occupato in virtù di autorizzazione comunale. Successivamente, in data 12 novembre 1997 la d.i.a. veniva integrata allo scopo di sostituire la tenda di copertura con vetri scorrevoli e di realizzare una porta di accesso amovibile composta da elementi visibili con sovrastante cappottina retraibile.

La realizzazione destava il malcontento dei condomini dello stabile dove il locale insiste che promuovevano ricorso al TAR sia contro il provvedimento tacitamente formatosi di silenzio assenso sulla denuncia di inizio attività presentata dalla ricorrente, sia contro la nota comunale con la quale l’Amministrazione si esprimeva nel senso di ritenere la piena legittimità dell’intervento, avente carattere di precarietà e di pertinenzialità.

Il ricorso veniva deciso in senso favorevole ai condomini con sentenza n. 59/2001, appellata dalla ricorrente con ricorso n. 10087/2002 ancora pendente.

La domanda di sospensione della sentenza n. 59/01 veniva tuttavia rigettata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 2031 del 30 marzo 2001.

Conseguentemente il Comune di Roma adottava il provvedimento di cui alla nota n. 24492 del 23 maggio 2001 con cui ingiungeva alla società ricorrente di rimuovere le tende laterali e irrogava la sanzione di L. 1.000.000.

Il condominio, intanto, chiedeva la corretta esecuzione della sentenza del TAR Lazio n. 59/2001 con ricorso che veniva accolto con sentenza n. 7479/02 e la cui efficacia tuttavia veniva sospesa dal Consiglio di Stato.

Espone ancora l’interessata di avere presentato domanda di condono ai sensi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 in data 3 dicembre 2004 a tutt’oggi inevasa.

In data 11 dicembre 2007 l’Amministrazione disponeva un sopralluogo sulla struttura, riscontrando la presenza di modifiche edilizie apportate alla veranda, sostenendo che esse sarebbero state effettuate dopo l’anno 2002 ed alla fine interveniva la determinazione dirigenziale impugnata.

Avverso essa la società ricorrente deduce:

1. Violazione di legge, violazione degli articoli 10 e 35 del d.P.R. n. 380 del 2001; eccesso di potere per contraddittorietà, carenza di istruttoria; eccesso di potere per erroneità dei presupposti e per falsa rappresentazione della realtà;

2. Eccesso di potere per contraddittorietà, carenza di istruttoria; eccesso di potere per erroneità dei presupposti e per falsa rappresentazione della realtà;

3. Violazione di legge; eccesso di potere per carenza della motivazione; eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifeste.

Conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio eccependo l’inammissibilità del ricorso e rassegnando, comunque, conclusioni opposte a quelle della ricorrente.

Il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 10 gennaio 2011, alla quale il Collegio ha dovuto constatarne la inammissibilità, secondo l’eccezione pure proposta dalla resistente Amministrazione comunale.

Infatti l’ordinanza di sospensione impugnata, notificata alla ricorrente in data 18 marzo 2008, ha cessato di produrre i suoi effetti quarantacinque giorni dopo la sua adozione, alla stregua di quanto previsto dall’art. 27, comma 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, stante il quale "qualora sia constatata, dai competenti uffici comunali d’ufficio o su denuncia dei cittadini, l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità di cui al comma 1, il dirigente o il responsabile dell’ufficio, ordina l’immediata sospensione dei lavori, che ha effetto fino all’adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli, da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori."; laddove la sospensione gravata non è stata seguita da provvedimenti sanzionatori.

Di conseguenza, per quanto pure osservato dalla costante giurisprudenza in materia, "l’impugnazione delle ordinanze di sospensione divenute inefficaci a seguito del decorso del termine di efficacia previsto dalla legge è inammissibile, ove la perdita di effetti si verifichi prima della proposizione dell’impugnazione, – come è avvenuto nel caso in esame – o improcedibili, ove, al contrario, la perdita di efficacia sopraggiunga nel corso del processo." (TAR Puglia, Lecce, sezione I, 17 novembre 2010, n. 2662). Analogamente anche per questa sezione: TAR Lazio, sezione I quater, 9 febbraio 2010, n. 1782, laddove si pone in evidenza la mancanza di lesività di un atto oramai scaduto.

Per le superiori considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

Condanna la ricorrente L.P. s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. al pagamento di Euro 1.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore della Amministrazione comunale di Roma.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Elia Orciuolo, Presidente

Giancarlo Luttazi, Consigliere

Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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