Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 31-01-2013) 04-03-2013, n. 10196

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Il Giudice di pace di Monreale, con sentenza del 25-10-2011, ha condannato M.G. alla pena di Euro 1.000 di multa per il reato di lesioni personali in danno di A.C..
Alla resa statuizione il giudice è pervenuto sulla base delle dichiarazioni della persona offesa e della di lei sorella.
2. Contro la sentenza suddetta ha proposto appello, nell’interesse dell’imputata, l’avv. G. V., lamentando:
a) la nullità della sentenza per violazione dell’art. 522 c.p.p..
Deduce che all’udienza del 3-12-2009 è stata modificata l’imputazione e non è stato notificato all’imputata contumace l’estratto del verbale d’udienza;
b) l’assenza di prova in ordine al reato contestato, dovendo ritenersi inattendibili le dichiarazioni della persona offesa e della sorella, non suffragate da riscontri oggettivi e smentita "da tutti gli altri testi sentiti in udienza".
3. Il Tribunale di Palermo, ritenuto l’appello inammissibile e ravvisata nell’atto una voluntras impugnationis, ha trasmesso gli atti a questa Corte per il giudizio.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato sia in rito che in merito.
1. Quanto al primo motivo, la modifica in udienza del capo di imputazione, consistente nella diversa indicazione della data del commesso reato, non sempre comporta una alterazione avente incidenza sulla identità sostanziale e sulla identificazione dell’addebito, atteso che, a seconda dei casi, l’esatta collocazione temporale di un fatto delittuoso può assumere o meno rilevanza decisiva, condizionando le possibilità di difesa dell’imputato. E’ stato più volte precisato da questa Corte, invero, che le norme concernenti le nuove contestazioni, le modificazioni dell’imputazione e la necessaria correlazione tra essa e la sentenza (artt. 516 – 522 c.p.p.) hanno lo scopo di assicurare il contraddittorio dell’accusa e, quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato.
Pertanto, devono essere interpretate con riferimento a detto scopo e non possono ritenersi violate da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto nel caso in cui il mutamento pregiudichi la possibilità di difesa dell’imputato, essendo il sistema di garanzia ispirato all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un "fatto", inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi.
In questa prospettiva, la specificazione, avvenuta in udienza, a seguito dell’esame della persona offesa, del giorno del commesso reato, che sia precedente o successivo di poche ore a quello indicato in imputazione (in questo caso, non più il 22 novembre, ma il 21 novembre), non è idoneo in nessuna maniera a pregiudicare le facoltà difensive, giacchè non comporta alcuna significativa modifica della contestazione, rimasta immutata nei suoi tratti essenziali. E tanto deve affermarsi anche alla luce della tesi difensiva, che non è incentrata sulla negazione del fatto storico (nel qual caso la mutazione del giorno avrebbe potuto incidere sul pieno dispiegarsi della linea di difesa), ma sulla rappresentazione di un fatto "diverso", avente caratteristiche differenti da quelle narrate dalla persona offesa. In tal caso, quindi, il fuoco dell’indagine è rimasto concentrato, fin dall’inizio, sulle modalità della contesa interessante l’imputata, certamente sviluppatasi il 21 o il 22 novembre.
Peraltro, anche a voler affermare che una nullità si è verificata, in conseguenza della mancata notifica all’imputata contumace del verbale di udienza, la stessa si è sanata per non essere stata tempestivamente eccepita. La violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza integra, infatti, una nullità a regime intermedio, non rientrante tra quelle assolute ed insanabili previste dall’art. 178 c.p.p., in quanto non attinente all’omessa citazione dell’imputato o all’assenza del suo difensore quando ne sia obbligatoria la presenza; la relativa eccezione va, pertanto, proposta "immediatamente dopo" la contestazione del fatto nuovo, come previsto dall’art. 182 c.p.c., comma 2, nell’ipotesi in cui "la parte vi assiste" (Cassazione penale, sez. 2^, 29/01/2008, n. 9171). Nel caso di specie non risulta che il difensore dell’imputata, presente all’udienza del 3/12/2009, abbia eccepito la nullità dopo la modifica dell’imputazione, nè che lo abbia fatto in quella successiva del 25-2-2010, a cui pure era presente, insieme all’imputata.
2. Nel merito il ricorso è inammissibile, essendo la condanna dell’imputata fondata sulle dichiarazioni della persona offesa, la cui credibilità è stata vagliata dai giudicante, e della sorella della persona offesa, che ha reso dichiarazioni perfettamente coincidenti alla prima. Nè sono idonee ad inficiare il chiaro costrutto logico della sentenza le generiche e assertive affermazioni della ricorrente, in assenza di elementi probatori di segno contrario e di vizi logici della motivazione, la quale si segnala, invece, per linearità di esposizione e coerenza argomentativa. Quanto alle doglianze concernenti la credibilità della teste e della persona offesa, esse si sostanziano in censure all’apparato motivazionale della decisione. Senonchè nel giudizio di Cassazione deve essere accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito nel rispetto delle norme processuali e sostanziali. Ai sensi del disposto di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicchè dedurre tale vizio in sede di legittimità comporta dimostrare che il provvedimento è manifestamente carente di motivazione o di logica:
cosa assolutamente assente nella specie, essendosi la ricorrente limitata ad evidenziare l’errore in cui era caduta la persona offesa nell’indicazione del giorno dell’aggressione (circostanza che il giudicante ha spiegato convincentemente) e ad evidenziare il contrasto esistente tra la persona offesa e la famiglia dell’imputata, da cui non possono comunque trarsi argomenti per sostenere la falsità della deposizione, in assenza di indici rivelatori di un’artificiosa rappresentazione dell’occorso. Del tutto generico è, infine, il riferimento alle risultanze testimoniali di segno contrario, che non sono state nemmeno specificate.
Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2013

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