Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 41/44/09 depositata il 3.4.2009 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla U. L. s.p.a. (già P. s.p.a.) avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso della società avverso l’avviso di accertamento iva + Irpeg + Irap emesso nei confronti della società per l’anno 2002, con cui veniva accertato un reddito imponibile ai fini Irpeg di Euro 452.319,00, un valore della produzione ai fini Irap di Euro 3.779.149,00 e una maggiore imposta ai fini iva di Euro 148.219,00.
La Commissione Tributaria Regionale accoglieva il ricorso originario della società dichiarando dovute la sola somma riferibile al recupero a tassazione di perdite su crediti per Euro 1.631,12 e annullando le sanzioni; con riferimento al rapporto con la società K. rilevava come le prestazioni di consulenza e assistenza non erano qualificabili quali "distacco di personale", come tale non assoggettabile ad iva, ma "prestito di personale" soggetto a iva.
Riformava anche la sentenza della CTP, con riferimento al rimborso spese degli agenti di commercio, considerate direttamente connesse all’attività dell’impresa e al raggiungimento dei risultati reddituali, ritenendo illegittima la ripresa a tassazione da parte dell’Ufficio.
Proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo i seguenti motivi:
a) violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) per falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 per non avere confermato la ripresa a tassazione delle spese relative al vitto, alloggio e trasporto emesse dai prestatori dei relativi servizi e non nei confronti degli effettivi fruitori del servizio (gli agenti di commercio) ma della società ricorrente, dovendo essere considerate relative al reddito di impresa degli agenti e non della società;
b) vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine alla riconducibilità dei costi agli incontri di lavoro organizzati dalla società.
c) violazione e falsa applicazione del D.P.R.E. n. 917 del 1986, art. 84 (già 102) e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 non essendo libero il contribuente di utilizzare le perdite a piacimento negli esercizi successivi, ma solo entro il quinto anno, per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi, d) vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine alle circostanze indicate dalla ricorrente, definite quali presunzioni e illazioni, sulle caratteristiche del rapporto con la K., qualificato prestito di personale, soggetto a iva.
La U. L. s.p.a. si è costituita con controricorso eccependo, preliminarmente l’inesistenza o inammissibilità del ricorso per l’erroneità delle conclusioni.
L’Agenzia delle entrate presentava memoria.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 20.6.2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione
1. In ordine logico va esaminata preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso per l’erroneità delle conclusioni.
Anche se le conclusioni, riportate nella parte dispositiva del ricorso, sono erronee facendo riferimento ad una posizione di controricorrente e non invece di ricorrente principale, non costituisce causa di inammissibilità del ricorso per cassazione formulare, per mero errore materiale, conclusioni non pertinenti nel giudizio in cui l’Agenzia delle entrate è ricorrente e riferendosi, invece le conclusioni alla posizione di contro ricorrente (assunta in giudizi diversi ma connessi oggettivamente e soggettivamente, riguardanti la stessa società), purchè le "corrette" conclusioni siano individuabili, come nella specie, dall’esame dei singoli motivi del ricorso principale. La verifica della conformità delle conclusioni dei singoli motivi rispetto a quelli indicati nelle conclusioni non deve risolversi in una applicazione formalistica e non comporta l’inammissibilità dell’impugnazione allorchè sia possibile, attraverso l’esame del contenuto del ricorso, individuare con certezza le conclusioni dell’impugnazione stessa.
2. Sono infondati il primo e secondo motivo di ricorso, logicamente connessi, in quanto le spese di vitto, alloggio e trasporto sopportate dalla società in occasione riunioni periodiche dei rappresentanti e agenti della società per la quale essi operano sono finalizzate principalmente allo sviluppo dell’attività commerciale o industriale dell’Impresa e sono connesse all’incremento del reddito, sussistendo l’inerenza tra tali spese e l’attività di impresa e sono, quindi, deducibili dall’impresa, purchè, ovviamente, come pacifico nella fattispecie, non vengano detratte dagli agenti.
Con riferimento al secondo motivo non è ravvisabile, al riguardo, l’eccepito difetto di motivazione in ordine alla causale di tale incontri e alla riconducibilità di detti costi a incontri di lavoro, desunta dai giudici di merito dalla documentazione prodotta e essendo irrilevante l’eventuale obbligatorietà degli incontri in base a accordi contrattuali.
3. Il terzo motivo difetta di autosufficienza.
Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 84 prevede che il riporto delle perdite e consentito "nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi". Il contribuente, quindi, non è libero di utilizzare le perdite a piacimento nei cinque esercizi successivi, ma deve farlo, di esercizio in esercizio, per l’importo che trova negli stessi rispettiva capienza.
Cioè solamente se nel primo esercizio immediatamente successivo non c’è capienza, le perdite potranno essere utilizzate nel periodo immediatamente successivo e solo se non vi capienza, nell’esercizio successivo e cosi via. Deduce l’Agenzia, nel caso di specie,che la perdita si riferisce all’anno 1999, è stata utilizzata nell’esercizio 2000 nei limiti di capienza, non è stata utilizzata nel 2001 nonostante tale anno si chiudesse con un reddito di Euro 1.410.740,00, mentre la parte residua è stata utilizzata nel 2002.
Tuttavia la ricorrente non allega o riproduce nel ricorso copia delle relative dichiarazioni, non esaminabili da questa Corte, da cui desumere le circostanza evidenziate, con conseguenza vizio di autosufficienza del motivo di ricorso.
4. Va, invece, accolto il quarto motivo di ricorso.
La Commissione ha desunto l’assoggettabilità all’Iva dell’operazione commerciale posta in essere dalla intimata con la K. con motivazione generica e priva di riferimenti concreti.
La L. 11 marzo 1988, n. 67, prevede che "non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo". Trattasi di norma speciale che esonera dall’imposta in base all’ammontare della somma dovuta dal distaccata rio, che ove perfettamente uguale al costo del personale, avrebbe comportato l’ininfluenza dell’operazione agli effetti dell’IVA. Tale rimborso deve essere, però, esattamente uguale alle retribuzioni ed agli altri oneri perchè ciò che occorre ai fini della irrilevanza dovendosi trattare di una operazione sostanzialmente neutra, ovverosia di una vicenda che non comporti un guadagno per il distaccante, ma nemmeno un risparmio per il distaccatario, visto che, in caso contrario, non vi sarebbe ragione di riservarle un trattamento diverso dal normale.
Le Sezioni Unite hanno affermato che In tema di IVA, ai sensi della L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8, comma 35, il rimborso del costo del personale dipendente di una società, distaccato presso altra, è esente da IVA soltanto se la controprestazione del distaccatario consista nel rimborso di una somma pari alle retribuzioni ed agli altri oneri previdenziali e contrattuali gravanti sul distaccante (Sez. U, Sentenza n. 23021 del 07/11/2011).
Pertanto come risulta dalla normativa comunitaria e nazionale (art. 9 della Direttiva 17/5/1977, n. 77/388 CEE, art. 56 della Direttiva 28/11/2006, n. 2006/112/CE ed D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 7 septies, comma 1, in cui è stato trasferito, per effetto del D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 18, il riferimento prima contenuto nell’art. 7, comma 4, lett. d), il distacco (o messa a disposizione o prestito) di personale costituisce una prestazione di servizi astrattamente destinata, come tale, ad essere assoggettata all’IVA., ma tale regola generale non può potuto trovare applicazione nel caso in cui il distaccatario si sia, come nel caso di specie, limitato a rimborsare al distaccante il solo costo dei dipendenti, in quanto le prestazioni di servizio assumevano rilevanza, ai fini del pagamento dell’Iva soltanto se ne deriva un vantaggio economico per l’utilizzatore.
Per restare fuori dal campo di applicazione dell’IVA occorre la duplice condizione che a) si tratti di un accordo in forza del quale un soggetto, al fine di soddisfare un proprio specifico interesse, metteva a disposizione di un altro delle persone a lui legate da un rapporto di lavoro subordinato, b) il distaccatario riversi al distaccante una somma esattamente pari al costo retribuivo e previdenziale dei dipendenti utilizzati, dato che il riconoscimento di un corrispettivo maggiore o minore comporta l’inapplicabilità dell’agevolazione, con conseguentemente sottoposizione ad IVA dell’intero importo pattuito.
Va sottolineata la diversità concettuale tra il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 30 (c.d. legge Biagi) che si è limitato a definire e disciplinare gli aspetti civilistici del distacco di personale, senza occuparsi di quelli tributari che, pertanto, continuano ad essere regolati dalla L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 35.
Pertanto il distacco di personale che integra in astratto una prestazione di servizi soggetta all’IVA non può, in concreto, più essere considerato tale nel caso in cui il beneficiario rimborsi al concedente il solo costo del personale utilizzato.
Irrilevanti appaiono, dunque, le circostanze, di natura civilistica, relative alla distinzione dell’istituto del "distacco di personale" dal "prestito di personale" con riferimento alle circostanze che escluderebbero il primo istituto desunte del mancato distacco fisico dei dipendenti della soc. K. presso la ricorrente, il mantenimento del potere direttivo e gerarchico della prima nei confronti dei propri dipendenti e la responsabilità della nei confronti della ricorrente dell’operato del proprio personale dipendente nonchè la temporaneità delle prestazioni.
Risulta dalle dichiarazioni del responsabile dell’Ufficio amministrativo della K. che per ogni singolo dipendente veniva addebitato io stipendio lordo, fa quota TFR, i contributi a carico dell’azienda e eventuali spese di viaggio e trasferte previste dal contratto di lavoro"; quindi emerge indipendentemente da quanto risulta dalle fatture, che la K. riversava sulla ricorrente, utilizzatrice del servizio, il costo relativo al personale. Non vi è prova di alcun margine di utile conseguito dalla intimata nella prestazione del servizio, avendo omesso di allegare o riprodurre il prospetto riepilogativo degli addebiti nonchè le dichiarazioni dei responsabili amministrativi a supporto dell’assunto, documenti non esaminabile da questa Corte.
La causa, con riferimento al quarto motivo, previa cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., non occorrendo ulteriori accertamenti, con la declaratoria della legittimità dell’avviso di rettifica relativamente all’indebita detrazione dell’Iva per il distacco di personale, confermando, nel resto, l’impugnata sentenza.
Stante la parziale reciproca soccombenza sussistono giusti motivi per compensare le spese di tutti i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo del ricorso principale, respinge gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, ex art. 384 c.p.c., dichiara la legittimità dell’avviso di rettifica relativamente all’indebita detrazione dell’Iva per il distacco di personale. Conferma, nel resto, l’impugnata sentenza Dichiara compensate le spese di tutti i gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2012
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