Cass. civ. Sez. V, Sent., 03-08-2012, n. 14014

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Svolgimento del processo
B.G.L. ha impugnato per revocazione la sentenza di questa Corte in data 16.9.2005 n. 18429 deducendo l’errore di fatto ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4 in cui sarebbero incorsi i Giudici di legittimità pronunciando la inammissibilità – per difetto del requisito di autosufficienza – del terzo e quarto motivo del ricorso per cassazione proposto dal contribuente avverso la sentenza della Commissione tributaria della regione Liguria in data 13.7.2000 n. 17 e definito dalla citata sentenza della Corte con pronuncia di rigetto della impugnazione.
Il ricorrente, quanto al primo motivo di censura, deduce che la Corte aveva erroneamente ravvisato un difetto di autosufficienza nel terzo motivo (con il quale era stato contestato il vizio di motivazione della sentenza della CTR ligure in ordine alla riferibilità al contribuente delle ingenti somme rinvenute sui conti dei depositi bancari – recte sui libretti al portatore – nel corso della verifica fiscale eseguita nei confronti della società B. A. & C. s.n.c.) per omessa specificazione dell’atto con il quale la questione era stata introdotta nel giudizio di merito, atteso che tale accertamento trovava riscontro nei documenti processuali del giudizio di merito (ed in particolare nel ricorso introduttivo, nella memoria di costituzione in primo grado dell’Ufficio finanziario; nel verbale della Guardia di Finanza del 4.2.1986 e dalle sentenze di merito).
Quanto al secondo errore di fatto imputato alla sentenza n. 18429/2005 della Corte di legittimità impugnata in revocazione, il ricorrente deduce che il requisito di autosufficienza del quarto motivo (con il quale era stato contestato il vizio di motivazione della predetta sentenza del Giudice di appello per non avere fornito adeguata giustificazione della composizione e della misura del reddito accertato dall’Ufficio finanziario sebbene dal PVC emergessero importi inferiori) risultava soddisfatto mediante lettura della sentenza di primo grado da cui emergeva che la questione dell’ammontare del reddito imponibile accertato aveva costituito oggetto di giudizio.
Resiste con controricorso il Ministero della Economia e delle Finanze.
Non si è costituita la intimata Agenzia delle Entrate.
Motivi della decisione
1. Relativamente alle questioni pregiudiziali rileva il Collegio che deve ritenersi priva di rilevanza la istanza di differimento della trattazione della causa presentata dal difensore nel corso della pubblica udienza al fine di ottenere la "dichiarazione di persistenza dell’interesse alla trattazione" L. 12 novembre 2011, n. 183, ex art. 26, posto che tale condizione di procedibilità è venuta meno a seguito della abrogazione della norma disposta dalla L. 17 febbraio 2012, n. 10 di conversione con modificazioni del D.L. 22 dicembre 2011, n. 212.
Può dunque procedersi all’esame delle successive questioni.
Il ricorso per revocazione della sentenza di questa Corte pubblicata in data 16.9.2005 n. 18429, ritualmente proposto nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze che aveva partecipato al giudizio in cui è stata emessa la sentenza impugnata, deve essere dichiarato inammissibile nei confronti della Agenzia delle Entrate, non avendo assunto l’ente pubblico la qualità di parte in tale giudizio.
2. Entrambi i motivi dedotti con il ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c. debbono essere dichiarati inammissibili, non integrando un vizio di nullità del procedimento la inosservanza delle forme procedurali in camera di consiglio prescritte dal medesimo art. 391 bis c.p.c., comma 2, atteso che la trattazione in pubblica udienza "non determina alcun pregiudizio ai diritti di azione e difesa delle parti, considerato che l’udienza pubblica rappresenta, anche nel procedimento davanti alla Corte di cassazione, lo strumento di massima garanzia di tali diritti, consentendo ai titolari di questi di esporre compiutamente i propri assunti, derivandone quale unica conseguenza la differente forma del provvedimento collegiale (sentenza in luogo di ordinanza) che definisce il giudizio (conf. Corte cass. 5^ sez. 17.6.2011 n. 13299).
