Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-08-2012, n. 13877

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

S.A.M., con successivi ricorsi al giudice del lavoro di Benevento, contestava che l’INPS avesse diritto alla restituzione della indennità di disoccupazione agricola, richiesta con decreto ingiuntivo a seguito della sua cancellazione dagli elenchi nominativi dei braccianti agricoli per gli anni dal 1988 al 1991, e rivendicava il proprio diritto all’indennità di maternità, obbligatoria e facoltativa – negata dall’ente previdenziale in relazione a un parto del 1992 – assumendo l’illegittimità dei provvedimenti di cancellazione e chiedendo che fosse accertata, per gli anni dal 1987 al 1995, la validità del rapporto di lavoro subordinato intercorso con il padre S.G..

Il Tribunale rigettava la domanda con decisione che è stata confermata dalla Corte d’appello di Napoli con la sentenza indicata in epigrafe in base alle seguenti considerazioni: a) per nessuno degli anni in contestazione (dal 1987 al 1995) l’appellante poteva vantare una valida iscrizione; b) in ogni caso il presupposto della iscrizione – a fronte delle contestazioni mosse dall’INPS e suffragate da idonei elementi di prova (nel caso, i prodotti verbali ispettivi) – non esime il giudice dal dovere di accertare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto di lavoro dedotto a fondamento delle pretese azionate; c) nella specie, la complessiva valutazione del materiale probatorio induceva ad escludere le caratteristiche della subordinazione, dal momento che le dichiarazioni rese agli ispettori dalla stessa lavoratrice e dal (presunto) datore di lavoro, tra l’altro tra loro discordanti e contraddittorie, riferivano circostanze dalle quali emergeva l’assenza di vincoli di orario, la prestazione di attività secondo le disponibilità della S., il difetto di ordini e controlli;

mentre, a loro volta, le deposizioni testimoniali erano inattendibili, riferendo circostanze assolutamente contrastanti con dati obiettivi acquisiti alla causa ovvero escluse dalla stessa lavoratrice ricorrente.

Per la cassazione di questa sentenza S.A.M. ha proposto ricorso fondato su 7 motivi, illustrati con successiva memoria.

L’INPS ha depositato la procura speciale ai propri difensori che hanno, poi, partecipato all’udienza di discussione.

Motivi della decisione

1. Nel primo motivo la ricorrente contesta alla sentenza impugnata una "ingiustificata mistificazione dei fatti sì da sconvolgere l’impianto fattuale: contraddittorietà della motivazione per mancata rispondenza alle normali cognizioni, insufficienza della motivazione stessa presupposizione di fatti inesistenti, svilimento della prova".

Inoltre: violazione delle L. n. 1204 del 1971 e L. n. 1026 del 1976, del D.Lgs. n. 275 del 1993, art. 15, dell’art. 166 (recte, 116) c.p.c. in tema di valutazione della prova testimoniale, del D.Lgs.Lgt. n. 212 del 1946, artt. 3 e 4 degli artt. 2094, 2697, 2717 e 2700 c.c. Assume che la Corte d’appello si è attenuta ai risultati di un accertamento ispettivo del tutto superficiale omettendo di considerare tutti gli elementi acquisiti nonchè l’esistenza del giudicato amministrativo formatosi sul suo diritto alla iscrizione negli appositi elenchi nominativi e, quindi, sul suo diritto a beneficiare delle prestazioni previdenziali indipendentemente dalla dimostrazione della sussistenza del rapporto di lavoro di cui all’iscrizione medesima.

2. Nel secondo motivo, con la stessa rubrica del primo, si censura la sentenza d’appello per aver ritenuto inattendibili i testi escussi senza preoccuparsi di verificarne le dichiarazioni – tutte indicative della sussistenza degli elementi costitutivi di un rapporto di lavoro subordinato – alla luce degli atti processuali e dei documenti depositati.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione della L. n. 83 del 1970, artt. 7, 15 e 17 nonchè del D.Lgs.Lgt. n. 212 del 1946, artt. 3 e 4 nonchè degli artt. 166 (recte:116) c.p.c., degli artt. 2094, 2697, 2700 e 2717 c.c, oltre a vizi di motivazione, sempre con riferimento alla valutazione della prova testimoniale, e si sostiene che i testi avrebbero confermato tutte le circostanze dedotte dalla ricorrente e, cioè, la prestazione resa come bracciante, l’orario di lavoro giornaliero, la esistenza di direttive impartite dal padre non convivente, la notevole estensione dell’azienda agricola, la corresponsione della retribuzione. Tutte queste circostanze, tra l’altro.

4. Nel quarto motivo, denunciandosi violazione delle L. n. 1204 del 1971, L. n. 1026 del 1976 e di quelle correlate, nonchè l’erronea ricostruzione della fattispecie concreta (artt. 112 e 113 c.p.c.), l’erronea valutazione delle prove orali e documentali, dei verbali ispettivi, del verbale della Commissione provinciale (artt. 113, 115 e 116 c.p.c.) e, ancora, violazione del D.Lgs.Lgt. n. 212 del 1946, artt. 3 e 4 e degli artt. 2094, 2697, 2700 e 2717 c.c., oltre a vizi di motivazione, si assume che nelle dichiarazioni rese agli ispettori dell’INPS dalla lavoratrice e dal suo datore di lavoro non sussisterebbero le (erroneamente) rilevate contraddizioni e che le prove orali e documentali dimostravano la esistenza dell’allegato rapporto di lavoro.

