Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 31-01-2013) 15-05-2013, n. 20997

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza in data 2.3.12 la Corte di Appello di Catania confermava a carico di C.A. e M.A. la sentenza emessa dal Tribunale di Siracusa-Sez.Lentini, in data 2-3-2009-con la quale gli imputati erano stati dichiarati responsabili del delitto di cui agli artt. 110 – 605 c.p., in pregiudizio della cittadina polacca W.D., e condannati -il C. alla pena di anni quattro di reclusione, ed il M. alla pena di anni tre di reclusione.

In primo luogo la Corte aveva rigettato le eccezioni proposte dalla difesa, inerenti alla acquisizione, disposta ai sensi dell’art. 512 bis c.p.p. dal primo giudice, delle dichiarazioni della persona offesa dal reato, ritenuta irreperibile, nonchè per la mancata ammissione di una teste indicata dalla difesa.

Aveva inoltre evidenziato la validità delle risultanze probatorie pervenendo alla conferma della decisione impugnata.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso il difensore del M., deducendo: 1-la violazione di legge relativa alla applicazione degli artt. 110 – 605 c.p. e dell’art. 512 bis c.p.p. – art. 526 c.p.p., comma 1 bis.

A riguardo censurava la decisione, nel merito, evidenziando la carenza di elementi idonei a dimostrare il concorso dell’imputato nel reato, ritenendo che non fossero state assunte testimonianze rilevanti, ossia la deposizione della persona offesa, nel contraddittorio delle parti e la testimonianza di E.D., presente ai fatti. Tali deposizioni si ritenevano fondamentali, essendo attribuita al M. la responsabilità del sequestro di persona ritenendo il concorso morale dell’imputato nella condotta contestata.

In tal senso la difesa rilevava la sussistenza dei presupposti per la pronunzia di assoluzione, non essendo stati accertati elementi di prova al di là di ogni ragionevole dubbio.

-Censurava inoltre il provvedimento, evidenziando che, nei motivi di appello, era stata eccepita la nullità di una ordinanza emessa dal primo giudice all’udienza del 2.3.2009, chiedendo alla Corte di rinnovare il dibattimento, essendo state disattese le richieste difensive di assumere – ai sensi degli artt. 195 – 507 c.p.p. – la testimonianza di E.D..

Rilevava sul punto che la motivazione resa dal giudice di appello, appariva contraddittoria, avendo la Corte ritenuto che la predetta teste non fosse stata presente durante la fase iniziale della condotta criminosa – (citando al riguardo fl.3 della sentenza).

-Deduceva inoltre la illegittima assunzione delle dichiarazioni della persona offesa, ai sensi dell’art. 512 bis c.p.p. rilevando che costei non era irreperibile, e richiamando sul punto i principi stabiliti dalla giurisprudenza – SS.UU. n. 27918 del 14.7.2011-, oltre la nullità per contrasto della decisione alla disposizioni comunitarie e ai precetti costituzionali.

In base ai predetti rilievi veniva evidenziata altresì la violazione dell’art. 526 c.p.p., comma 1 bis, rilevando l’insussistenza dei presupposti per pronunziare sentenza di condanna a carico del M.. Veniva dunque richiesto l’annullamento della sentenza impugnata.

Altro ricorso risulta proposto dal difensore di C.A., per i seguenti motivi:

1 – violazione dell’artt. 512 c.p.p. – art. 526 c.p.p., comma 1 bis in base al rilievo che la decisione si poneva in contrasto con le disposizioni comunitarie e con i precetti costituzionali.

2 – deduceva inoltre la violazione dell’art. 507 c.p.p. per mancata assunzione di una prova decisiva, indicata nella testimonianza di E.D..

Tale teste ad avviso del ricorrente avrebbe potuto chiarire i rapporti tra l’imputato e la persona offesa dal reato, rilevando che la donna avrebbe potuto liberamente allontanarsi dal luogo in cui era stata ospitata.

Per tali motivi concludeva chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

I ricorsi sono privi di fondamento.

-Invero va evidenziatogli primo luogo, che non ricorre la violazione di legge inerente agli artt. 110 – 605 c.p. desumendosi dal contenuto delle due sentenze di merito, che gli attuali imputati avevano cooperato nel privare della libertà personale la persona offesa, alla quale avevano intimato di non allontanarsi dal luogo ove era stata condotta contro la sua volontà(secondo quanto specificamente illustrato dal giudice di primo grado, a fl. 3-4 -5 della sentenza), ed essendo stato accertato che la donna era stata costretta a chiedere aiuto ai datori di lavoro per lo stato di costrizione in cui si trovava.

D’altra parte risultava evidenziato dal primo giudice che la persona offesa aveva reso informazioni alla PS ed aveva riconosciuto la casa, nella quale era stata condotta dagli imputati, operando anche l’individuazione dei predetti, che transitavano al momento a bordo di un’auto nella zona(secondo sentenza del Tribunale a fl.6).