In materia di revocazione delle sentenza della Corte di legittimità per errore di fatto la giurisprudenza di questa Corte è, infatti, ferma nel ribadire i seguenti principi:
– l’errore di fatto che può dare luogo a revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa sostanziantesi nella supposizione dell’esistenza di un fatto la cui verità risulta incontestabilmente esclusa dagli atti, o nell’esistenza di un fatto la cui verità è inconfutabilmente accertata, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronunzia contestata abbia statuito. Il suddetto errore inoltre non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche; deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronunzia sarebbe stata diversa. Infine, l’errore di fatto che può legittimare la richiesta di revocazione della sentenza di cassazione deve riguardare gli atti "interni" al giudizio di legittimità (ossia quelli che la Corte deve, e può, esaminare direttamente con la propria indagine di fatto all’interno dei motivi di ricorso) e deve incidere unicamente sulla sentenza di cassazione, giacchè, ove esso fosse configuratale come causa determinante della decisione impugnata in Cassazione, il vizio correlato potrebbe dare adito soltanto alle impugnazioni esperibili contro la pronuncia di merito (cfr. Corte cass. 1 sez. 1.3.2005 n. 4295).
– l’errore revocatorio è configurabile sia nel caso in cui i vizi incidano sull’apprezzamento dei fatti, sia laddove riguardino gli atti processuali oggetto di cognizione del giudice (cfr. Corte cass. sez. lav. 25.7.2011 n. 16184), rimanendo tuttavia sempre esclusa dall’ambito revocatorio dell’errore di fatto l’attività svolta dalla Corte di cassazione nella valutazione od interpretazione dei motivi di ricorso (cfr. Corte cass. 3^ sez. 28.6.2005 n. 13915).
Nella specie si osserva che il giudizio di inammissibilità del terzo e quarto motivo del ricorso definito dalla sentenza di questa Corte impugnata per revocazione con pronuncia di rigetto, è fondato sulla omessa doverosa indicazione e trascrizione degli atti processuali relativi al giudizio di merito attraverso i quali il contribuente aveva formulato i motivi di opposizione all’avviso di accertamento, definendo il "thema controversum", motivi concernenti – rispettivamente – la contestata riferibilità al contribuente – anzichè alla società verificata – dei movimenti rilevati sui depositi bancari dagli agenti della Guardia di Finanza, nonchè la inesattezza della composizione e misura dei maggiori redditi accertati dall’Ufficio finanziario (cfr. pag. 7-8 sentenza).
Tale la "ratio decidendi" della pronuncia di inammissibilità dei predetti motivi, ne segue che la tesi prospettata dal ricorrente a sostegno della impugnazione revocatoria contrasta ontologicamente con l’ipotizzato errore percettivo atteso che proprio il fatto, oggetto dell’asserito errore (e cioè la omessa indicazione e trascrizione nel ricorso di quegli atti e documenti), ha costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata ha statuito (cfr. Corte cass. 1^ sez. 27.3.2007 n. 7469), avendo la Corte espressamente considerato, per la verifica di ammissibilità del ricorso, proprio la mancata esposizione del contenuto di quei documenti (processo verbale di verifica) ed atti processuali (ricorso introduttivo) che l’attuale ricorrente assume essere stati trascurati.
Avendo costituito il fatto su cui il ricorrente sostiene essere caduto l’errore "un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare", viene meno lo stesso presupposto di ammissibilità della impugnazione revocatoria ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4).
Il ricorso per revocazione deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile in relazione ad entrambi i motivi dedotti, alla stregua del principio secondo cui "l’errore di fatto che può dare luogo alla revocazione di una sentenza emessa dalla Corte di cassazione consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa, sostanziantesi nella affermazione o supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto la cui verità risulti, invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata in base al tenore degli atti o dei documenti di causa, sempre che il fatto, oggetto dell’asserito errore, non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito. Deve pertanto escludersi che possa sostanziare un errore revocatorio l’omessa considerazione, da parte della sentenza della Corte di cassazione, di documenti entrati, invece, a far parte del giudizio espresso dal giudice di legittimità attraverso una pronuncia di inammissibilità del motivo di ricorso che intendeva veicolarli" (cfr. Corte cass. 1^ sez. 23.5.2006 n. 12154, con specifico riferimento alla mancata riproduzione del contenuto di documenti ritenuta indispensabile ai fini della valutazione dell’autosufficienza del ricorso per cassazione).
3. In conclusione ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso per revocazione proposto nei confronti della Agenzia delle Entrate per difetto di legittimazione passiva dell’ente pubblico;
– dichiara inammissibile il ricorso per revocazione proposto nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.000,00 per onorari, oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2012

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