Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-01-2013) 04-03-2013, n. 10146

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. D.B.G., tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Avezzano con la contestazione di cui all’art. 336 c.p., aggravata dall’abuso della funzione di Sindaco del Comune di (OMISSIS), condotta posta in essere ai danni di T.A., è stato in primo grado condannato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.

Interposto appello, la Corte di appello di L’Aquila ha dichiarato il non doversi procedere per intervenuta estinzione del reato per prescrizione confermando il giudizio di responsabilità in funzione della statuizione risarcitoria in favore della parte civile.

2. I giudici del merito, con doppia valutazione conforme, in primo grado nell’ottica della riconosciuta responsabilità penale e in grado d’appello al limitato fine della conferma relativa al risarcimento del danno in favore della parte civile, sono pervenuti alla conclusione della ritenuta fondatezza dell’asserto accusatorio alla luce delle dichiarazioni della persona offesa costituitasi parte civile, delle deposizione testimoniali assunte giudizio su sollecitazioni delle parti tutte, dell’esame dell’imputato e del dato letterale del brogliaccio afferente il verbale della seduta del consiglio comunale nel corso della quale ebbe a concretarsi, secondo la prospettazione accusatoria, la contestata condotta minacciosa. In particolare, secondo la ricostruzione accolta dai Giudici del merito, dopo cha la T., consigliere comunale, nel corso della seduta del consiglio comunale del 9 luglio 2000 comunale, aveva preannunziato espressamente l’intenzione di votare in senso contrario rispetto alla approvazione della delibera di approvazione del conto consuntivo del 1999, il Sindaco ebbe a ricordarle come i vincoli cimiteriali non decadessero mai e l’abitazione di quest’ultima non li rispettasse.

3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di l’Aquila propone ricorso il D.B. articolando al fine un unico motivo sub specie del vizio assoluto di motivazione rispetto alle doglianze specificatamente sollevate in appello. Lamenta la difesa che pur a fronte dei motivi di appello espressamente sollevati la Corte, con generica dichiarazione di stile, del tutta avulsa da una disamina critica delle doglianze sollevate, ha apoditticamente concluso per l’infondatezza delle stesse in ragione delle ritenute emergenze probatorie senza indicare in alcun modo i passaggi logici seguiti e limitandosi ad un insufficiente richiamo alle argomentazioni della sentenza di primo grado. Nella specie, con l’appello, i cui motivi vengono pedissequamente ritrascritti i ricorso, erano state espressamente confutate le emergenze dell’istruttoria orale, avendo i testi escussi non confermato l’asserto accusatorio; anche il tenore del brogliaccio compilato dal segretario comunale richiamato a supporto della condanna, sia per la tecnica di redazione dello stesso, differita e non contestuale rispetto alla seduta, sia per la non coincidenza di quanto ivi trascritto rispetto allo stesso dato riportato nel capo di imputazione, non poteva costituire momento fondante il reso giudizio di responsabilità; si era mossa contestazione specifica anche sulla effettiva l’efficacia intimidatoria della frase avendo il Sindaco compiuta contezza della regolarità urbanistica dell’immobile della persona offesa alla luce di un pregresso contenzioso definitosi in favore di quest’ultima ; si era contestata la carenza motivazionale della decisione di primo grado, che in punto all’elemento soggettivo si era limitata a ritenerlo in re ipsa a fronte di fattispecie connotata dal dolo specifico incompatibile con siffatta affermazione di principio; si era negata attendibilità al narrato della persona civile, smentito da talune specifiche circostanze. Censure queste analitiche e specifiche, cui la Corte, nel ritenere della difesa, ha omesso di dare risposta alcuna.

4. La parte civile costituita ha depositato memorie insistendo per la declaratoria di inammisibilità del ricorso in ragione della genericità delle doglianze.

Motivi della decisione

5. Il ricorso è fondato per le ragioni precisate di seguito ed impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

6. In linea di principio giova ricordare come la previsione di cui all’art. 578 – per la quale il giudice di appello o quello di legittimità, che dichiarino l’estinzione per amnistia o prescrizione del reato per cui sia intervenuta in primo grado condanna, sono tenuti a decidere sulla impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili – impone che i motivi di impugnazione dell’imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna (anche solo generica) al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza degli imputati, secondo quanto previsto dall’art. 129 c.p.p., comma 2.

