Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-01-2013) 04-03-2013, n. 10145

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. C.D. e F.P., in uno a V.M., C.L.S., X.I. venivano tratti a giudizio innanzi al Tribunale di Perugia perchè imputati di diversi fatti di reato, alcuni di questi commessi in concorso ( C., F. e V., capi di cui alle lettere A,B C della rubrica; C. e F., lettere F,H, I, L; C., F. e X., lettera G), alcuni di questi, quantomeno nella definizione processuale che occupa, singolarmente ascritti (al solo C. i capi di cui alle lettere D, E, M, N oltre alla contestazione suppletiva sollevata alla udienza del 10 aprile 2008 ex art. 517 c.p.p.; al F. il capo P). In particolare, le contestazioni mosse riguardavano diverse ipotesi di corruzione propria (capi A, B, C, D), impropria (F, G, H, I, L), falso ex art. 490 c.p. (capo E), truffa aggravata (Capi M, N), falsità materiale (la contestazione suppletiva mossa al C.), spendita monete falsificate (capo P, così derubricato alla udienza del 18 novembre 2008).

2. Segnatamente (capi A, B, C) veniva contestato al C., ispettore di P.S. in servizio presso l’Ufficio Immigrazione del Commissariato di P.S. di Foligno, di aver ricevuto somme di denaro dal F., oltre che dal V. e da tale B.A., fittiziamente sposata con il F. ma legata sentimentalmente al V., per agevolare il rilascio della carta di soggiorno a quest’ultima e poi per favorire la B. nell’acquisto della cittadinanza italiana e, ancora, per favorire il rilascio del permesso di soggiorno a tale C.L.S., dipendente della B.. Sempre al C. venivano contestati i delitti di corruzione propria e di falso (capi d ed e), perchè, sempre nella medesima veste, aveva accettato le promesse di O.R. e ricevuto somme di denaro da D. G. per favorire la pratica di ricongiungimento familiare avviata dal predetto e aveva dato in regalo a M.G., archivista in servizio presso la Questura di Perugia, una videocamera, ottenendo da costui l’eliminazione di alcuni documenti dal fascicolo relativo alla pratica riguardante il D.. C. e F. erano poi destinatari delle contestazioni di cui ai capi f), g), h), i), l), in quanto, agendo il C. nella medesima qualità, avevano ricevuto somme da tali M.P., X. d., D.M. e Do.Mu., A.J.H., E.M.H., per agevolare pratiche di rilascio o di rinnovo di permesso di soggiorno o di acquisto di cittadinanza riferibili a costoro o a loro congiunti. Al C. venivano inoltre contestati i delitti di truffa, rispettivamente aggravati ex art. 61 c.p., nn. 9 e 2, ed ex art. 61 c.p., nn. 7 e 9, di cui ai capi m) e n), commessi in danno di Ma.Ru., in quanto, dopo che il Ma. gli aveva chiesto di attivarsi per aiutarlo a ricostruire l’albero genealogico della sua famiglia, egli, abusando di qualifica e di rapporto di prestazione d’opera, si era fatto dare dal predetto somme di denaro, ingannandolo sui costi dell’indagine commissionatagli, e in quanto, avendo fatto credere al Ma. di poter cancellare o fare cancellare i precedenti penali e di polizia di Ma.

A., figlio del Ru., si era fatto dare somme di denaro da quest’ultimo, ingannandolo sui suoi effettivi poteri e sulla possibilità di agire nel senso indicato. Al C., infine, veniva contestata in processo l’ipotesi di cui all’art. 476 c.p., commi 1 e 2, riguardante la formazione di una falsa ricevuta attestante la presentazione di una richiesta di rinnovo di permesso di soggiorno a nome di S.C.L. mentre al F. veniva ascritto il delitto di cui al capo p), riqualificato ex art. 455 c.p., in relazione alla detenzione di alcune banconote da Euro 50,00.

3. Il Tribunale di Perugia, per quanto attiene alle posizioni che qui immediatamente interessano, riconosceva colpevoli, condannandoli alle pene ritenute di giustizia, C. e F. quanto alle imputazioni di cui ai capi da A) a C), da F) ad L); il solo C. anche con riferimento a quelle di cui ai capi D, E; M, N oltre che a quella di cui alla contestazione ex art. 517 c.p.p., mossa ai sensi dell’ art. 476 c.p.; il solo F. in punto al capo P. 4. Interposto gravame, la Corte di Appello di Perugia ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado nella parte afferente la contestazione di cui al capo B (legato alla dazione di somme in corrispettivo della cittadinanza della B.) in ragione della ritenuta diversità del fatto (da ascrivere alla concussione piuttosto che alla corruzione), ordinando la trasmissione degli atti al PM; pari definizione ancora, è stata resa con riferimento alla contestazione suppletiva ex art. 476 c.p., (afferente la vicenda legata al permesso di soggiorno di C.L.Z. connessa alla corruzione di cui al capo C), sempre per la ritenuta diversità del fatto. Per il resto la Corte, riqualificata la contestazione di cui al capo E) da falso ex art 490 cp a violazione del disposto di cui all’art. 351 c.p., ha confermato il giudizio di responsabilità reso dal Tribunale per tutte le altre ipotesi contestate, riducendo per l’effetto la pena inflitta agli imputati.

5. Hanno proposto ricorso in cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia il C., per il tramite del difensore fiduciario ed il F. personalmente.

6. Nove i motivi di ricorso addotti dalla difesa del C., ciascuno dei quali connotato dalla articolazione di più questioni all’uopo declinate, in alcuni casi genericamente involgenti tutti i diversi capi di condanna inerenti la sentenza in contestazione.

6.1 Con il primo motivo (ricondotto all’egida della violazione di legge avuto riguardo agli artt. 581, 591, 604, 121, 178, 546 c.p.p., nonchè al vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e) viene ribadita la questione efferente l’omessa disamina critica, da parte del giudice di primo grado, della memoria difensiva allegata dalla difesa prima della udienza di discussione e datata 16 ottobre 2008:

memoria che il tribunale ha totalmente pretermesso nella sua valutazione posta a fondamento della decisione tanto da non descriverla neppure tra i momenti che ebbero a declinare lo svolgimento del processo.

Ribadendo la assoluta pretermissione della disamina critica da parte del primo giudice quanto al tenore delle deduzioni esplicitate con la memoria in questione, la difesa contesta la affermata genericità del rilievo ritenuta dalla Corte distrettuale all’uopo evidenziando come il contenuto della memoria sostanzialmente coincideva con quello dello stesso gravame di secondo grado a dimostrazione della assoluta sistematica complessiva e specifica rilevanza di tutte le evidenze difensive ivi cristallizzate. Genericità ulteriormente contradetta dal tenore oggettivo della doglianza, perfetta mete esplicitata in diritto (omessa valutazione di un atto difensivo essenziale) e in fatto (necessità di contrapporre la memoria con il tenore della motivazione della sentenza di primo grado per accertare o meno la sussistenza della lamentata violazione): la Corte distrettuale dunque, sul presupposto del riscontrato difetto di motivazione, avrebbe dovuto annullare la sentenza del Tribunale, rinviando al primo giudice.

