Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-08-2012, n. 13858

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con separati ricorsi gli odierni intimati, in qualità di dipendenti della Fondazione "I. A. R.", chiesero al giudice del lavoro del Tribunale di Aosta la condanna di quest’ultima al pagamento delle differenze retributive maturate dall’1/7/01 al 31/12/03 sull’indennità di bilinguismo prevista dalla contrattazione collettiva aziendale assumendo di averla percepita, nel suddetto periodo, non in base al maggior importo contemplato dal CCRL del Comparto unico regionale, bensì in virtù di quello precedentemente goduto.
Il giudice adito respinse i ricorsi dopo aver rilevato che acquisiva valore dirimente la portata novativa del contratto collettivo aziendale del 23/8/05, in quanto in quest’ultimo l’indennità in esame era stata indicata con riferimento all’importo attuale per ciascun livello, all’ammontare dell’aumento ed al nuovo importo dovuto. A seguito di impugnazione dei lavoratori la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 18/11-4/12/08, previa riunione dei ricorsi, accolse il gravame e riformò la sentenza gravata, condannando la Fondazione alle differenze richieste sulla base delle seguenti considerazioni: contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, nessun effetto novativo scaturiva dal contratto collettivo aziendale del 2005 rispetto al precedente accordo del 2001; la norma dell’art. 18 del contratto collettivo aziendale del 9/2/2001 faceva riferimento per l’indennità di bilinguismo alle norme in vigore per i dipendenti regionali relativamente agli importi ed alle modalità di erogazione; il richiamo operato da tale norma collettiva agli importi stabiliti dal D.M. nel corso dei vari bienni trascorsi era da intendere riferito alla sola comparazione tra livelli e fasce di inquadramento ai fini della determinazione degli importi iniziali, essendovi a quell’epoca uniformità tra gli importi indicati dai decreti ministeriali e quelli dei dipendenti regionali, per cui gli appellanti avevano ragione a pretendere le differenze sui maggiori importi scaturenti dall’applicazione della contrattazione aziendale.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la Fondazione "I. A. R." che affida l’impugnazione a quattro motivi di censura.
Resistono con controricorso gli intimati lavoratori di cui in epigrafe, i quali propongono ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi, in relazione alla lamentata violazione dei minimi tariffari delle spese legali.
Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Col primo motivo la Fondazione ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, commi 4 e 5, del contratto collettivo aziendale 2000-2003 e dell’art. 22 e allegata tabella B) dei contratto collettivo aziendale 2004-2007, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Si contesta, in particolare, la decisione della Corte territoriale nella parte in cui è stato escluso che il contratto collettivo del 23/8/05 potesse avere valore novativo rispetto a quello precedentemente stipulato per il periodo 2000/2003 e si formula il seguente quesito di diritto: "Se l’art. 22 e le tabelle allegate B ed H del contratto collettivo aziendale di lavoro 2004-2007, che riportano le misure dell’indennità di bilinguismo relative al periodo 2000-2003 e le nuove misure dell’indennità spettanti dal 1 gennaio 2004, calcolate sugli importi relativi al periodo precedente, assumano carattere ricognitivo e confermativo, integrando nella fattispecie riconoscimento implicito della validità delle misure dell’indennità erogate dalla Fondazione per il periodo 2000-2003 in base al decreto del Ministero del Tesoro del 22/12/1992".
In pratica, secondo l’assunto della ricorrente, l’art. 22 del contratto collettivo aziendale 2004 – 2007 aveva stabilito un adeguamento dal 1 gennaio 2004 dell’indennità di bilinguismo spettante al personale della Fondazione nelle misure riportate nell’allegata tabella "B" e determinate mediante aumento degli "importi attuali", vale a dire di quelli stabiliti con D.M. Tesoro 22 dicembre 1992, corrisposti allo stesso personale nel periodo 2000- 2003. Quindi, la specifica previsione di cui all’art. 22 e alle allegate tabelle B ed H del contratto collettivo aziendale 2004-2007 non poteva che assumere il significato di un riconoscimento implicito della validità degli importi dell’indennità corrisposti in base all’apposito D.M. nel periodo 2000-2003. Ne conseguiva che il richiamo operato nel contratto 2004-2007 agli importi in vigore nel periodo 2000-2003, sui quali erano stati calcolati gli aumenti spettanti dall’1/1/2004, assumeva carattere ricognitivo e di riconoscimento implicito per facta concludentia della validità degli importi fissati per tale periodo in base all’apposito D.M..
Invece, il giudice d’appello ha ritenuto che il nuovo contratto collettivo aziendale del 23/8/2005, relativo al periodo 2004-2007, non conteneva alcuna determinazione in ordine a periodo anteriore ed il fatto che nella allegata tabella B, relativa all’indennità di bilinguismo, fosse stata utilizzata la locuzione "importi attuali" stava semplicemente ad indicare quanto concretamente erogato fino a quel momento, cioè l’importo base sul quale avrebbe dovuto essere operato l’aumento concordato, ma non denotava alcun "animus novandi" delle parti relativamente al periodo precedente. Diversamente, aggiunge la Corte di merito, la Fondazione non avrebbe avuto bisogno di far riferimento, nel corso del tentativo di conciliazione espletato due giorni dopo la stipula del contratto, al fatto che l’accordo del 2001, come quelli precedenti, era stato stipulato nello spirito di riconoscimento degli importi e dei relativi aumenti con riferimento al D.M. ma avrebbe dato atto di un intercorso accordo novativo tra le parti e dell’estinzione di ogni obbligazione assunta in forza dell’art. 18 del contratto collettivo del 2001.
2. Col secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, commi 4 e 5, del contratto collettivo aziendale 2000- 2003 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e si pone il seguente quesito di diritto: "Se le norme in vigore per i dipendenti regionali richiamate dall’art. 18, comma 5 del contatto collettivo aziendale 2000-2003 siano quelle in vigore alla data di sottoscrizione del contratto contenute nella L.R. n. 58 del 1988 che, attraverso il D.P.C.M. n. 287 del 1988 individuano l’apposito decreto del Ministro del Tesoro quale base per la determinazione degli importi dell’indennità spettanti nel periodo 2000-2003, oppure se tale decreto nel corso del predetto quadriennio contrattuale sia divenuto inapplicabile per il personale della Fondazione in forza del CCRL 24/12/2002 relativo ai dipendenti degli enti pubblici locali confluiti nel "comparto unico" di cui alla L.R. n. 45 del 1995, 37." Si sostiene, in concreto, che anche a non volersi riconoscere al contratto collettivo aziendale 2004-2007 valore confermativo degli importi dell’indennità di bilinguismo spettanti nel precedente periodo 2000-2003, non si può, comunque, ignorare il fatto che l’art. 18 del precedente contratto aveva previsto che l’indennità in esame sarebbe stata erogata secondo gli importi stabiliti dall’apposito D.M. n. 287 del 1988, a sua volta richiamato come base di riferimento dalla L.R. 9 novembre 1988, n. 58.
Attraverso tale ricostruzione interpretativa si contrasta, dunque, quella adottata nella sentenza impugnata per la quale, in mancanza di un’espressione che indicasse in modo inequivocabile che le parti intendevano far riferimento alle norme regionali vigenti al momento della sottoscrizione dell’accordo aziendale, il riferimento nel testo contrattuale alle norme in vigore per i dipendenti regionali poteva essere inteso solo come rinvio formale alla fonte, cioè alla contrattazione collettiva per i dipendenti regionali, contrattazione che comprendeva tutte le successive modificazioni a cui erano sottoposte le norme contrattuali richiamate.
3. Col terzo motivo ci si lamenta dell’omessa pronuncia in merito alla eccepita parziale prescrizione del preteso credito retribuivo per dieci dipendenti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e si formula il seguente quesito: "Se costituisca vizio della sentenza impugnata l’omessa pronuncia del giudice a quo sulla parziale prescrizione della pretesa dei dipendenti che hanno per la prima volta chiesto il conguaglio dell’indennità di bilinguismo per il periodo 1/7/2001 – 31/12/2003 con i ricorsi notificati a fine anno 2007".
4. Oggetto del quarto motivo di censura è la violazione dell’art. 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in quanto ci si duole dell’eccessività delle spese di lite liquidate dal giudice d’appello a carico della soccombente e si chiede di accertare "se l’impugnata sentenza, in rapporto agli aspetti processuali e sostanziali della vicenda, risulti in ordine alla statuizione sulle spese in contrasto con oggettivi principi di giustizia sostanziale e configuri una violazione di legge con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione all’art. 92 c.p.c.".
