Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-01-2013) 10-05-2013, n. 20215

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza resa il 7 febbraio 2011 e depositata il 16 aprile 2012 la Corte di appello di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’opposizione proposta da Mo.

A., M.F., M.G., M.I. A., Mi.Gi. e M.S.C. avverso il provvedimento del giorno 8 maggio 2009 dispositivo del sequestro preventivo e della confisca, D.L. n. 306 del 1992, ex art. 12-sexies convertito in L. n. 356 del 1992, di dieci fabbricati e sei terreni posti in (OMISSIS), nonchè di una autovettura, confisca col legata alla condanna definitiva di M.F., marito della Mo. e padre degli altri destinatari del provvedimento, alla pena di anni otto di reclusione ed Euro 32.020,33 di multa per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, beni tutti formalmente di proprietà della Mo. ma, per il G.E., nella reale disponibilità del marito. A sostegno della decisione il G.E. argomentava, quanto al procedimento, che i figli dei coniugi M. – Mo., in quanto estranei alla titolarità anche formale dei beni confiscati, non erano legittimati ad alcuna opposizione, salva la rispettiva facoltà di tutelarsi quali terzi titolari dei beni e che, quanto al merito, sussisteva nella fattispecie una evidente sproporzione, valutata nel momento dei singoli acquisiti, tra i redditi dichiarati dalla Mo. e dal marito ed il valore economico dei beni confiscati, come evidenziato dalle risultanze peritali acquisite al processo. Da queste risultava infatti provato che: nel periodo 1988/1997 la Mo. acquistò ed edificò beni per un valore, rispettivamente, di Euro 24.530,00 ed Euro 348.200,00 a fronte di redditi familiari percepiti per Euro 11.254,11; nel periodo 1998/2005 vennero eseguiti ampliamenti e nuovi immobili per Euro 46.480,00 a fronte di redditi percepiti per Euro 32.454,00 da parte della Mo. e per Euro 20.986,58 da parte del M.; nel periodo 2006/2009 vennero acquistati beni immobili ed un’autovettura per Euro 95.900,00 e realizzate costruzioni ed ampliamenti per Euro 122.560,00, a fronte di redditi percepiti pari ad Euro 38.054,00 da parte della Mo. ed Euro 19.257,00 da parte del M.. La Corte, inoltre, escludeva la possibilità di considerare, ai fini della ritenuta sproporzione: a) i redditi dei figli, in quanto appena sufficienti per il loro fabbisogno di vita quotidiana, b) un indennizzo assicurativo denunciato pari a 95.000.000 di lire, perchè non provato, c) la pensione materna della Mo. ed i relativi arretrati, perchè necessariamente utilizzati per le necessità della pensionata, d) il mancato pagamento di importanti fatture della ditta De Luca, fornitrice di materiale edilizio, perchè inverosimile la pendenza creditoria a distanza di tanti anni, e) operazioni di riscossione e di gestione commerciale riferibili al figlio M.I., perchè ricadenti in periodo non utile, il 2009.

2. Ricorrono avverso tale ordinanza i coniugi Mo. insieme ai loro figli, assistiti dal comune difensore di fiducia, che a sostegno della impugnazione sviluppa dieci motivi di ricorso, ai quale premette l’eccezione di costituzionalità della norma di riferimento, il D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, come da conversione in legge, in relazione agli artt. 24, 25 e 27 Cost., art. 11 Cost., commi 2, 3 e 4, art. 41 Cost., nonchè violazione degli artt. 6 della CEDU e art. 111 Cost., sul rilievo che il procedimento di tutela del soggetto destinatario del provvedimento ablatorio è gravemente compromessa dalla presunzione di legge, che occorre contrastare, integrante una inversione dell’onere probatorio sostanzialmente comportante il tramutamento della presunzione relativa in presunzione assoluta, peraltro priva di limiti temporali di utilizzabilità.

2.1 Col primo motivo denuncia la difesa ricorrente difetto di motivazione e violazione di legge in relazione al D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies, sul rilievo che tutti i beni sono stati riferiti alla proprietà formale di Mo.Ag. ed a quella sostanziale del marito, senza alcuna considerazione del dato di fatto ineludibile che in alcuni di essi vivono i figli della coppia con le rispettive famiglie, circostanza che contraddice la ritenuta disponibilità diretta dei beni in sequestro da parte di M. F..

2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa istante difetto di motivazione nel provvedimento impugnato là dove esclude dalla valutazione di proporzionalità tra beni e redditi sottesa alla confisca, i redditi di tutti i familiari conviventi nello stesso complesso immobiliare ed in particolare dei figli dei coniugi Mo. / M., redditi complessivi i quali, se conteggiati, avrebbero comportato la quantificazione reddituale, nel ventennio considerato dai giudicanti, in Euro 759.041,39 in luogo della somma di Euro 308.578,00 fissata dal perito.