5. Con il quinto e sesto motivo, sempre con denuncia delle indicate violazioni di legge e degli stessi vizi di motivazione, si contesta alla sentenza impugnata di aver "sposato ab inizio le tesi dell’INPS" e di aver, conseguentemente, seguito un processo cognitivo che non è stato libero ed è, comunque, astratto, essendo acquisita agli atti la prova della subordinazione, dell’esecuzione della prestazione, dell’orario di lavoro, del pagamento della retribuzione, delle istruzioni del datore di lavoro.

6. Nel settimo motivo, nuovamente con sostanziale denuncia delle medesime violazioni di legge e degli stessi vizi di motivazione, si censura, in particolare, il giudizio di inattendibilità dei testi, assumendosi che non sussisterebbero le contraddizioni rilevate dai giudici di merito, le cui valutazioni, pertanto, sarebbero del tutto ingiustificate.

7. Il ricorso, i cui motivi si esaminano congiuntamente per la loro evidente connessione, non è fondato.

8. Quanto alle denunciate violazioni di legge, si osserva che la sentenza impugnata applica del tutto correttamente i principi ai quali, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, deve farsi riferimento nelle controversie aventi ad oggetto la rivendicazione del diritto alle prestazioni previdenziali da parte dei lavoratori agricoli subordinati a tempo determinato.

9. Va, infatti, precisato che presupposto e giustificazione del diritto dei lavoratori in questione alla iscrizione negli appositi elenchi nominativi previsti dal D.Lgs.Lgt. n. 212 del 1946, come pure del loro diritto alle prestazioni previdenziali è la esistenza di un rapporto di lavoro svolto annualmente, in regime di subordinazione, per il numero minimo di giornate normativamente previste. Se, ovviamente, di tale esistenza l’interessato deve fornire la prova allorquando sia stato adottato, nei suoi confronti, un provvedimento di cancellazione dagli elenchi, viceversa, nel caso in cui sia documentabile l’iscrizione, la stessa costituisce prova sufficiente ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni previdenziali, di volta in volta richieste in giudizio, salvo che l’Istituto previdenziale convenuto contesti l’attendibilità delle relative risultanze richiamando elementi di fatto (come, in particolare, il contenuto di accertamenti ispettivi o la sussistenza di rapporti di parentela, affinità o coniugio tra le parti), la cui valutazione possa far sorgere dubbi circa l’effettività del rapporto di lavoro (o del suo carattere subordinato). In questo caso il giudice non può limitarsi a risolvere la controversia in base al semplice riscontro della sussistenza del presupposto dell’iscrizione, che resta pur sempre solo un meccanismo di agevolazione probatoria, ma deve pervenire alla decisione valutandone liberamente e prudentemente la rispondenza a dati obiettivi al pari di tutti gli elementi probatori acquisiti alla causa (vedi, Cass. n. 26816 del2008, n. 16585 del 2004).

10. Nell’ottica dei principi appena richiamati, in tutto condivisibile deve ritenersi l’affermazione della Corte di merito secondo cui, pur a voler ritenere valida l’iscrizione della S. negli elenchi nominativi per tutto il periodo utile all’ottenimento delle prestazioni rivendicate in giudizio (per il che diventa irrilevante quanto denunciato dalla odierna ricorrente a proposito della illegittimità del provvedimento di cancellazione perchè adottato dall’INPS a seguito della decisione di accoglimento di ricorsi amministrativi da esso presentati dopo essere decaduto dall’azione giudiziaria che avrebbe dovuto presentare contro il silenzio – rigetto di suoi analoghi precedenti ricorsi) la sussistenza di tale, pur imprescindibile, presupposto, non valeva ad esonerare la S. dall’onere di dimostrare la esistenza e la durata dell’allegato rapporto di lavoro subordinato, una volta che l’INPS, fornendone prova con la produzione del verbale ispettivo, aveva posto in rilievo le discordanze e contraddizioni riscontrate dagli ispettori tra le dichiarazioni rese dal padre della S. (presunto datore di lavoro) e dalla figlia in ordine alle modalità dell’attività svolta dalla medesima, alle modalità con cui sarebbe stata versata la retribuzione, all’entità dei prodotti ricavati dalla coltivazione dei fondi.