7. Ancora, va ribadito che sussiste il vizio di mancanza di motivazione non soltanto quando vi sia un difetto grafico della motivazione, ma anche quando le argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del suo convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate dall’interessato con i motivi di appello e dotate del requisito della decisività; nè può ritenersi precluso al giudice di legittimità, ai sensi della disposizione suddetta, l’esame dei motivi di appello, al fine di accertare la congruità e la completezza dell’apparato argomentativo adottato dal giudice di secondo grado con riferimento alle doglianze mosse alla decisione impugnata, rientrando nei compiti attribuiti dalla legge alla Corte di Cassazione la disamina della specificità o meno delle censure formulate con l’atto di appello quale necessario presupposto dell’ammissibilità del ricorso proposto davanti alla stessa Corte.

8. Tanto premesso, guardando al gravame che occupa, va sottolineato che la sentenza impugnata, a fronte dei motivi di appello, ha ribadito il giudizio di responsabilità già reso in primo grado, in ragione della affermata attendibilità del narrato della persona offesa, attendibile in sè e riscontrato ab externo dalla documentazione in atti e da ulteriori testimonianze, richiamandosi al fine allo "spettro delle ampie argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata".

9. Questo il portato argomentativo nel quale si sostanzia la decisione del Giudice distrettuale, riportato senza sunteggiarne il contenuto, per valutarne la completezza occorre, alla luce di quanto sopra, raffrontarne il tenore con quello dei motivi di appello, la cui significativa specificità costituisce chiave di lettura imprescindibile della valutazione legata al vizio di motivazione.

Nella specie i motivi di appello, specificatamente riproposti in questa sede, chiedevano conto della decisione di primo grado in ordine alle emergenze dell’istruttoria orale, avendo i testi escussi non confermato l’asserto accusatorio, con precipuo riferimento alle deposizioni dei testi di accusa D.F. e C. e della difesa, Tr. e P.; ed ancora, ponevano dubbi sul portato documentale da ascrivere al brogliaccio del verbale di assemblea, sia in relazione al tenore delle dichiarazioni rese dalla parte civile nel corso della deposizione resa alì udienza del 30 ottobre 2003 in punto al momento di redazione delle stesso sia in considerazione del diverso tenore tra quanto cristallizzato nel capo di contestazione e quanto riportato nel detto documento.

Si tratta, per come appare evidente, di elementi probatori destinati ad incidere sulla valutazione finale perchè intrinsecamente legati alla valutazione di attendibilità della persona offesa e del suo narrato oltre che diretti a smentire, nell’assunto difensivo, fondato o meno, i tratti oggettivi della condotta ascritta al ricorrente oggettiva ed a meglio valutare i profili legati all’elemento psicologico, anch’esso esplicitamente contestato in sede di appello.

10. A fronte di tali motivi di doglianza, la Corte di Appello adita ha risposto nei termini sopra indicati, richiamandosi esclusivamente alla confermata attendibilità della persona offesa senza affrontare e dunque superare le obiezioni mosse dall’appellante in punto alle emergenze istruttorie, orali e documentali, sopra segnalate, piuttosto conferendo attendibilità al narrato della parte civile per come confermato da del tutto imprecisate deposizioni testimoniali e supporti documentali. Emerge nettamente, dunque l’inadeguatezza della motivazione che impone l’annullamento con rinvio per un nuovo esame al fine di colmare le lacune della decisione impugnata.

11. L’intervenuta e già dichiarata in appello estinzione per prescrizione del reato impone poi l’annullamento con rinvio al giudice civile competente in grado di appello. In parte qua la Corte ritiene di seguire il prevalente orientamento giurisprudenziale che, avuto riguardo alla prospettiva giuridica nella quale il nuovo giudizio deve essere affrontato, individua quale giudice di rinvio il giudice civile competente per valore competente in grado di appello (da ultimo vedi Cassazione penale sezione V, sentenza nr 15015/2012 in linea con Sez. 5, n.9399 del 05/02/2007, Palazzi, Rv.235843; Sez. 4, n. 14450 del 19/03/2009, Stafissi, Rv.244002; Sez. 6, n.26299 del 03/06/2009, Tamborrini, Rv.244533; Sez. 2, n.32577 del 27/04/2010, Preti, Rv.247973), non apparendo convincente, per la sola esistenza di una pregressa pronuncia sulla responsabilità penale, la diversa soluzione del rinvio al giudice che ha emesso la sentenza annullata (in tal senso cfr sentenza sezione 3^, 26863/12).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice civile competente in grado di appello.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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