2.3 Col terzo motivo di impugnazione denuncia la difesa istante violazione di legge e difetto di motivazione là dove è stato ritenuto non provato l’introito di circa 96.000.000 di lire per un indennizzo assicurativo da danni da incendio, là dove di esso da conto la stessa relazione in atto della DIA la quale, ottenendo dalla compagnia le informazioni negate al privato, ha confermato che alla Mo., nel 1989, vennero erogate per il titolo detto lire 70.000.000, somma della quale pertanto il giudice di merito dovrà necessariamente tenere conto per quanto acquisito e realizzato in quel periodo.

2.4 Col quarto motivo di impugnazione lamenta la difesa ricorrente violazione di legge e difetto di motivazione là dove la corte di merito contrasta la prova di aver edificato con materiali allo stato non ancora pagati, prova data attraverso la esibizione delle relative fatture e della prova contabile proveniente dal creditore, con l’argomento che l’assunto difensivo si appaleserebbe "del tutto illogico", dappoichè si confuta un dato documentale con una ipotesi di illogicità.

2.5 Col quinto motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente violazione di legge e difetto di motivazione là dove la corte di merito nega rilievo contabile ai fini del presente giudizio alla percezione, da parte della Mo., della pensione materna e dei relativi arretrati.

2.6 Col sesto motivo di impugnazione denuncia ancora la difesa ricorrente difetto di motivazione e violazione di legge in relazione alla mancata considerazione, ai fini del giudizio, dei dedotti introiti dei figli della coppia M. – Mo. perchè acquisiti nel 2009, anno indicato dalla corte territoriale come estraneo alla disanima in atto contro ogni evidenza e contro le stesse conclusioni peritali, assunte in blocco nella motivazione proprio fino al 2009. Con lo stesso motivo censura la difesa l’omissione totale dalle valutazione giudiziali dell’introito della somma di 100.000.000 di lire a titolo di mutuo da parte di M. G., omissione rimasta senza giustificazione motivazionale.

2.7 Col settimo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla illogica ed ingiustificata enfatizzazione delle risorse economiche necessarie per le esigenze della vita quotidiana, per un verso concettualmente utilizzate per assorbire ogni reddito dei figli di M.F., e per altro verso, conteggiate in astratto e senza alcun riferimento concreto alle reali esigenze della famiglia M. ed ai modi di abituale soddisfazione delle medesime. I M. inoltre hanno soltanto di recente acquisto la documentazione tedesca relativa ai redditi familiari percepiti dal 1994 al 2007 in Germania ammontanti a circa 350.000,00 Euro.

2.8 Con l’ottavo motivo di impugnazione denuncia ancora la difesa ricorrente violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al confronto eseguito nell’ordinanza tra beni acquisiti e redditi percepiti, confronto effettuato con criterio temporale identico, mentre è regola di esperienza che si acquisti e si costruisca quando si gode di risparmi accumulati negli anni precedenti e di questa opportunità nulla dice la motivazione perchè nulla richiesto di accertare ai periti. Deduce al riguardo il difensore che i M., prima del 1988, hanno sempre lavorato, presso un’autodemolizione, propria, M.F., presso piccole imprese edili gestite in proprio i figli, ma di tanto la corte non ha tenuto conto immotivatamente.

2.9 Col nono motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla quantificazione del valore dei beni realizzati, che non ha tenuto conto dell’apporto in lavoro dei M., tutti esperti muratori, e della circostanza del mancato pagamento ad oggi di parte del materiale utilizzato per immobili descritti dal perito stesso come estremamente semplici.

2.10 Col decimo ed ultimo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente violazione di legge e difetto di motivazione là dove non risulta nemmeno tentata una valutazione parziale o per singoli beni della denunciata sproporzione.

3. Il Procuratore Generale in sede, con motivata requisitoria scritta, concludeva per l’annullamento con rinvio della impugnata ordinanza.

4. Le conclusioni del P.G. meritano di essere condivise, anche in relazione alla eccepita incostituzionalità delle norme di riteripiento ed al loro contrasto con l’art. 6 della CEDU. Al riguardo si richiamano Cass. sez. 1, 21357/2008, C. Cost. n. 18/1996 e CEDU Bocellari e Rizza co Italaia, 28 10.2004, che. sotto i vari profili hanno negato fondamento alle tesi difensive confermando la coerenza costituzionale ed ai principi della CEDU della confisca per cui è causa.