11. Con riferimento, poi, alle violazioni di legge e ai vizi di motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte di merito nella valutazione delle prove (appunto le dichiarazioni rese dalla lavoratrice e dal di lei datore di lavoro agli ispettori dell’INPS e le deposizioni dei testi escussi) -valutazione in esito alla quale il giudice d’appello ha ritenuto che gli elementi da esse risultanti deponessero ampiamente in senso contrario alla sussistenza del dedotto rapporto di lavoro, sia, quanto alle prime, perchè dalle stesse, a prescindere dalle evidenziate contraddizioni, emergeva comunque, l’assenza di vincoli di orario, la prestazione di attività secondo le disponibilità della lavoratrice, il difetto di ordini e controlli, sia, quanto alle seconde, perchè riferivano circostanze assolutamente contrastanti con dati obiettivi ovvero escluse dalla stessa appellante nelle dichiarazioni rese agli ispettori INPS – l’operato del giudice d’appello deve ritenersi in tutto conforme all’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte la quale, in materia di attività lavorativa agricola prestata in favore di parenti e affini nel quadro di colture tradizionali e di piccole proprietà e, per ciò stesso, normalmente resa "affectionis vel benevolentiae causa" – ha più volte sottolineato come , in tali situazioni, si imponga un più approfondito compito di verifica, cui non è di ostacolo la pur documentata iscrizione ; precisando, quindi, che per la parte che alleghi l’esistenza di un tale rapporto non è sufficiente la dimostrazione dell’avvenuta esecuzione della prestazione lavorativa, dovendo la stessa fornire elementi idonei a far risultare l’esistenza di un nesso di corrispettività tra la prestazione in parola e quella retributiva (come entrambe caratterizzate dalla obbligatorietà), nonchè l’esistenza di quel tanto di direttive e controlli che valgano a differenziarla dal lavoro autonomo, pur se in quadro di maggiore elasticità degli orari e di altre modalità (vedi, da ultimo, Cass. n. 28716 del 2011, 23170/2011, 12551 del 2011, n. 8070 del 2011, n. 9043 del 2011).

12. Trattasi, tra l’altro, per quanto riguarda, in particolare, i denunciati vizi di motivazione, di censure assolutamente generiche, risolvendosi nel prospettare la difformità del contenuto delle dichiarazioni testimoniali rispetto alla lettura che ne è stata data dal giudice di merito, oltre che nel contestare il mancato esame di documenti, senza, tuttavia, essere supportate da una benchè minima indicazione utile a verificarne la fondatezza, non riportando il ricorso, almeno nei passaggi salienti, il testo delle suddette dichiarazioni – così come raccolte a verbale- nè facendo alcuna menzione dei documenti asseritamente trascurati. Per non dire delle contraddizioni rilevabili nella stessa formulazione delle censure in questione che, da un lato, accusano di preconcetto e scorrettezza gli accertamenti ispettivi, sulla base dei quali l’INPS aveva proceduto alla cancellazione della S. dagli elenchi dei lavoratori agricoli, salvo poi sottolineare, a più riprese, la irragionevolezza della sentenza impugnata per aver preteso la prova della sussistenza di tutti gli elementi caratteristici del rapporto di lavoro subordinato, nonostante il loro già operato riconoscimento da parte degli ispettori.

13. Resta da dire, quanto alla censura di nullità dei verbali ispettivi di cui al quarto motivo di ricorso, che nessuna norma di legge, sostanziale o processuale, prevede la presenza di un legale o di un funzionario del Patronato che assista il lavoratore in occasione dell’audizione del medesimo nel corso delle indagini svolte dai servizi ispettivi dell’INPS; il che, peraltro non è lesivo del diritto di difesa, non avendo i suddetti verbali il valore probatorio di un accertamento precostituito in relazione ai fatti non avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale e non esimendo, quindi, il giudice dalla necessaria complessiva valutazione di tutte le risultanze probatorie, il cui contenuto può anche rivelarsi in contrasto con quanto indicato nell’accertamento ispettivo.

14. In definitiva, a fronte di una valutazione del materiale istruttorio, che il giudice di merito ha espresso nell’esercizio del potere di ricerca e di apprezzamento discrezionale della prova demandatogli dall’art. 116 c.p.c. e censurabile, in sede di legittimità, soltanto sotto il profilo del suo razionale esercizio – da intendersi come necessaria, organica valutazione di tutte le risultanze processuali ed adeguata, coerente esposizione delle ragioni della scelta di alcuni piuttosto che di altri elementi come fonti della decisione adottata (cfr., tra le tante, Cass. n. 16499/2009, n. 42/2009, n. 9245/2007) – le critiche di parte ricorrente non evidenziano errori o vizi logici dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata, tali da rendere la decisione priva di razionale giustificazione, ma si risolvono, attraverso la messa in discussione del giudizio relativo alla mancata dimostrazione della esistenza di prestazioni di lavoro subordinato per gli anni in contestazione – giudizio espresso dalla Corte di merito sulla base degli elementi di prova desumibili dalle complessive risultanze processuali e non smentiti in modo convincente dall’appellante – in critiche strumentali a una revisione del merito del convincimento del giudice e , per ciò stesso, devono ritenersi inammissibili alla luce di principi del tutto pacifici, in quanto incompatibili con il sindacato di (sola) legittimità proprio del giudizio di cassazione (vedi Cass. n. 7394/2010, n. 6064/2008, n. 15693/2004).

15. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

16. Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003 (convertito dalla L. n. 326 del 2003), nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2012

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