Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-01-2013) 07-03-2013, n. 10689

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del giorno 16.6.2009, la corte di Cassazione, sez. quinta, annullava la sentenza della corte d’appello di Milano, in data 27.6.2008, che aveva condannato D.B. e B. R. per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74, 73 e 80 accogliendo il loro motivo di ricorso incentrato sulla contestata mancata applicazione dell’art. 649 cod. proc. pen., essendo stato eccepito che il reato ritenuto più grave ai fini della continuazione era già stato giudicato dal tribunale di Bologna con sentenza n. 1897/2004 e che sul punto nessuna disamina era stata compiuta. In particolare i ricorrenti ritenevano che il fatto occorso il (OMISSIS) (a seguito del sequestro di nove chili di cocaina sull’auto di R.E. e H.S.) per cui erano stati condannati dall’AG bolognese era lo stesso fatto contestato sub capo 2/3 ( importazione di nove chili di cocaina dalla Spagna), avendosi riguardo alla stessa partita di stupefacente, acquistata per essere poi diffusa sul mercato bolognese. Con la sentenza 29.4.2011 la corte d’appello di Milano, in sede di giudizio di rinvio, riteneva che poichè la sentenza corte di appello di Bologna 1.6.2010 (di conferma della sentenza del gip del Tribunale di Bologna 7.12.2005) che aveva condannato i due menzionati per l’asserito medesimo fatto non era definitiva, non era ancora possibile operare alcuna disamina nella previsione dell’art. 649 cod. proc. pen.. In proposito veniva aggiunto che l’arresto delle Sezioni Unite richiamato dalla difesa B. (sent. n. 34655/20059) aveva riguardo a diversa ipotesi, relativa al divieto di promuovere nuovamente l’azione penale per un fatto o contro una persona per cui un processo sia già pendente nella stessa sede giudiziaria, o su iniziativa dello stesso ufficio del pm, situazione che deve dare luogo nel processo duplicato al provvedimento di archiviazione, ovvero ove l’azione penale sia già stata esercitata, ad una sentenza di improcedibilità. Veniva quindi disattesa la doglianza in diritto avanzata da entrambi gli imputati, con atti di impugnazione distinti.

2. Avverso tale pronuncia, hanno proposto ricorso per Cassazione entrambi gli imputati, con due distinti ricorsi:

2.1 D. a mezzo del suo difensore deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. e mancanza di motivazione in ordine al principio invocato. Veniva ribadito che questa stessa Corte aveva rilevato la sostanziale duplicazione di processi, in quanto risulterebbe dagli atti che in un determinato giorno ci fu importazione di un certo quantitativo di stupefacente, con il che l’intercettazione telefonica sulla base della quale è fondato l’addebito di vendita della sostanza stupefacente, non poteva non riferirsi alla stessa partita di droga. Pertanto, trattandosi di condotte che in parte coincidono con quelle già giudicate dalla corte d’appello di Bologna, si sarebbe verificata una duplicazione di processi facendo nascere, anche se la sentenza di Bologna non è ancora passata in giudicato, una situazione di ne bis in idem sostanziale, che rendeva applicabile l’art. 649 cod. proc. pen.. Si duole il ricorrente che la corte milanese non abbia giustificato il suo opinare di mancata applicazione della norma citata, facendo leva su un principio collocato a monte della norma stessa, secondo cui la reiterazione di procedimenti e di decisioni sulla identica regiudicanda confliggono con le esigenze di razionalità e di funzionalità connaturate al sistema.

2.2 B.R. ha anche lui dedotto, pel tramite del suo difensore, la violazione dell’art. 649 cod. proc. pen.: la corte milanese non poteva assumere l’irrilevanza della questione sul solo presupposto della diversità delle due sedi giudiziaria investite della cognizione degli stessi fatti ((OMISSIS)), atteso che la cassazione al momento dell’annullamento aveva reso noto che la questione aveva ad oggetto un ne bis in idem processuale, rispetto a reati giudicati da AA GG di diverse sedi ed aveva prescritto al giudice del rinvio di esaminare la questione, laddove la Corte in sede di rinvio, non fece che richiamare l’arresto delle Sezioni Unite, senza affrontare la questione se si dovesse ravvisare l’improcedibilità eccepita.

Motivi della decisione

Il ricorso, ad oggi, considerato che è divenuta definitiva la sentenza di condanna dei due imputati pronunciata dalla corte d’appello di Bologna 1.6.2010, a seguito della pronuncia di questa Corte occorsa il 16.2.2012, è fondato e deve essere accolto. Va infatti sottolineato che correttamente i giudici a quibus avevano ribadito di non poter valutare la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 649 cod. proc. pen. non essendo ancora divenuta definitiva la sentenza della Corte d’appello di Bologna che veniva indicata come quella che aveva giudicato gli stessi fatti di cui al presente processo. Il principio a cui è stata ancorata la richiesta difensiva non si attaglia al caso di specie , avendo le Sezioni Unite con l’arresto suindicato (sent. 34655/2005) stabilito che non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talchè nel procedimento eventualmente duplicato deve essere disposta l’archiviazione oppure, se l’azione sia stata esercitata, deve essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità. La non procedibilità consegue alla preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M., ma riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano invece applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente". E’ quindi di tutta evidenza che non vi era una preclusione all’esercizio dell’azione penale perchè i processi coinvolgenti i due imputati erano stati incardinati ad iniziativa di uffici diversi del Pm e non erano stati devoluti alla cognizione della stessa sede giudiziaria, cosicchè non poteva essere invocata un’immediata preclusione di procedibilità ed ogni valutazione doveva essere rimessa ad un momento successivo, cioè al momento in cui la sentenza della corte d’appello di Bologna avrebbe acquistato autorità di giudicato per costituire base certa per le comparazioni del caso. Tale situazione è maturata solo al 16.2.2012, cosicchè gli atti vanno rimessi al giudice di merito, affinchè proceda alla valutazione della tesi difensiva quanto alla sovrapposizione dei fatti oggetto del presente giudizio con quelli definitivamente giudicati dall’Autorità Giudiziaria di Bologna ed eventualmente rilevi la violazione della previsione di cui all’art. 649 cod. proc. pen.. La sentenza impugnata deve quindi essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della corte d’appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2013

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