4.1 Quanto al merito, giova invece premettere che le condizioni necessarie e sufficienti per disporre la confisca di beni a norma del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies, commi 1 e 2, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, n. 356 (modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), consistono nella accertata configurabilità di una delle ipotesi criminose previste dalle norme citate, nonchè nella presenza di seri indizi in ordine alla sussistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi (Cass., Sez. Unite, 19/01/2004, n. 920 e da ultimo Cass., Sez. 1, 19.1.2007, n. 15908).

A tale ultimo proposito è stato poi affermata l’irrilevanza del requisito della "pertinenzialità" del bene rispetto al reato per cui si è proceduto, di guisa che la confisca dei singoli beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna o che il loro valore superi il provento del medesimo reato (sempre: Cass., Sez. Unite, 19/01/2004, n.920).

Tanto sul rilievo che la funzione della norma di riferimento è quella di stabilire una presunzione relativa di illecita accumulazione in presenza di patrimoni nella disponibilità di imputati di reati, articolarmente significativi nella prospettiva dell’arricchimento criminale.

E’ appena il caso di sottolineare, infine, che la confisca in parola, secondo quanto disposto dall’art. 12 sexies, comma 1 legge cit., può riguardare "denaro", "beni" o "altre utilità" di cui, "anche per interposta persona fisica o giuridica", "il condannato" risulti "essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo". Tale disposizione, infine, va letta ed interpretata alla luce del principio generale di cui all’art. 240 c.p., comma 3, relativo all’istituto della confisca ordinaria, di cui quella atipica in esame costituisce figura speciale, di guisa che l’istituto in parola non può mai trovare applicazione in danno del proprietario estraneo al reato (Cass., Sez. 1, 21.4.2004, n. 21860).

4.2 Tanto premesso sul piano dei principi, ad avviso della Corte nel caso di specie il giudice territoriale non ha fatto di essi puntuale applicazione.

In adesione a quanto opportunamente rilevato dal P.G. in sede, ritiene il Collegio che da parte dei ricorrenti siano stati provati consistenti introiti in denaro e significative circostanze fattuali del tutto ignorate nella motivazione impugnata nonostante la loro estrema significatività ai fini della delibazione nella fattispecie richiesta dalla legge circa la proporzionalità tra l’attivo familiare conseguito negli anni ed il valore dei beni confiscati. Il G.E., in particolare, non ha considerato i redditi dei figli dei coniugi M. – Mo., esclusione questa del tutto ingiustificata in costanza di precise e decisive circostanze, quali l’uso abitativo da parte dei medesimi degli alloggi confiscati e la loro capacità di artigiani muratori, che rendono (l’una e l’altra circostanza) del tutto verosimile l’apporto materiale dai medesimi dato alla realizzazione del manufatti ed al contenimento dei relativi costi di costruzione.

Non risulta inoltre considerata nell’attivo conseguito dalla famiglia nel 1989, a titolo di rimborso assicurativo, la considerevole somma di L. 70.000.000 e risulta del pari immotivatamente non considerato il mutuo di 100.000.000 ottenuto nel 1994 da parte di M. G., almeno in parte utilizzato per la realizzazione dei manufatti in contrada (OMISSIS).

Ancora in assenza di argomentazioni logiche risultano esclusi dalla capacità reddituale familiare i redditi provenienti dalle esperienze lavorative fatte in Germania da componenti della famiglia, i redditi familiari conseguiti nel 2009 e la pensione mensile della madre della Mo..

Su tali singoli punti non appaiono coerenti le motivazioni apprestate dal G.E., giacchè nel periodo preso in considerazione, diversamente da quanto opinato dal giudice territoriale, vi è anche il 2009, mentre è irreale che l’intera pensione della genitrice della Mo. si esaurisca per le esigenze della pensionata, attesa la convivenza della medesima presso la figlia.

Neppure motivazione alcuna è stata articolata in sede di merito al fine di escludere l’indennizzo per ingiusta detenzione conseguito da uno dei figli della coppia ed il reddito da lavoro percepito dal condannato nell’attività di carrozziere ed autodemolitore.

Oggettivamente priva di sostegno motivazionale appare, infine, la confisca dell’autovettura, bene di largo e comune consumo da parte della quasi totalità della popolazione italiana, che ne fruisce nella generalità indipendentemente dai livelli di reddito. Palese, in conclusione, l’insufficienza di una disanima globale da parte del G.E. della complessiva capacità reddituale espressa dalla famiglia del condannato e da questi nel periodo considerato e la necessità di un nuovo esame di essa alla luce delle omissioni come innanzi evidenziate.

P.Q.M.

la Corte, annulla,l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte Assise di Lecce.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2013
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