Nel merito deve evidenziarsi che la sentenza impugnatale richiama la motivazione resa dal primo giudice sottolineando le risultanze specificamente dotate di certezza probatoria, desunte dal dibattimento, risulta sorretta da congrua e logica motivazione, essendo stata valutata specificamente l’attendibilità della versione della persona offesa, alla luce del comportamento scevro da interesse accusatorio, nonchè l’esistenza di riscontri provenienti da ulteriori deposizioni specificamente annoverate a sostegno univoco dell’accusa.

Alla stregua di tali rilievi deve ritenersi dunque priva di fondamento la censura articolata nel ricorso da ciascun imputato, riferita alla inadeguatezza ed illogicità della motivazione.

Tanto rilevato deve ritenersi correttamente applicata a carico di entrambi i ricorrenti la fattispecie di cui agli artt. 110 – 605 c.p., rilevandosi con certezza che vi fu coazione della vittima, idonea a limitarne la libertà di movimento. (v. Sez. 5, sentenza n.8440 dell’11.10.1984 – RV 166047 – per cui il bene giuridico tutelato dall’art.605 CP è la libertà personale ed in particolare la libertà di agire).

Parimenti destituita di fondamento si rivela la censura relativa alla violazione dell’art. 512 bis c.p.p. – art. 526 c.p.p., comma 1 bis, L. n. 848 del 1955, art. 6, comma 3, lett. D), art. 111 Cost., commi 3 e 4.

Invero dal testo della sentenza di primo gradoni evince che la persona offesa – W.D., era stata citata con procedura prevista per la rogatoria internazionale, essendo di nazionalità polacca, e solo temporaneamente soggiornante in territorio italiano.

Ciò consente di ritenere la legittima applicazione della norma enunciata dall’art. 512 bis citato, alla stregua di giurisprudenza di legittimità – Cass. Sez. 3, 12/4/2006, n. 12940-RV 234637-che si ritiene pertinente al caso di specie. Secondo tale massima a seguito delle modifiche introdotte con la L. n. 479 del 1999 all’art. 512 bis c.p.p. è necessario che il PM, a sostegno della richiesta di lettura in dibattimento delle dichiarazioni rese da persona residente all’estero, dimostri di avere esperito inutilmente tutti i mezzi, compresi quelli offerti dalla rogatoria internazionale, al fine di ottenere l’escussione del teste ma di non avere raggiunto lo scopo per ragioni a lui non imputabili. – V. altresì SS.UU. 25.11.10/14.7.11, n.27918 – D’altra parte va evidenziato che si rivelano inammissibili le censure difensive che riguardano la omessa assunzione di prova decisiva, avendo il giudice di merito rilevato che la difesa, in grado di appello, si doleva essenzialmente della carenza di motivazione della sentenza impugnata in riferimento all’accertamento del reato di cui all’art. 605 c.p. e censurava l’attendibilità della persona offesa. Peraltro va rilevato che la valutazione della necessità di assumere il mezzo di prova resta riservata al potere discrezionale del giudice del dibattimento, che nella specie ha dimostrato con congrua motivazione, resa dal Tribunale, che sostanzialmente si intende condivisa dalla Corte territoriale, di avere svolto esauriente analisi delle risultanze acquisite, tra le quali deposizioni testimoniali inerenti alla partecipazione di entrambi gli imputati all’azione delittuosa, (quali le testimonianze rese dagli agenti di PS menzionate a fl.6 della sentenza del Tribunale) nonchè deposizioni dei testi che avevano avuto contatto con la persona offesa – ( T. e M.) – ed esiti di intercettazioni telefoniche(riguardanti il C.), elementi che nel loro complesso avvaloravano con certezza la tesi accusatoria.

Devono dunque ritenersi inammissibili per genericità e ripetitività sostanziale, le ulteriori censure avanzate in questa sede dalla difesa, nell’interesse del M., dolendosi della mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, per procedere alla escussione di E.D., essendo tale censura relativa alla valutazione di adeguatezza degli elementi di prova, sottratta al giudizio di legittimità.

Peraltro il predetto ricorrente nei motivi di appello non aveva svolto specifiche richieste al riguardo, mentre deve ritenersi ampiamente motivata dal giudice di merito la condanna dell’imputato, a titolo di concorso nel reato di cui all’art. 605 c.p. (v. ai fini del concorso nel sequestro di persona Cass. Sez. 2, sent. 7455 del 26- 7-1985-RV 170203, secondo cui è ravvisabile concorso nel sequestro di persona in caso di inserimento cosciente e volontario nell’attività da altri iniziata e svolta fino a quando si protrae la privazione della libertà personale).

In conclusione si impone il rigetto dei ricorsi a cui consegue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2013

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