Cass. civ. Sez. V, Sent., 03-08-2012, n. 14016

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Svolgimento del processo
Con sentenza in data 11.1.2010 n. 9 la Commissione tributaria della regione Friuli Venezia Giulia rigettava l’appello proposto da C. G. avverso la sentenza di prime cure che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso otto avvisi di accertamento suppletivo e di rettifica emessi dall’Ufficio di Gorizia della Agenzia delle Dogane ed aventi a oggetto il recupero di diritti doganali (prelievo agricolo), IVA oltre ad interessi, in relazione ad operazioni di importazione di ovini vivi – di provenienza dichiarata slovacca ma in effetti importali dalla Romania – effettuate dalla società CAV – CAV nel settembre 1995 ed in ordine alle quali era stata accertata in sede penale la falsità dei documenti (tra cui lo lettere di vettura internazionale CMR) presentati in dogana.
La CTR – rigettate le eccezioni pregiudiziali relative sia alla inammissibilità della memoria difensiva depositata in primo grado dall’Ufficio, sia alla prescrizione del credito erariale – aveva accertato la fondatezza della pretesa tributaria fatta valere nei confronti del C. in quanto da ritenersi – in qualità di autotrasportatore delle merci importate – responsabile solidale per l’obbligazione doganale unitamente al dichiarante, ai sensi dell’art. 201, n. 3, comma 2 del reg. CEE n. 2913/1992 recante il Codice doganale comunitario, trattandosi di persona che era o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della irregolare provenienza della merce.
Avverso la sentenza di appello, notificata in data 11.3.2010, ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo tre mezzi.
Resiste la Agenzia delle Dogane con controricorso.
Il ricorrente ha illustrato le proprie difese con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Deve ritenersi l’esame de secondo motivo in quanto, qualora risultasse fondato, consentirebbe di definire la causa anche nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di violazione del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 84 (TULD), D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11 e artt. 78 e 221 CDC (reg. CEE n. 2913/92), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Il contribuente sostiene che il recupero dei diritti doganali "in via principale" (art. 84 ed art. 221 reg. n. 2913/1992) e la "rettificà della bolletta doganale (art. 78 reg. n. 2913/1992 e D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11) siano assoggettati a distinte discipline, rispettivamente, della prescrizione e della decadenza, con la conseguenza che doveva ritenersi errata la pronuncia della CTR friulana che aveva ritenuto applicabile al potere di rettifica esercitato in concreto dalla Agenzia delle Dogane il termine prescrizionale triennale previsto dall’art. 84, comma 1, TULD come modificato dalla L. n. 428 del 1990, art. 29, comma 1, (differendolo – quanto all’inizio della decorrenza – alla data di irrevocabilità della sentenza penale n. 272/2005 emessa a luglio 2005, ai sensi del comma 3, medesimo art. 84 TULD), anzichè rilevare la intervenuta decadenza dal potere di accertamento in rettifica, essendo stati notificati gli avvisi in data 4.5.2006 e dunque ben oltre la scadenza del termine di decadenza stabilito dal D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, decorrente dalla emissione della bolletta doganale, non potendo riconoscersi effetto sospensivo alla pendenza del processo penale.
3. Il motivo è fondato.
3.1 Occorre premettere che il D.Lgs. n. 374 del 1990, all’art. 11, prescrive che quando "dalla revisione dell’accertamento divenuto definitivo" emergano "inesattezze, omissioni, errori riguardo agli elementi posti a base dell’accertamento", l’Ufficio procede alla rettifica notificando apposito "avviso di accertamento suppletivo e di rettifica" (così Corte cass. 5^ sez. 21.4.2008 n. 10280, in motivazione) con il quale comunica l’obbligazione al soggetto passivo (an) con la contabilizzazione "a posteriori" dell’importo dei dazi ancora dovuti (quantum).
Questa Corte ha avuto modo di precisare che l’istituto della revisione dell’accertamento per procedere al recupero dei dazi (già previsto dal D.P.R. n. 43 del 1973, art. 74 e successivamente disciplinato dalla L. n. 374 del 1990, art. 11), non deve essere applicato per il recupero dei diritti doganali evasi per fatti penalmente rilevanti (cfr. Corte cass. 5^ sez. 20.9.2006 n. 20361;
id. 5^ sez. ord. 10.9.2009 n. 19540), "essendo questa procedura destinata solo ai casi in cui la nuova liquidazione dei diritti di dogana sia determina fa da una differente qualificazione delle merci importate in relazione alla loro intrinseca natura (indagine "fattuale") e non anche nei casi in cui in cui – impregiudicata l’identificazione soggettiva ed aggettiva degli elementi fiscalmente rilevanti – la nuova liquidazione origini da una diversa classificazione tariffaria o da una errata individuazione del regime daziario applicabile (come nelle ipotesi di irregolarità e/o falsità dei certificati di provenienza) e non siano richieste ulteriori indagini tecnico-merceologiche ma solo valutative – interpretative del trattamento da riconoscere sulla base della documentazione di corredo (indagine "giuridica"), bastando in tal caso attivare il rimedio generale di cui al D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 81 comma 2 ed art. 82, per la riscossione dei diritti doganali maturati successivamente alla liquidazione", in tal caso rimanendo sottratto il provvedimento impositivo al termine triennale di decadenza decorrente dalla definitività dell’accertamento (sentenze citate).
3.2 Nella fattispecie sottoposta all’esame della Corte, tuttavia, tale questione non risulta dedotta e affrontata nel giudizio di merito, essendo stato circoscritto il "thema controversum" alla intervenuta scadenza ovvero alla proroga (in considerazione della pendenza del procedimento penale nei confronti del C.: art. 221 paragr. 4. reg. CEE n. 2913/1992 applicabile ratione temporis) del termine triennale entro il quale l’avviso di rettifica doveva essere notificato (cfr. motiv. sent. CTR, punto 3^ della motivazione).
3.3 Circoscritto come sopra il tema della controversia, la CTR friulana ha inteso rigettare la eccezione proposta dal contribuente alla stregua della mera cronologia dei fatti: la merce è stata importata (registrazione bolletta doganale) nel settembre 1995; il 6.9.2000 la Guardia di Finanza ha trasmesso la "notitia criminis";
con sentenza n. 272 in data 7.7.2005 è stato definito in primo grado il giudizio penale nei confronti di C. (riconosciuto colpevole del reato di falso ideologico nei certificati di trasporto – provenienza della merce -, certificati che debbono essere presentati dall’importatore alla dogana unitamente alla dichiarazione – D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 4, comma 6-); l’avviso di rettifica è stato emesso a maggio 2006.
3.4 La decisione del Giudice di appello non può ritenersi conforme alla interpretazione della norma di cui all’art. 84, comma 3 TULD. Occorre premettere che l’art. 221 paragr, 3 del CDC (nel testo modificato dal reg. CEE n. 2700 del 2000) stabilisce il termine di tre anni dalla insorgenza della obbligazione doganale per la comunicazione al debitore della "contabilizzazione" del dazio.
Lo stesso art. 221 CDC, al paragrafo 4, consente il differimento superamento di tale termine se "l’obbligazione doganale sorge a seguito di un atto perseguibile penalmente"1: in tal caso la comunicazione può essere effettuata alle condizioni previste dalle disposizioni comunitarie (o in difetto nazionali) vigenti.
L’art. 84, comma 3 TULD (nel testo modificato dalla L. n. 428 del 1990, art. 29, comma 1) differisce il "dies a quo" del termine di "prescrizione" triennale, decorrente "dalla data in cui i diritti sono divenuti esigibili" (comma 2, lett. d), nel caso in cui "il mancato pagamento totale o parziale dei diritti abbia causa da un reato", alla data in cui la sentenza pronunciata nel procedimento penale è divenuta irrevocabile (mentre il comma 4 dispone che se il mancato pagamento è dipeso da "erroneo o inesatto accertamento" della "quantità, qualità, valore, origine" della merce, l’Ufficio deve seguire il procedimento cd. di revisione già previsto dall’art. 74 TULD ed ora dall’art. 78 CDC – cd. controllo a posteriori – e dal D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 1 che è soggetto a termine di decadenza di tre anni dalla data in cui l’accertamento è divenuto "definitivo" – id est da quando la bolletta è stata registrata: D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 9, comma 2-).
3.5 Il descritto sistema normativo è stato interpretato dalla Corte nel senso che il termine (triennale) centro il quale deve effettuarsi la contabilizzazione ed il recupero dei dazi "a posteriori" (id est successivamente alla intervenuta definitività dell’accertamento doganale od allo svincolo delle merci) deve intendersi collegato in ogni caso (art. 221 paragr. 3 CDC, con applicazione generale sostitutiva di eventuali termini diversi previsti dalle normative degli Stati membri) al momento in cui nasce la obbligazione doganale con l’effettuazione delle operazioni di importazione richieste per il perfezionamento degli elementi costitutivi della pretesa tributaria (immissione al consumo nel Paese di destinazione della merce importata, mediante presentazione della dichiarazione doganale).
La comunicazione della contabilizzazione a posteriori del dazio, può essere effettuata anche oltre il termine triennale – in tal caso prorogato – qualora non sia stato possibile procedere alla liquidazione dell’importo dovuto dal contribuente "la causa di un atto perseguibile penalmente": in tal caso la comunicazione al debitore può essere effettuata dopo il triennio, nel senso che la prescrizione inizia a decorrere dalla data in cui l’accertamento del reato è divenuto irrevocabile (art. 84, comma 3 TULD).
La norma non consente tuttavia di ritenere indefinitamente interrotto il termine dal tempus commissi delicti, ovvero anche dal formale inizio dell’azione penale, fino alla pronuncia di condanna irrevocabile, in quanto tale interpretazione Sfinirebbe per prorogare sine die il termine per la contabilizzazione a posteriori sul quale non possono influire eventuali disfunzioni amministrative nell’espletamento dei controlli ad un imperfetto coordinamento tra le autorità doganali nazionali e comunitarie imputabile. Diversamente opinando verrebbe arrecata lesione al principio di certezza dei rapporti giuridici affidare il prolungamento del termine in questione ai tempi burocratici od alle inefficienze della PA, nell’esercizio dei poteri di verifica e di accertamento, o peggio ai ritardi attribuibili agli organi amministrativi nel trasmettere la notizia di fatti penalmente rilevanti appresi nel corso delle indagini svolte in attuazione dei compiti istituzionali (cfr. Corte cass. 5 sez. n. 22014/2006 cit.; id. 5 sez. 6.9.2006 n. 19193).
Il momento al quale ricollegare l’effetto della proroga del termine è stato, pertanto, individuato in un atto della PA nel quale venga formulata una ipotesi (notitia criminis) tale da individuare un fatto illecito, penalmente rilevante, idoneo ad incidere sul presupposto d’imposta.
Se tale atto interviene nel triennio decorrente dalla insorgenza della obbligazione doganale, allora opera la "proroga" predetta fino al definitivo accertamento del reato, diversamente debbono ritenersi irrilevanti sul decorso del termine triennale – conformemente al disposto dell’art. 2935 c.c. – eventuali impedimenti di mero fatto all’esercizio del diritto da parte della Amministrazione doganale, quale, nel caso di specie, la mancata tempestiva scoperta dell’illecito da cui origina la pretesa di maggiori dazi (con l’unica eccezione dell’occultamento doloso del debito: cfr. Corte cass. 5 sez. 13.10.2006 n. 22014, in motivazione).
3.6 Alla stregua della indicata interpretazione delle norme disciplinanti la materia del recupero a posteriori dei dazi (condivisa anche dalle successive sentenze della Corte: cfr. Corte cass. 5 sez. 14.5.2008 n. 12037; id. 5 sez. ord. 2.3.2009 n. 4999;
id. 5 sez. 7.5.2010 n. 11181), la questione di diritto sottoposta alla Corte deve essere risolta a favore del contribuente, essendo stata trasmessa la denuncia di reato soltanto a settembre dell’anno 2000 (informativa di PG prot. 17342 in data 6.9.2000: come riferito anche dalla Agenzia resistente nel controricorso, pag. 9), e dunque quando era ormai decorso il termine triennale per l’esercizio della pretesa tributaria, decorrente dal perfezionamento delle operazioni doganali, essendo state effettuate le importazioni della merce nel periodo 22 settembre-23 ottobre 1995 (cfr. controricorso pag. 8).
Non essendosi attenuti i Giudici di appello ai principi diritto enunciati, la sentenza, in quanto difforme a diritto, deve essere cassata.
4. In conclusione il ricorso deve essere accolto, quanto al secondo motivo, dichiarati assorbiti il primo ed il terzo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.
Non essendo necessario procedere ad ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1 con l’accoglimento del ricorso introduttivo proposto dal contribuente e l’annullamento degli avvisi di accertamento impugnati.
Le spese dell’intero giudizio possono essere interamente compensate tra le parti essendosi formato l’orientamento giurisprudenziale della Corte nelle more del giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – accoglie il ricorso, quanto al secondo motivo, dichiarati assorbiti il primo ed il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dal contribuente ed annulla gli avvisi di accertamento impugnati, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2012

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