Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-01-2013) 07-03-2013, n. 10739

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 23.9.2011 la Corte d’appello di Milano rigettava l’istanza interposta da S.M., volta a modificare il provvedimento di unificazione pene concorrenti, con riferimento alla data di decorrenza della pena ed alla mancata detrazione del presofferto; in particolare la corte riteneva di condividere l’operato della Procura Generale, considerato che il criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. trova applicazione solo quando le pene siano concorrenti e cumulabili tra loro; veniva rilevato che la pena erogata con sentenza corte d’appello di Milano 24.1.2005, avente riguardo a reati commessi fino al (OMISSIS) e dunque durante l’espiazione delle condanne in precedenza inflittegli, non poteva concorrere con dette pene ed andava a sommarsi al residuo di espiazione risultante eseguibile alla data del 10.3.2000.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per cassazione lo S. per dedurre violazione ed erronea applicazione di legge, motivazione mancante, carente, insufficiente ed illogica:

secondo l’interessato il limite di anni trenta dovrebbe operare sempre, cosicchè tutte le pene avrebbero dovuto essere comprese nel cumulo; non solo, ma la decorrenza della pena di anni trenta avrebbe dovuto essere riferita al 2.7.1992, anzichè dal 20.3.2000.

3. il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

4. E’ stata depositata medio tempore una memoria con cui la difesa rileva che l’orientamento secondo cui si deve procedere al cumulo frazionato, dovendosi unificare il cumulo precedente con la pena inflitta per il nuovo reato (onde evitare che la pena preceda il reato), non sarebbe applicabile nel caso di specie, caratterizzato dal fatto che il primo cumulo è stato eseguito in data 22.5.2002, data antecedente tutti i reati per cui S. riportò condanna; di conseguenza secondo la difesa il cumulo avrebbe dovuto computare tutta la carcerazione precedentemente sofferta, sia a titolo cautelare, che a titolo di espiazione, fissando come data di inizio dell’esecuzione il 2.7.1992, con l’inclusione di tutte le sentenze in un unico provvedimento di cumulo.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

E’ principio ripetutamente affermato da questa Corte quello secondo cui in tema di esecuzione, qualora durante l’espiazione di una determinata sanzione o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato, si deve procedere ad ulteriore cumulo, il quale deve comprendere, oltre alla pena inflitta per il nuovo illecito, la parte risultante dal cumulo precedente, non ancora espiata o conteggiata alla data del nuovo reato, con i limiti posti dal criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen., cumulo che decorre dalla data dell’ultimo reato, se commesso durante l’espiazione della pena precedente, oppure dal successivo arresto, se avvenuto dopo l’interruzione dell’esecuzione (Sez. 1 24.1.2012, n. 7762). I giudici dell’esecuzione si sono attenuti a tale approdo ermeneutico, considerando che i reati giudicati con la sentenza 24.1.2005 erano stati commessi fino al (OMISSIS), quindi durante l’espiazione delle pene di precedenti condanne (incluse nei nn. 1/5 del provvedimento del 17.1.2005), cosicchè la decorrenza del nuovo cumulo del 13.11.2009, andava giocoforza fissata a far tempo dal (OMISSIS) (data di commissione dell’ultimo reato). Tale principio – che muove dalla necessità di evitare che all’espiazione di una condanna siano imputati periodi di detenzione patiti prima della commissione del reato cui la condanna si riferisce, in base al disposto dell’art. 657 cod. proc. pen., comma 4 – deve ritenersi applicabile in via generale, anche quando, come nel caso di specie, il primo cumulo sia stato redatto in epoca successiva alla commissione dell’ultimo reato, ma precedente alla definitività dell’ultima sentenza (del 24.1.2005, irrevocabile il 23.11.2006) che ebbe a comportare la redazione del secondo provvedimento di unificazione di pena concorrenti; detto secondo provvedimento non poteva più indicare come data di decorrenza della pena quella del 2.7.4992, visto che risultavano essere commessi altri reati nell’anno (OMISSIS), che non erano stati contemplati nel primo provvedimento di unificazione, a ben poco rilevando che i reati fossero già stati commessi al momento del primo provvedimento, visto che non erano ancora stati accertati in via definitiva. La decorrenza del nuovo provvedimento di unificazione pene non poteva che essere legata alla data dell’ultimo reato in esecuzione, con computo del residuo pena del precedente cumulo, al netto dell’applicazione dell’indulto che correttamente è stato calcolato con riferimento alle pene unificate con il provvedimento di cumulo 17.1.2005; non poteva portare ad opinare diversamente l’arresto delle Sezioni Unite menzionato che non risulta pertinente.

L’operato dei giudici a quibus è quindi stato assolutamente in linea con i parametri normativi di riferimento.

Si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente , consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2013

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