Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 31-01-2013) 15-05-2013, n. 20996

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza in data 13.7.2011 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale del luogo, in data 23.11.2010, appellata da P.L., ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 612 bis c.p. (commesso ai danni di B.E.R., dall’estate del (OMISSIS)), riduceva la pena inflitta dal primo giudice a mesi nove di reclusione, confermando le ulteriori disposizioni della impugnata sentenza, con la quale l’imputato era stato altresì condannato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1- l’erronea applicazione degli artt. 124-612 bis c.p. nonchè dell’art. 339 c.p.p., in riferimento alla L. n. 38 del 2009, art. 8.

Precisava al riguardo la difesa che la persona offesa aveva fatto ricorso alla procedura di ammonimento prevista dalla legge istitutiva dell’art. 612 bis c.p. e che pertanto si sarebbe verificata, in relazione alle condotte attuate prima della data del 5.3.2009, una rinuncia tacita della parte all’esercizio del diritto di querela.

In base a tale assunto la difesa evidenziava che il Tribunale avrebbe dovuto limitarsi a verificare l’ipotesi di reato limitatamente al periodo successivo alla data dell’ammonimento, che era stato eseguito dall’Autorità di PS. il 12.3.2009.

In tale periodo si erano verificati solo due episodi (aver rilasciato nella casella postale della persona offesa uno scritto, nel maggio del 2009, e l’invio di una missiva, a dicembre dello stesso anno, alla parte ed al coniuge).

Per tali rilievi la difesa censurava la sentenza, per l’erronea applicazione della legge penale, evidenziando che il legislatore avrebbe creato, ad avviso del ricorrente, una preclusione all’esercizio dell’azione penale, attribuendo alla persona offesa dalla condotta ex art. 612 bis c.p. la facoltà di rivolgersi alla Autorità amministrativa per fare ammonire l’autore dei comportamenti persecutori.

In tal senso la difesa rilevava che veniva ad essere realizzato un comportamento suscettibile dì essere qualificato – ai sensi dell’art. 124 c.p.p. come incompatibile con la volontà di proporre querela.

2-con ulteriore motivo il difensore censurava il provvedimento per mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, rilevando che la motivazione sul punto era inadeguata, facendo riferimento ad un precedente penale di epoca remota.

In tal senso il ricorrente chiedeva dunque l’annullamento della sentenza, ovvero l’applicazione del beneficio della sospensione condizionale.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta privo di fondamento. Il primo motivo risulta manifestamente infondato.

Invero, la disposizione normativa enunciata dal D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 8, conv. in L. 23 aprile 2009, n. 38, prevedendo che "fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’art. 612 bis c.p. la persona offesa abbia la possibilità di esporre i fatti all’Autorità di PS. avanzando richiesta al Questore di ammonimento, correttamente risulta interpretata ed applicata dal giudice procedente per reato di cui all’art. 612 bis c.p, atteso che l’ammonimento costituisce un provvedimento della Autorità amministrativa, alla quale resta riservata la possibilità di intervento immediato nei confronti dell’autore dei fatti a richiesta della persona offesa.

Tale procedura costituisce solo uno strumento legale idoneo a garantire l’immediata tutela della persona offesa ad opera delle autorità di PS., e come tale non preclude l’autonomo esercizio dell’azione penale, preposta alla tutela del bene giuridico protetto dalla norma di cui all’art. 612 bis c.p., la cui condotta deve ritenersi perseguibile d’ufficio a seguito dell’ammonimento del soggetto agente, che non abbia manifestato alcuna desistenza dal comportamento denunciato, secondo quanto si desume dall’art. 8, n. 4 legge citata.

Appaiono in tal senso prive di fondamento le deduzioni svolte dalla difesa. Rilevando che nella specie si presenterebbe una preclusione all’esercizio del diritto di querela, per avere la persona offesa manifestato comportamento incompatibile con la formulazione di istanza di punizione per i fatti avvenuti in data precedente all’ammonimento eseguito il 12.3.2009.

Va tuttavia rilevato che alcuni fatti, avvenuti prima del febbraio 2009, epoca in cui entrò in vigore il precetto normativo dell’art. 612 bis c.p. – vanno correttamente qualificati ai sensi dell’art. 612 c.p.; tuttavia sussistono i presupposti per la contestazione ex art. 612 bis c.p., e pertanto sussiste la ritenuta continuazione.

Pertanto risulta legittimamente formulato il giudizio di colpevolezza dell’imputato in riferimento al reato enunciato in sentenza.

-Analogamente si ritiene infondato il motivo di impugnazione concernente la mancata applicazione del beneficio della sospensione condizionale.

Invero a riguardo emerge dal testo del provvedimento impugnato, che il giudice ha reso congrua motivazione, evidenziando che l’imputato aveva ottenuto in precedenza il beneficio ed escludendo una prognosi favorevole alla applicazione della sospensione.

Tale motivazione deve ritenersi rispondente ai criteri normativi, e incensurabile, nella specie, essendo manifestazione del potere discrezionale del giudice di merito.

Va dunque pronunziato il rigetto del ricorso, a cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2013

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