Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 31-01-2013) 21-03-2013, n. 13080

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Bologna, con sentenza in data 13.7.2010, parzialmente riformava quella del Tribunale di Modena del 19.12.2005, dichiarando non doversi procedere in ordine ai reati di cui ai capi b) e c) per essere estinti per intervenuta prescrizione e confermando la condanna di B.C. in ordine ai residui reati di cui ai capi a) ed e).
La Corte di Cassazione, Sezione 3^ penale, con sentenza in data 13.10.2011 annullava senza rinvio quella predetta della Corte di Appello di Bologna in ordine al reato sub capo a) perchè estinto per prescrizione ed annullava la medesima sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna per la rideterminazione della pena per il residuo reato di cui al capo e).
Avverso tale sentenza della Corte di Cassazione ricorre ora ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p. B.C. unitamente al suo difensore di fiducia.
Deduce che la Suprema Corte non aveva rilevato per errore di fatto o materiale, l’estinzione per prescrizione anche del reato di cui al capo e) (art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2 e art. 81 cpv. c.p. in danno di Ba.Lu., minore degli anni 15, a lui affidata per ragioni di custodia, fatto commesso nel periodo compreso tra (OMISSIS)).
Riportando la lunga deposizione della persona offesa, nata il (OMISSIS), individua l’età della ragazza all’epoca del fatto in 12- 13 anni più o meno; l’anno in cui avvenne il fatto era il (OMISSIS);
e la circostanza che all’epoca la predetta frequentava la prima media (aveva ripetuto l’anno) ovvero "forse più seconda. Però ricordo più prima". L’anno (OMISSIS) veniva ribadito dalla madre della ragazza nel corso della propria deposizione.
Richiama, altresì, la consulenza della dr.ssa D., laddove riferisce che la giovinetta, dopo avere riferito che il fatto avvenne quando aveva 13 anni, successivamente esponeva che poteva essere durante la prima media o verso l’inizio della seconda media senza però riuscire a dirlo con certezza.
Il ricorrente sostiene che, non essendovi certezza della data di commissione dei fatti se, cioè, la stessa fosse collocabile nel (OMISSIS) ovvero nel (OMISSIS) avrebbe dovuto, ai sensi dell’art. 531 c.p.p. e per il principio del favor rei, pronunciarsi l’estinzione del reato per prescrizione (atteso il periodo di anni 12 e mesi sei, per l’art. 157 c.p. nella nuova formulazione).
Richiama, a tal proposito, la pronuncia a Sezioni Unite di questa Corte n. 37505 del 14.7.2011 ed altre sentenza consimili di varie sezioni semplici.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile.
L’excursus stesso descritto dal ricorrente convince, proprio alla luce delle pronunce di questa Corte di legittimità richiamate, che non ricorrono i presupposti dell’istituto processuale invocato.
Infatti, come ricorda la sentenza delle Sezioni Unite sopra richiamata, "è consolidato orientamento di questa Corte, sui limiti della cognizione del giudice di legittimità in materia di ricorso ex art. 625-bis cod. proc. pen., quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280, secondo cui l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del ricorso straordinario consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso.
Tale indirizzo va confermato, assieme alla precisazione che qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configuratile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio straordinario".
Le Sezioni Unite hanno ritenuto di aderire a quel filone giurisprudenziale, che non esclude in radice la configurabilità e la rilevanza dell’errore di fatto sulla prescrizione, purchè la statuizione sul punto sia l’effetto esclusivo di un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata in mancanza dell’errore.
E’ stata invece ribadita l’inammissibilità del ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. tutte le volte che il preteso errore derivi da una qualsiasi valutazione giuridica o di apprezzamento di fatto (Cass. pen. Sez. 3, n. 15683 dell’11.3.2010, G., Rv.
246963; Sez. 2, n. 41489 del 28.10.2010, R., Rv. 248712; Sez. I, n. 41918 del 7.10.2009, L., Rv. 245058).
Ma è chiaro che con la successione di circostanze enucleate nel ricorso, si mira ad introdurre un dubbio (sollevando quelle stesse perplessità manifestate dalla Corte a proposito della data di commissione del reato sub capo a) sulla certezza della data di commissione del reato sub capo e), dubbio che dovrebbe emergere dalla valutazione della precisione dei ricordi della persona offesa e di sua madre: ciò si risolve in una questione che inevitabilmente implica una valutazione di un fatto processuale, di per sè incompatibile con la nozione di errore di fatto e comunque devoluta in via esclusiva al giudice di merito non potendo essere definita dai giudice di legittimità sulla base della lettura necessariamente parziale suggeritagli dal ricorso per cassazione.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 166 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
Infine, trattandosi di persona offesa minorenne, si deve disporre che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, comma 7 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *