Cass. civ. Sez. V, Sent., 03-08-2012, n. 14062

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con ricorso notificato al Ministero dell’Economia e delle Finanze ed all’Agenzia delle Entrate, la s.r.l. P. – premesso che "con ricorso spedito … in data 23 dicembre 2003" aveva impugnato "la cartella di pagamento … concernente IVA per l’anno … 1999" ("Euro 51.582,80 comprensiva di sanzioni e di interessi") -, in forza di tre motivi, chiede di cassare la sentenza indicata in epigrafe che ha accolto l’appello dell’Ufficio.
L’Agenzia ha depositato mero atto di costituzione; il Ministero non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. In via preliminare va rilevata ex officio e dichiarata la inammissibilità del ricorso per cassazione proposto contro il Ministero atteso che questo ente non risulta abbia preso parte a nessuno dei precedenti gradi di merito: il "ricorso" di primo grado, infatti, come deduce la stessa ricorrente, è stato "spedito … in data 23 dicembre 2003" soltanto "all’Agenzia delle Entrate Ufficio di Roma 7".
2. La Commissione Tributaria Regionale – esposto aver l’Ufficio (a) dichiarato di "non aver rinvenuto la dichiarazione IVA 1988 che evidenziava il credito IVA riportato nella dichiarazione 1999" e (b) sottolineato essere "interesse … del contribuente presentare copia della dichiarazione richiesta …"; "rileva(to) che la documentazione allegata al ricorso riguarda le dichiarazioni IVA 1999 e seguenti" -, ha recepito l’appello dell’Ufficio affermando di dedurre ("deduce"), "in assenza dello stampato della dichiarazione IVA 1998", che "la dichiarazione annuale 1998 non sia stata presentate, sebbene, probabilmente, la società effettivamente riportava il credito IVA indicato nella dichiarazione 1999".
3. La società – assunto aver in primo grado eccepito che "la cartella" si appalesava "illegittima stante" (1) "il difetto assoluto di motivazione e di prova" ("non riportava in allegato neppure la …
comunicazione che a dire dell’Ufficio sarebbe stata predisposta in data 12 marzo 2002"), (2) "l’assoluta carenza del presupposto impositivo" e (3) la "violazione e falsa applicazione di legge" – censura la decisione per tre motivi:
(1) "violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52" per mancanza dell’"autorizzazione" ad "esperire il mezzo di gravame", sostenendo che "la mancata sottoscrizione in calce alla barratura utilizzata solitamente per firmare l’atto "in via vicaria"" costituisce "motivo di inammissibilità del gravame D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 52, rilevabile anche d’ufficio …, stante la necessità per l’ufficio periferico di acquisire l’autorizzazione da parte del responsabile dell’ufficio contenzioso tributario";
(2) "violazione e falsa applicazione" del "D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57" (per il quale ""nel giudizio di appello non possono proporsi domande nuove""), affermando che l’Ufficio in primo grado si era limitato ad "eccepire una … inammissibilità del ricorso" ma non aveva "minimamente" contestato "la sussistenza del credito riferito all’annualità 1998" alla quale essa contribuente, "nonostante l’assoluto difetto di motivazione dell’atto impugnato", "aveva arguito potesse riferirsi la pretesa, stante la coincidenza delle cifre": "la mancata presentazione della dichiarazione per il 1998", pertanto, era stata eccepita "tardivamente" ("così determinando l’… inammissibilità dell’appello");
(3) "violazione e falsa applicazione" del "D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30, 54 e 55", asserendo che "la mancata presentazione della dichiarazione IVA" non costituisce, "di per se stessa", "situazione legittimante il disconoscimento del credito dell’eccedenza di imposta per l’annualità in contestazione" e non fa "decadere il contribuente dalla possibilità di richiedere il credito ex art. 30 citato" ma legittima, "di contro", "l’Ufficio ad operare in via induttiva alfine di operare l’accertamento dell’imposta computando la detraibilità soltanto dei versamenti e dell’IVA a credito risultanti dalle dichiarazioni mensili o trimestrali".
4. Il ricorso deve essere respinto.
A. L’infondatezza del primo motivo discende dal principio – da tempo affermato da questa Corte (Cass., un., 14 gennaio 2005 n. 604, da cui gli excerpta che seguono, seguita da Cass., trib.: 22 settembre 2006 n. 20516, 28 giugno 2007 n. 14912, 12 ottobre 2007 n. 21473, 11 marzo 2010 n. 5928, ex multis), che va ribadito per carenza di qualsivoglia argomentazione contraria – secondo cui la disposizione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 52, comma 2, abrogato dal D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 3, comma 1, lett. c), per la quale "gli uffici periferici del dipartimento delle entrate devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’appello principale dal responsabile del servizio contenzioso della competente direzione regionale delle entrate; gli uffici del territorio devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’appello principale dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione compartimentale del territorio" non è "più suscettibile di applicazione nell’intervenuta operatività della normativa, di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che ha istituito le agenzie fiscali, attribuendo ad esse la gestione della generalità delle funzioni in precedenza esercitate dai dipartimenti e dagli uffici del Ministero delle finanze, e trasferendo alle medesime i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze, da esercitarsi secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia (art. 57)", essendo "palese che, nell’intervenuta soppressione di tutti gli uffici ed organi ministeriali ai quali essa fa riferimento, si deve escludere che da detta norma possano farsi discendere condizionamenti al diritto delle agenzie, e, in particolare, dell’Agenzia del demanio, di impugnare in appello le sentenze delle commissioni tributarie provinciali ad esse sfavorevoli".
B. La carenza di fondamento della seconda doglianza (".violazione e falsa applicazione" del "D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57") risulta evidente sol considerando la natura impugnatoria del processo tributario, la quale, come noto (Cass., trib., 13 ottobre 2006 n. 22010, che richiama "Cass., trib., 7 marzo 2002 n. 3345;… trib., 3 dicembre 2001 n. 15234;… trib., 22 marzo 2002 n. 4125"), "circoscrive il dibattito alla pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati ma entro i limiti delle contestazioni mosse dal contribuente" .
In conseguenza, la "preclusione" dello ius novorum nel giudizio tributario di appello posta dall’art. 57 riguarda soltanto il "mutamento", "in secondo grado" "degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa", precisamente di quegli elementi posti dall’ente impositore a fondamento della pretesa fiscale contenuta nell’atto oggetto di impugnazione giurisdizionale.
Nel caso la "mancata presentazione della dichiarazione per il 1998" costituisce, per riconoscimento della stessa contribuente ("aveva arguito potesse riferirsi la pretesa, stante la coincidenza delle cifre"), la ragione stessa della richiesta dell’imposta indicata nella cartella impugnata.
C. L’ultima doglianza – della quale, peraltro, non vi è traccia nella sentenza impugnata, in cui si sostiene che "la mancata presentazione della dichiarazione IVA" non costituisce, "di per se stessa", "situazione legittimante il disconoscimento del credito dell’eccedenza di imposta per l’annualità in contestazione" -, infine, è inammissibile non essendo stata esposta (nè ravvisandosi) ragione della sua concreta rilevanza ai fini del decidere e, comunque, supponendo un motivo di ricorso, fondato (peraltro) su di un accertamento di fatto (sussistenza di una "IVA a credito risultante dalle dichiarazioni mensili o trimestrali") che il giudice di appello non menziona, che non risulta essere mai stato sottoposto all’esame della Commissione Tributaria Provinciale.
5. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese del giudizio di legittimità in quanto nessuna delle amministrazioni pubbliche intimate ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2012

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