T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 25-01-2011, n. 435

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
I ricorrenti impugnano il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il Comune di A. ha ingiunto loro di demolire opere realizzate in assenza di titolo abilitativo.
Avverso il provvedimento impugnato articolano diverse censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Il Comune intimato non si è costituito in giudizio.
All’udienza pubblica del 12 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
Con l’ordinanza gravata, emessa l’8 gennaio 2008, il Comune di A. ha ingiunto ai ricorrenti la demolizione delle seguenti opere edilizie, realizzate in assenza di titolo abilitativo:
manufatto di circa 36,00 metri quadrati;
struttura in tubolari di ferro di circa mt. 6,80 x 4,10 x 2,35 (h), con copertura in incannucciato;
opere di completamento di un fabbricato oggetto di domanda di condono ai sensi della legge 724/1994 ed ampliamento dello stesso mediante la creazione di un locale WC.
Le opere, che devono essere oggetto di una valutazione complessiva e non atomistica, per le dimensioni dei singoli interventi, peraltro neppure posti in relazione con i volumi precedentemente realizzati, nonché per la generale idoneità ad immutare significativamente lo stato dei luoghi erano soggette al previo ottenimento di permesso di costruire, in assenza del quale, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001, il Comune era obbligato ad emettere un provvedimento ripristinatorio.
Ciò posto, va, in primo luogo, respinto il primo motivo di doglianza con il quale il ricorrente ha sostenuto la assoggettabilità a d.i.a. della tettoia.
La medesima censura va respinta pure nella parte in cui sostiene la riconducibilità ad opere di completamento, realizzate ai sensi dell’art. 35, comma 15, della legge 47/85, delle attività edilizie poste in essere sul fabbricato oggetto di condono.
La doglianza va sicuramente respinta quanto all’ampliamento, perché non ascrivibile in alcun modo alle attività previste dalla norma invocata, e va respinta anche con riferimento alle opere di completamento vere e proprie atteso che, oltre alla già richiamata necessità di valutare gli interventi edilizi realizzati nel loro complesso, non risulta in alcun modo allegato e, men che meno, provato che l’attività sia stata preceduta dagli adempimenti previsti dalla norma stessa (decorso di centoventi giorni dalla presentazione della domanda o, comunque, dopo il versamento della seconda rata dell’oblazione, non ricorrenza delle ipotesi indicate dall’articolo 33, notifica al comune dell’intenzione di completare il manufatto abusivo, con allegata perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi).
La natura di atto dovuto del provvedimento, poi, consente di respingere il secondo e il terzo motivo di doglianza, con il quali i ricorrenti hanno censurato il mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento e la carenza motivazionale dell’atto (cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 02 marzo 2010, n. 1235, ove si afferma che "… in caso di ordine di demolizione delle opere abusive non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, l. n. 241 del 1990, trattandosi di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con riferimento al quale non sono richiesti apporti partecipativi del destinatario. Né, per lo stesso motivo, si richiede una specifica motivazione che dia conto della valutazione delle ragioni di interesse pubblico alla demolizione o della comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati. Il presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione è costituito, infatti, esclusivamente dalla constatata esecuzione dell’opera in totale difformità o in assenza del titolo abilitativo, con la conseguenza che il provvedimento, ove ricorrano i predetti requisiti, è sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera, essendo "in re ipsa" l’interesse pubblico alla sua rimozione").
Nessun rilievo, infine, può essere attribuito alla circostanza, rappresentata con la memoria depositata il 3 dicembre 2010, dell’avvenuta presentazione, in data 19 maggio 2008, di una istanza di accertamento di conformità.
Come affermato da tempo da questa sezione, la proposizione di una istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380/2001 in tempo successivo all’emissione dell’ordinanza di demolizione, incide unicamente (e per un tempo determinato) sulla possibilità dell’amministrazione di portare ad esecuzione la sanzione, ma non si riverbera sulla legittimità del precedente provvedimento di demolizione (cfr. Consiglio di Stato sez, IV, 19 febbraio 2008 n. 849, T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 25 febbraio 2010, n. 1154, 28 aprile 2010, n. 2194, 28 ottobre 2010, n. 21844).
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1.500,00 (millecinquecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Renzo Conti, Presidente
Arcangelo Monaciliuni, Consigliere
Roberta Cicchese, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *