Cass. civ. Sez. V, Sent., 03-08-2012, n. 14027

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Svolgimento del processo
A. Sulla scorta della denuncia di successione per la morte di B.B.R.A.M., l’Agenzia delle entrate emetteva avviso di rettifica e di liquidazione per l’importo totale di 175.034,13 Euro. I contribuenti, B.E. e M., impugnavano l’atto impositivo con riferimento ad alcuni cespiti; la CTP di Firenze rigettava il ricorso.
B. Invece, l’ulteriore gravame dei contribuenti è stato accolto dalla CTR-Toscana, con sentenza del 13 dicembre 2007. Il giudice d’appello ha ritenuto il difetto di motivazione della rettifica, atteso che, per l’immobile sito in Firenze, essa si basava su valori medi tratti dall’OMI, mentre per gli altri cespiti (46, 49, 62, 65, 75) si basava su prezzi medi di mercato "tenuto conto delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche. Emergeva, dunque, che l’Ufficio sceglieva il parametro estimativo astratto senza fornire valida dimostrazione del criterio adottato. Unicamente per il fabbricato rurale descriveva puntualmente il suo stato di degrado, ma perveniva illogicamente a valore superiore di oltre il 120% rispetto a quello dichiarato.
C. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due mezzi; i contribuenti resistono con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
D. Con il primo mezzo (e relativo quesito di diritto), la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Lamenta che la CTR ha portato il suo giudizio su cespiti estranei al processo, cioè quello sub 49, non attinto dal ricorso introduttivo dei contribuenti, e quelli sub 46-62-65-75, non attinti dall’appello degli stessi contribuenti.
E. Costoro, nel resistere con controricorso, rilevano che il cespite sub 49 non era mai entrato nel "thema decidendum" del giudizio di merito e che la contestazione del maggior valore accertato per quelli sub 46-62-65-75 era stata riproposta in appello con le parole "Ora fermo restando quanto detto ed eccepito nel ricorso principale, che in questa sede si intendono rinnovate, si argomenta quanto segue…", il tutto in relazione specificamente ai cespiti sub 1 e 68.
F. Il motivo è fondato: del tutto incomprensibile è il richiamo motivazionale del giudice d’appello all’accertamento di valore del cespite sub 49, neppure attinto dal ricorso introduttivo dei contribuenti, come essi stessi hanno riconosciuto nel controricorso.
G. Del tutto errato è pure il richiamo motivazionale del giudice di secondo grado all’accertamento di valore per i cespiti sub 46-62-65- 75, non esplicitamente attinti dall’appello, non valendo il generico riferimento "fermo restando quanto detto ed eccepito nel ricorso principale". Esso, per come genericamente formulato, ben si attaglia al semplice rinvio a quanto già "detto ed eccepito riguardo però ai soli cespiti sub 1 e 68, oggetto di esplicita doglianza in appello.
H. Peraltro, ove gli appellanti mirassero effettivamente a sottoporre l’intera controversia al giudice dell’impugnazione, ciò non giova affatto alla loro posizione processuale. Infatti, in materia d’impugnazioni civili, il requisito della specificità dei motivi dell’appello postula che alle argomentazioni della sentenza impugnata siano contrapposte quelle dell’appellante, finalizzate a inficiare il fondamento logico e giuridico delle prime, poichè le statuizioni di una sentenza non sono scindibili dalle argomentazioni che la sorreggono. E’, pertanto, necessario che l’appello contenga tutte le argomentazioni volte a confutare le ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione, non essendo al riguardo ammissibile che l’esposizione delle argomentazioni sia rinviata ad altri atti del giudizio (C. 6396/2004). L’onere di specificazione dei motivi di appello imposto dall’art. 342 c.p.c., nel processo civile, e dal D.Lgs. n. 546 del 1992, omologo art. 53, nel processo tributario, non è neppure assolto con il semplice richiamo per "relationem" alle difese di primo grado in quanto, da una parte, i motivi di gravame devono, per dettato di legge, essere contenuti nell’atto d’impugnazione e riferirsi alla decisione appellata, e tali non possono essere le osservazioni e le difese esposte prima di essa;
dall’altra, perchè un siffatto richiamo obbligherebbe il giudice "ad quem" ad un’opera di relazione e di supposizione che la legge processuale non gli affida (C. 13756/2002; SU 3602/2003).
I. L’inosservanza dell’onere di specificare i motivi integra una nullità che determina l’inammissibilità dell’impugnazione, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata o del capo di sentenza (C. 14251/2004; SU 16/2000). Trattandosi di giudicato interno – formatosi sulla pronuncia conclusiva del primo grado del procedimento riguardo ai cespiti sub 4 6-62-65-75 – esso è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (C. 3803/2004).
J. Con il secondo mezzo, la ricorrente denuncia insufficiente motivazione, avendo il giudice d’appello travisato le deduzioni del Fisco, che si riferivano ai soli due cespiti oggetto di censure, e omesso di considerare gli elementi contenuti nell’avviso rettifica e di liquidazione e nelle relazioni di stima.
K. Il motivo è fondato; questa Corte (C. 22200/2011) ha avuto modo di affermare che, in materia tributaria, la motivazione dell’atto impositivo – avendo la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’an ed il quantum della pretesa tributaria, per approntare idonea difesa – è differenziata in relazione alla funzione di ciascun atto impositivo (cfr. C. 13335/2009). In tale ottica, è necessario e sufficiente che l’avviso di accertamento enunci i criteri astratti sulla cui base è stato determinato il maggior valore, senza che possa negarsi la validità dell’avviso medesimo sol perchè sia motivato con riferimento ad elementi extratestuali (v. C. 1150/2008, 21515/2005, 11997/2003, 17762/2002, 121367/2001, 793/2000) non allegati, non costituiti da altri atti amministrativi, ma da listini di generalizzata disponibilità (v. Cass. 5755/2005).
L. Orbene, riguardo al cespite sub 1, sito in Firenze nella centrale via Venezia, l’avviso di rettifica (ritualmente trascritto in ricorso per autosufficienza), rileva che non era applicabile la cd.
valutazione automatica, poichè l’immobile aveva rendita catastale solo provvisoria e che gli eredi non avevano attivato la procedura di cui al D.Lgs. n. 340 del 1990, art. 34, comma 6. Indi, rifacendosi ai valori medi desunti dall’Osservatorio del mercato immobiliare, stima in 5.150.000 L./mq il valore unitario medio, in 184 mq la superficie dell’abitazione, in L. 947.600.000 il valore del cespite e in L. 473.800.000 il valore della quota spettante (50%).
M. Di contro, in via tautologica e apodittica, la CTR si limita ad affermare che "l’avviso di accertamento risulta motivato in modo del tutto generico e superficiale", poichè, "per l’immobile sito in Firenze la rettifica si basa sui valori medi della zona tratti dall’osservatorio dei valori immobiliari". Nulla dice il giudice d’appello sul perchè tale metodica estimativa sarebbe insufficiente, sul perchè la sentenza di prime cure (che l’ha convalidato) sarebbe erronea, su quali elementi si fonda la confutazione della parte appellante.
N. Inoltre, riguardo al cespite sub 68, l’avviso di rettifica (trascritto nel ricorso per autosufficienza "in parte qua") procede alla descrizione in dettaglio del fabbricato ubicato lungo la strada provinciale X, cd. "Podere Casanova"; inoltre, definisce le superfici, le rifiniture e lo stato di conservazione delle varie componenti; infine, indica i prezzi unitari L./mq (400 mila, piano terra; 820.000, abitazione; 8.000 resede), per un totale di 320 milioni di vecchie lire. All’atto impositivo è allegata la conforme relazione di stima dell’UTE (trascritta nel ricorso per autosufficienza "in parte qua").
O. Come è noto, l’obbligo di motivare l’avviso di accertamento di maggior valore è diretto a circoscrivere l’ambito delle ragioni adducibili dal Fisco nell’eventuale fase giudiziale e a consentire alla parte contribuente l’esercizio del diritto di difesa (C. 1150/08). Pertanto è necessario e sufficiente che l’avviso enunci i criteri astratti in base al quale è stato determinato il maggior valore (cfr., ex multis, C. 11420/1998 e 24193/2006). La CTR non nega che tali criteri siano stati indicati, ma immotivatamente censura proprio quella strutturazione ritenuta legittima, in tesi generale e sul piano formale, dalla citata giurisprudenza.
P. D’altra parte, non è condivisibile l’assunto che, in linea di principio, la mancata specifica indicazione degli immobili similari assunti a comparazione impedirebbe l’esercizio del diritto di difesa.
Infatti, preso atto del criterio di valutazione, nulla impedisce al contribuente di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale e nella specie, da quel che appare dalla sentenza d’appello, ciò sembra essere stato fatto in modo non esaustivo. Il "thema decidendum" deve essere affrontato non solo – e non tanto – in relazione all’esercizio del diritto di difesa, ma anche – e soprattutto – in relazione all’onere della prova, il cui assolvimento non risulta adeguatamente valutato dal giudice di merito.
Q. Concludendo, il ricorso deve essere accolto. Ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa, per nuovo esame in relazione alle censure accolte, alla commissione regionale competente che, in diversa composizione, si atterrà ai principi giuridici e regolativi sopra enunciati e liquiderà anche le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla CTR – Toscana in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 12 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2012

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