A loro volta i lavoratori intimati propongono ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi.
1. a) Col primo motivo gli intimati dipendenti censurano la violazione e/o errata applicazione ed interpretazione di norme di diritto e, in particolare, dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 1 e delle tabelle A e B del D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127 adottato in conformità al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 57 convertito in L. 22 gennaio 1934, n. 36 (art. 360 c.p.c., n. 3), dolendosi del fatto che il giudice d’appello non ha rispettato, nella liquidazione delle spese di lite, i minimi di tariffa previsti dal D.M. n. 127 del 2004.
2. b) Col secondo motivo essi si dolgono dell’omessa o quantomeno insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza in ordine a punti decisivi della controversia ed in particolare in merito alla mancata motivazione in ordine al mancato rispetto dei minimi tariffari con riferimento alle spese di primo grado (art. 360 c.p.c., n. 5).
Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Osserva la Corte che t primi due motivi del ricorso principale possono essere trattati congiuntamente in quanto involgono, sotto differenti aspetti, la stessa questione della interpretazione del contratto collettivo aziendale sulla base del quale il giudice d’appello ha riconosciuto ai lavoratori le differenze economiche pretese a titolo di maggiori importi contrattuali per l’indennità di bilinguismo. Ebbene, entrambi i motivi sono infondati per la semplice ragione che l’interpretazione delle norme della contrattazione collettiva è riservata al giudice di merito e non è suscettibile di riesame in sede di legittimità se non per violazione dei canoni di ermeneutica e per vizi di motivazione, vizi, questi, che nella fattispecie non è dato rinvenire, risolvendosi le censure in una mera contrapposizione della tesi interpretativa di norme collettive da parte della ricorrente all’operazione interpretativa delle stesse eseguita dal giudice d’appello, senza che sia nemmeno specificato quali sono i canoni ermeneutici che sarebbero stati violati nella fattispecie.
Invero, non può non evidenziarsi che, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, sia la denunzia del vizio di motivazione, esigono una specifica indicazione.
Si è, infatti, già avuto modo di affermare (Cass. sez. lav. n. 6641 del 2/5/2012) che "nel giudizio di legittimità le censure relative all’interpretazione del contratto collettivo offerta dal giudice di merito possono essere prospettate unicamente sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e della insufficienza o contraddittorietà della motivazione, mentre la semplice contrapposizione dell’interpretazione proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata non rileva ai fini dell’annullamento di quest’ultima; la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica e la denuncia del vizio di motivazione esigono la specifica indicazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni dell’obiettiva deficienza o contraddittorietà del ragionamento del giudice, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione di un’interpretazione diversa da quella criticata. (Fattispecie relativa agli artt. 51 e 52 del c.c.n.l. per il personale delle farmacie municipalizzate, interpretati dal giudice di merito nel senso della spettanza del preavviso, o dell’indennità sostitutiva, al dipendente collocato a riposo per raggiunti limiti d’età anche nel caso di opzione di trattenimento in servizio ex art. 6 del d.l. n. 791 del 1981, conv. in L. n. 54 del 1982; la S.C., ritenendo coerente tale interpretazione, ha respinto il ricorso del datore di lavoro, che si era limitato a proporre l’interpretazione opposta e a criticare genericamente la motivazione dell’impugnata sentenza).(conf. anche a Cass. sez. lav. n. 23635 del 22/11/2010 e a Cass. sez. lav. n. 6435 del 19/3/2007).
Nè può sottacersi che l’interpretazione della normativa collettiva aziendale è stata correttamente operata dal giudice d’appello alla stregua di un’attenta ricostruzione storico-normativa delle fonti di riferimento.
Infatti, nella sentenza impugnata è evidenziato che la L.R. 9 novembre 1988, n. 58 della Regione Autonoma Valle d’Aosta aveva esteso l’attribuzione dell’indennità di bilinguismo al personale dipendente dell’amministrazione regionale a decorrere dall’1/1/1986, recependo il contenuto normativo del D.P.C.M. 30 maggio 1988, n. 287 (norme per la corresponsione dell’indennità di bilinguismo al personale dei comparti del pubblico impiego in servizio presso uffici o enti ubicati nella Regione Autonoma Valle d’Aosta), ivi compresa la rivalutazione biennale con decreto del Ministero del Tesoro. Tale disciplina non era, però, applicabile al personale della Fondazione "I. A. R." che era persona giuridica di diritto privato, per cui già col contratto aziendale del 19/2/90 era stata prevista l’attribuzione dell’indennità in esame anche ai dipendenti della Fondazione, attribuzione poi reiterata coi contratti collettivi aziendali dell’8/10/96 e del 9/2/01.
Tuttavia, a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, iniziata a livello statale col D.Lgs. n. 29 del 1993 ed a livello regionale con la L.R. n. 45 del 1995 della Val d’Aosta, il Ministro del Tesoro non aveva più emanato alcun decreto di adeguamento degli importi dell’indennità di bilinguismo, essendo il trattamento economico ormai demandato all’autonomia collettiva. Ne conseguiva che per la prima volta i dipendenti del comparto unico della Valle d’Aosta avevano beneficiato di un aumento degli importi dell’indennità di bilinguismo grazie al C.C.R.L del 24/12/2002, il cui art. 41 aveva previsto l’attribuzione di nuove misure della suddetta indennità a decorrere dall’1/7/2001 superiori a quelle previste dall’ultimo decreto emanato dal Ministro del Tesoro nel 1992. In tale quadro normativo si collocava la pretesa degli odierni intimati di percepire l’indennità in esame nel maggior importo riconosciuto a decorrere dall’1/7/01 dal C.C.R.L del comparto unico regionale, in virtù del rinvio operato dall’art. 18 del contratto collettivo aziendale del 9/2/2001 alle "norme in vigore per i dipendenti regionali, relativamente agli importi e alle modalità di erogazione" dell’indennità di cui trattasi.
Quanto al terzo motivo di censura, inerente il vizio di omessa pronunzia in merito alla eccezione parziale della prescrizione quinquennale del credito di dieci dipendenti nominativamente indicati, si osserva che lo stesso è infondato. Invero, nella sentenza d’appello è chiaramente spiegato che la rivendicazione delle spettanze di cui all’art. 18 del contratto vigente fu avanzata dalle 00.SS. e dalle RSU con lettera del 16/11/04 (documento n. 6 di parte appellata), per cui tra quest’ultima data e quella delle decisioni di primo grado del 22 – 28/2/2007 non trascorsero nemmeno tre anni. Deve, pertanto, dedursi che la suddetta eccezione è stata implicitamente rigettata e non è, perciò, ravvisabile un vizio di omessa pronunzia.
Si è, infatti, affermato (Cass. Sez. 3, n. 14486 del 29/7/2004) che "non ricorre il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia se l’omissione riguarda una tesi difensiva o un’eccezione che, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto della tesi o dell’eccezione, sicchè il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 cod. proc. civ.), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto".
Infine, l’ultimo motivo, che verte sulla lamentata eccessività della liquidazione delle spese di lite, presenta sia un profilo di inammissibilità per la parte inerente la dedotta violazione di legge, in quanto contiene un quesito astratto che non indica la "regula iuris" alla quale il giudice avrebbe dovuto attenersi, non essendo sufficiente a tal fine il semplice richiamo all’art. 92 c.p.c. senza ulteriori specificazioni, sia un elemento di infondatezza in ordine al lamentato vizio motivazionale, posto che la censura è generica e non è supportata, in violazione del principio dell’autosufficienza, dalla specifica indicazione delle voci di spesa e dei criteri violati.
Si è, al riguardo, statuito (Cass. Sez. 3, n. 20904 del 27/10/2005) che " in sede di ricorso per cassazione la determinazione del giudice di merito relativa alla liquidazione delle spese processuali può essere censurata solo attraverso la specificazione delle voci in ordine alle quali lo stesso giudice sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che il mero riferimento a prestazioni che sarebbero state riconosciute in violazione della tariffa massima, senza la puntuale esposizione delle voci in concreto liquidate dal giudice, è da qualificarsi generico, con derivante inammissibilità dell’inerente motivo".
In definitiva, il ricorso principale va rigettato.
La natura solo condizionata del ricorso incidentale ne comporta l’assorbimento. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno poste a suo carico nella misura liquidata come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura di Euro 3000,00 per onorario, oltre Euro 50,00 per esborsi, nonchè IVA, CPA e spese generali ai sensi di legge.
Così deciso in Roma, il 11 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2012

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