Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-01-2013) 07-03-2013, n. 10741

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 20 gennaio 2012 la Corte di appello di Catanzaro, su istanza del P.G., revocava il beneficio della sospensione condizionale della pena concessa a M.G. con sentenza del 4.3.1995 del Pretore di Rossano, divenuta irrevocabile il 4.4. successivo, e con sentenza del 3.3.1995 dalla Corte di appello di Catanzaro, resa in riforma di quella di prime cure e passata in giudicato il 4.11.1993.

A sostegno della decisione la corte distrettuale, dopo aver ribadito la sua competenza a decidere quale giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 665 c.p.p., comma 4-bis in costanza di eccezione difensiva sul punto, richiamava, quanto al merito, la disciplina di rigore di cui all’art. 168 c.p., comma 1, n. 1 ed, in applicazione di essa, la sentenza della corte distrettuale del 25.10.2010 la quale, in riforma della sentenza del Tribunale di Rossano, aveva condannato il M. alla pena di anni 10 e giorni sei di reclusione per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 commesso fino al (OMISSIS), eppertanto nel quinquennio successivo al passaggio in giudicato delle sentenze con le quali i benefici erano stati concessi.

2. Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione il M., assistito dal difensore di fiducia, sviluppando due motivi di impugnazione.

2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione dell’art. 665 c.p.p. e art. 178 c.p.p., lett. a) e difetto di motivazione sul punto, in particolare osservando che la Corte distrettuale catanzarese non era competente a decidere sull’incidente d’esecuzione per il quale è causa, posto che l’art. 665 c.p.p. comma 4-bis disciplina una sorta di competenza interna in executivis e non è attributiva di una competenza territoriale, trovando applicazione soltanto nella ipotesi in cui vengano in esame provvedimenti emessi dallo stesso tribunale, inteso come stesso ufficio giudiziario in composizione monocratica o collegiale. Di qui pertanto, secondo avviso della difesa ricorrente, la competenza del Tribunale di Rossano rispetto a quella della Corte distrettuale che aveva comunque riformato soltanto quanto al trattamento sanzionatorio la sentenza della Pretura di Rossano divenuta definitiva per ultima.

2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia invece la difesa ricorrente violazione dell’art. 168 c.p. e difetto di motivazione sul punto, sul rilievo che la sentenza richiamata dal G.E., avendo avuto riguardo ad una condotta permanente consumata da plurimi imputati, non chiariva nel solo capo di imputazione fino a quando ciascun imputato, e quindi in particolare il M., abbia commesso il reato, non potendosi ritenere rituale e congruo sotto il profilo motivazionale fare riferimento ai soli dati dell’editto accusatorio.

3. Il ricorso è infondato.

3.1 Quanto alla competenza giova rammentare che è costante, e priva di contrari opinamenti, la lezione interpretativa di questa Corte di legittimità secondo la quale la determinazione della posizione esecutiva di un soggetto nei cui confronti siano state pronunciate più sentenze di condanna deve essere necessariamente unitaria e far capo, quindi, ad un unico giudice, che la norma di riferimento, l’art. 665 c.p.p., comma 4, indica nel giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna divenuta irrevocabile per ultima.

Trattasi, sempre per costante insegnamento, di competenza funzionale, assoluta ed inderogabile (Cass. pen., Sez. 1: 15.02.06 n. 8849;15.02.05 n. 26770; 19.01.05 n. 4510; 8.02.05 n. 13067; 3.12.2004 n. 46049; 12.05.2004 n. 23208) che individua il giudice chiamato a provvedere su ogni questione attinente l’esecuzione di una qualsiasi tra le varie sentenze di condanna, indipendentemente dal fatto che detta sentenza sia, o non, compresa nel provvedimento eventuale di cumulo, ovvero che la relativa pena sia espiata o risulti in altro modo estinta, ovvero che sia quella alla quale si riferisca l’incidente di esecuzione.

Nel caso in esame la sentenza a carico del M. passata per ultimo in giudicato è quella pronunciata il 5.10.2010, divenuta irrevocabile il 23.11.2011, dalla Corte di appello di Reggio Calabria, la quale, ai sensi della disciplina portata dall’art. 665 c.p.p., comma 2 ha riformato la sentenza di prime cure nei confronti dei coimputati C.M., Cr.Ca. e Me.

D., gli ultimi due assolti per non aver commesso il fatto, il primo destinatario di una pronuncia di improcedibilità dell’azione penale perchè estinto il reato per prescrizione.

Infondata si appalesa pertanto l’eccezione sulla competenza della Corte distrettuale di Catanzaro proposta dalla difesa ricorrente.

3.2 Quanto al secondo motivo di censura osserva la Corte che il G.E. ha correttamente valorizzato ai fini della decisione la contestazione di reato ed il tempo di consumazione della condotta incriminata ivi precisato e che se diverse emergenze risultavano dal corpo della motivazione di condanna quanto al dato temporale, nel senso che la condotta associativa risultava consumata prima del passaggio in giudicato delle pronunce relative alla concessione del beneficio, era onere del ricorrente rappresentarle processualmente anche in forza del principio di autosufficienza del ricorso.

4. Il ricorso pertanto deve essere rigettato con le conseguenze, per il ricorrente, di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2013

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