Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-08-2012, n. 13870

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con sentenza in data 6-21 giugno 2002 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da P.S. nei confronti della s.p.a. P. I., diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro concluso tra le parti per "esigenze eccezionali" ex art. 8 CCNL 1994 come integrato dall’acc. 25-9-97 e succ, per il periodo 24-11-1999/23- 2-2000, con il riconoscimento della sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato e con la condanna della società al ripristino del rapporto e al pagamento, a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate.
La P. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda.
La società appellata si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 28-2-2006, in accoglimento dell’appello, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto de quo con conseguente sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato dal 24-11-1999, "ancora in atto", e condannava la società al risarcimento del danno in favore della P. in misura pari alle retribuzioni spettanti dalla messa in mora (30-10-2000) sino alla scadenza del terzo anno successivo alla cessazione del rapporto, oltre interessi legali, rivalutazione.
Per la cassazione di tale sentenza la s.p.a. P. I. ha proposto ricorso con un unico motivo.
La P. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale con un unico motivo e da ultimo ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
Preliminarmente, riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c., va rilevata la nullità della procura apposta a margine della "comparsa di costituzione di nuovo difensore" rilasciata dalla società all’avv. C.R., con la conseguente nullità della costituzione in giudizio di quest’ultima.
Nel giudizio di cassazione, infatti, come ripetutamente è stato affermato da questa Corte (nel regime anteriore alla L. n. 69 del 2009), "la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poichè l’art. 83 c.p.c., comma 3, nell’elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica con riferimento al giudizio di cassazione soltanto quelli sopra individuati; ne consegue che se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal cit.
art. 83, comma 2 cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata" (v. fra le altre Cass. 9-4-2009 n. 8708, Cass. 20-8-2009 n. 18528).
D’altra parte nella fattispecie, ratione temporis, neppure potrebbe invocarsi il nuovo testo dell’art. 83 c.p.c., secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine o in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso (come la "memoria di nomina di nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato"), in quanto lo stesso "si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 45 (4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83, comma 2" (v. Cass. 26-3-2010 n. 7241, Cass. 28-7-2010 n. 17604).
Con l’unico complesso motivo del ricorso principale la società censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’accordo 25-9-1997 e i successivi accordi attuativi avrebbero avuto una efficacia limitata temporalmente al 30-4-1998, lamentando violazione dell’art. 1362 c.c. e segg. e vizi di motivazione al riguardo e sostenendo, in sostanza, la mancanza di qualsiasi limite temporale nell’accordo del 1997 e la natura meramente ricognitiva degli accordi attuativi successivi, che hanno verificato periodicamente la sussistenza delle ragioni giustificative del termine.
Il motivo è infondato e va respinto.
Osserva il Collegio che, al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3- 2006 n. 4588, è stato ripetutamente precisato da questa Corte che "l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato" (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063, v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass, 26-7-2004 n. 14011). "Ne risulta, quindi, una sorta di "delega in bianco" a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatati, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato." (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).
In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v.
fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).
In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente affermato e come va anche qui ribadito, "in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l, 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1" (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608; Cass. 28-1-2008 n. 28450; Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).
Così respinto il ricorso principale (che peraltro neppure investe in qualche modo il capo del risarcimento del danno), osserva il Collegio che parimenti non merita accoglimento il ricorso incidentale, con il quale la P. censura la determinazione del quantum del risarcimento del danno nei soli limiti della retribuzione che va dalla messa in mora (30-10-2000) fino al compimento del triennio successivo alla cessazione del rapporto (23-2-2003).
Al riguardo, infatti, va rilevato che, alla luce del citato ius superveniens – a prescindere dalla correttezza o meno della statuizione impugnata in base alla disciplina previgente -, la censura risulta infondata in considerazione del divieto di reformatio in peius, non potendo comunque la ricorrente incidentale ottenere, in base alla nuova disciplina, più di quanto gli è stato già riconosciuto dalla Corte di Appello.
Pertanto vanno così respinti entrambi i ricorsi e, in ragione della soccombenza reciproca, vanno compensate le spese tra le parti.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *