Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-08-2012, n. 13865

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1.- La sentenza attualmente impugnata respinge l’appello di P. I. s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Biella n. 92/05 del 18 maggio 2005 che ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti dal 1 aprile 2003 al 30 giugno 2003 e la conseguente conversione del rapporto, da tale data, in un rapporto a tempo indeterminato, con condanna della società P. I. al pagamento in favore di G. B. delle retribuzioni maturate dall’11 dicembre 2003, oltre ai relativi accessori di legge.
La Corte d’appello di Torino, per quanto qui interessa, precisa che:
a) la sentenza di primo grado ha ritenuto nulla l’apposizione del termine principalmente perchè ha considerato generica la motivazione addotta dalla società e tale da impedire una verifica della sussistenza delle condizioni legittimanti l’assunzione a termine del B., non ritenendo sufficientemente specifico il mero richiamo all’esigenza di sostituzione di personale assente;
b) la società P. I., nell’atto di appello, ribadisce la legittimità dell’apposizione del termine e sostiene che, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, l’indicazione di ragioni di carattere sostitutivo è sufficiente a legittimare l’assunzione a termine;
c) tale tesi non è fondata;
d) infatti, è pacifico sia che il contratto in oggetto è stato stipulato in base alla disciplina di cui al D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 sia che la società Poste ha indicato, come motivo posto a giustificazione dell’apposizione del termine, ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell’area operativa e addetto al servizio recapito/smistamento e trasporto presso la Regione Nord/Ovest assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro nel periodo 1 aprile 2003 al 30 giugno 2003;
e) va, però, osservato che in base al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, nell’atto scritto, da cui deve risultare direttamente o indirettamente l’apposizione del termine, le ragioni che legittimano l’apposizione stessa (ai sensi del comma 1 dello stesso articolo) devono essere "specificate";
f) è evidente che tale requisito non può considerarsi integrato dalla mera riproduzione del testo del suddetto comma 1, nè dalla generica indicazione dell’esistenza di esigenze sostitutive;
g) nel caso di specie si fa generico riferimento ad esigenze di sostituzione di personale assente con riferimento ad un ambito territoriale di estensione incerta e notevole e in relazione a tutto il personale inquadrato nell’area operativa, senza precisare le ragioni per le quali si sia reso necessario l’apporto di un dipendente a tempo determinato presso l’ufficio cui è stata destinata il B. (il CPO di (OMISSIS));
h) quanto alle conseguenze di tale mancata specificazione, non può condividersi l’assunto della società Poste secondo cui l’illegittima apposizione del termine non comporterebbe la conversione del contratto in contratto a tempo indeterminato (non essendo tale ipotesi prevista tra quelle di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5), ma la nullità dell’intero contratto ai sensi dell’art. 1419 cod. civ.;
i) va infatti osservato che il suddetto art. 5, regolando fattispecie del tutto diverse da quella ora in esame, non può essere utilmente invocato, ai suddetti fini;
j) viceversa, facendo riferimento alla disposizione dell’art. 1, comma 2 cit. secondo cui l’apposizione del termine non è efficace se non risulta da atto scritto contenente la specificazione delle ragioni legittimanti si può giungere alla conclusione che il contratto privo di una valida clausola del termine è da considerare a tempo indeterminato fin dalla sua stipulazione;
k) il relativo risarcimento del danno va liquidato non sulla base della L. n. 300 del 1970, art. 18 ma secondo la disciplina comune in materia di responsabilità contrattuale, cioè nella misura delle retribuzioni perdute a causa dell’illegittimo rifiuto di ricevere la prestazione lavorativa opposto dal datore di lavoro, dal momento della relativa offerta formale coincidente con la convocazione per il tentativo obbligatorio di conciliazione, come ritenuto correttamente dal Tribunale.
2 – Il ricorso di P. I. s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per due motivi; B.G. non svolge attività difensiva.
La ricorrente deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ., nella quale, fra l’altro, chiede l’applicabilità dello ius superveniens rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7, in vigore dal 24 novembre 2010.
Motivi della decisione
Il Collegio ha raccomandato l’adozione di una motivazione semplificata.
1 – Sintesi dei motivi.
1.- Con il primo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione: a) del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1; b) dell’art. 1362 c.c. e segg..
Si contesta la statuizione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro in esame, basata sull’inidoneità della relativa clausola ad assolvere l’onere di specificazione dei motivi posti a fondamento dell’assunzione a tempo determinato, imposto per legge.
In particolare la ricorrente rileva che l’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’area geografica di riferimento dell’assunzione a termine sarebbe "troppo ampia" non tiene conto dell’espressa indicazione contenuta nel contratto non solo della filiale di assegnazione (filiale di (OMISSIS)) ma anche del comune (Comune di (OMISSIS)) in cui è situato l’ufficio postale presso il quale il lavoratore era chiamato a rendere la prestazione lavorativa, con la conseguenza che le esigenze sostitutive dedotte in contratto dovevano intendersi riferite al suddetto specifico ambito territoriale.
Inoltre, anche le mansioni di adibizione del lavoratore assunto a termine erano state specificate – diversamente da quanto ritenuto dalla Corte torinese – visto che nel contratto di assunzione si fa esplicito riferimento alla "sostituzione del personale inquadrato in Area Operativa e addetto al servizio di recapito" e si specificano le effettive mansioni da ricoprire in quelle di "portalettere".
2. Con il secondo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione: a) dell’art. 12 disp. gen.; b) dell’art. 1419 cod. civ.; del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1.
In via gradata, rispetto, alle censure prospettate con il primo motivo, si sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da error in iudicando ove ha ritenuto che la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 comporti la sanzione della nullità del termine con conseguente condanna della società a riammettere in servizio la lavoratrice.
Tale sanzione, infatti, non sarebbe prevista dal legislatore e la Corte torinese l’avrebbe applicata facendo applicazione analogica dello stesso D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 4 e 5 ma in ciò starebbe il suddetto errore, visto che all’analogia non si può ricorrere in presenza di una norma che direttamente disciplini la fattispecie considerata e le disposizioni in argomento non sono suscettibili di applicazione analogica, essendo derogatorie rispetto al principio generale di cui all’art. 1419 cod. civ..
2 – Esame dei motivi.
3.- Il primo motivo risulta fondato, in conformità con quanto deciso in controversie analoghe alla presente (vedi, per tutte: Cass. 28 giugno 2012, n. 10897).
3.1.- In primo luogo, deve osservarsi che come è stato precisato da Cass. 27 aprile 2010, n. 10033 – "l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa.
Spetta al giudice di merito accertare – con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità – la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto".
In particolare, con riferimento alle ragioni sostitutive, questa Corte (vedi Cass. 26 gennaio 2010, n. 1576; Cass. 26gennaio 2010, n. 1577) ha precisato che "nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità".
3.2- La sentenza attualmente impugnata si è discostata dai suddetti principi perchè ha affermato la genericità della causale espressa nel contratto individuale senza attribuire alcun rilevo all’insieme degli elementi di specificazione indicati dalla società ricorrente in questa sede (filiale di assegnazione, comune in cui è situato l’ufficio postale presso il quale il lavoratore era chiamato a rendere la prestazione lavorativa, mansioni di adibizione del lavoratore stesso individuate sia con riguardo all’indicazione dell’Area operativa e del servizio cui era addetto il personale da sostituire (sia con riguardo alle effettivi compiti di portalettere da svolgere).
La Corte territoriale, infatti, è pervenuta alla conclusione della genericità della clausola facendo esclusivo riferimento ad alcuni dei suddetti elementi (in particolare, l’ufficio postale di destinazione), che esaminati isolatamente non risultano idonei a consentire, in ragione della finalità della norma, una valutazione adeguata alla verifica della effettiva sussistenza delle esigenze dedotte.
Per le suesposte ragioni, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, così risultando assorbito il secondo motivo, riguardante una problematica logicamente conseguente a quella della specificità o meno delle allegate esigenze sostitutive.
4.- Ne consegue anche, per la stessa ragione, la irrilevanza, al fine della definizione del presente giudizio, di ogni questione riguardante la richiesta, effettuata dalla ricorrente nella memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ., di applicazione dello ius superveniens rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32(in vigore dal 24 novembre 2010), salvo restando che, nel caso in esame, difettando nel ricorso una qualsivoglia censura relativa alle conseguenze economiche della ritenuta nullità del termine, in base ai consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte, non avrebbe comunque potuto trovare applicazione la nuova disciplina retroattiva contenuta nella citata norma della L. n. 183 del 2010 (vedi, per tutte: Cass. 27 gennaio 2011, n. 2055; Cass. 26 luglio 2011, n. 16266; Cass. 4 gennaio 2011, n. 80).
3 – Conclusioni.
5.- In sintesi, il primo motivo del ricorso va accolto e il secondo va dichiarato assorbito. La sentenza impugnata va cassata, in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del presente giudizio di cassazione e si atterrà al seguente principio di diritto:
"In tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, in base al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine può considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, l’ufficio di appartenenza dei lavoratori da sostituire, le mansioni di adibizione dei lavoratori assunti a termine) che consentano di procedere alla concreta verifica della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità".
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione lavoro, il 17 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2012

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