6.2 Con il secondo motivo (ricondotto all’egida della violazione di legge avuto riguardo agli artt. 420 ter, 178, 179 e 604 c.p.p., nonchè al vizio motivazionale ex art. 606, comma 1, lett. e), la difesa si duole della motivazione con la quale la Corte distrettuale, aderendo alla valutatone sul punto resa dal primo giudice con l’ordinanza assunta il 11 marzo 2008, ha escluso la legittimità dell’impedimento addotto dall’imputato quanto alla possibilità di presenziare alla udienza fissata per l’11 marzo 2008 perchè affetto da sindrome febbrile e labirintite. Erroneamente la Corte avrebbe ritenuto che l’impedimento avrebbe dovuto assumere i toni della assoluta impossibilità a presenziare e del pari erronea era l’affermazione in forza alla quale lo stato febbrile, attestato dalla certificazione allegata alla istanza di rinvio, non venne riscontrato dal medico fiscale perchè probabilmente all’atto della visita lo stesso non era più presente. Lamenta la difesa che lo stato febbrile, certificato il giorno 10 marzo dal medico curante del C., non venne refertato dal medico fiscale non perchè insussistente ma per non avere questi provveduto al relativo accertamento, non avendo fatto cenno allo stesso in alcun modo nella propria relazione rivolta la Tribunale ed avendo invece polarizzato esclusivamente la propria attenzione alle certificazioni inerenti all’evento di cui al trauma bulbare patito dal C. qualche giorno prima ed alle vertigini legate alla labirintite. La Corte, poi, avrebbe travistato il tenore della relazione del medico fiscale nella parte in cui, a suo dire, prudenzialmente avrebbe suggerito al C. di non recarsi alla guida di un mezzo in Tribunale, quando piuttosto veniva ivi attestato che il suddetto doveva – in forza della labirintite riscontrata e avvalorata dal pregresso evento traumatico che ne aveva determinato l’insorgenza tipica dei sintomi, non recarsi in Tribunale se non accompagnato. La sussistenza, poi, dell’accertata labirintite era tale da incidere su una funzionale presenza dell’imputato alla udienza, dovendosi ancorare le ragioni dell’impedimento non solo alla fisicità materiale della presenza in aula ma anche ad una concreta possibilità di prendere parte attivamente e consapevolmente alla udienza nell’ottica della miglior espressione del diritto di difesa. E su tale punto anche la Corte avrebbe glissato, incorrendo nel lamentato difetto motivazionale.

6.3 Con il terzo motivo (ricondotto all’egida della violazione di legge avuto riguardo agli artt. 319, 321 e 358 c.p., e art. 192 c.p.p., nonchè al vizio motivazionale ex art. 606, comma 1, lett. e) la difesa, pur riferendosi espressamente al capo di sentenza afferente la condanna per il reato contestato sub A), in parte segnala anche profili di doglianza comuni anche agli altri motivi successivi, afferenti i capi di sentenza inerenti le altre contestazioni mosse al C.. Si contesta in particolare la decisione impugnata: nella parte in cui ascrive al C. la qualifica di Pubblico ufficiale quando allo stesso, piuttosto, per le mansioni d’ordine espletate, esclusivamente di mera ricezione e trasmissione ad altri uffici, era preclusa ogni autonomia decisionale mentre l’attività di controllo connessa all’ufficio avrebbe pacificamente i connotati della prestazione d’opera meramente materiale; ancora, laddove lega la dedotta contrarietà ai doveri d’ufficio tipica della corruzione propria all’accertamento della convivenza tra il F. e la B., confondendo tra convivenza e fittizietà del matrimonio e tralasciando che la convivenza tra i due venne accertata proprio in linea ai presupposti di legge correlati al riconoscimento della carta di soggiorno prima e della cittadinanza poi; travisa il materiale probatorio per giungere ad affermare la consapevolezza del C. quanto alla finzione della convivenza e alla natura simulata del matrimonio; ancora, si contesta la dazione di somme legate al conseguimento della carta di soggiorno siccome correlata alle dichiarazioni del F. e della B., prescindendo da un verifica sulla attendibilità soggettiva del primo, inficiata da meri contegni opportunistici e affaristici conclamati dalle ulteriori ipotesi di corruzione contestagli con il C., oltre che della inattendibilità intrinseca del suo narrato con conseguente violazione dell’art. 192, comma 3, per l’impossibilità di dare riscontro alle dichiarazioni dalla B. grazie alle propolazioni del coimputato F..

Ha infine eccepito l’intervenuta prescrizione del reato trattandosi di fatti risalenti ai 2003.

6.4 Con il quarto motivo (ricondotto all’egida della violazione di legge avuto riguardo agli artt. 319, 321 e 358 c.p., e nonchè al vizio motivazionale ex art. 606, comma 1, lett. e), la difesa contesta il dato posto a fondamento della ascritta corruzione propria, id est la illegalità della richiesta volta ad ottenere il permesso di soggiorno per l’essere decorsi i termini di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5. Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte, dovendosi escludere il sabato dal computo dei giorni lavorativi utili alla individuazione della scadenza in oggetto, la richiesta in esame era da ritenersi tempestiva e così ragionando verrebbe meno l’intero fondamento dell’asserto accusatorio peraltro basato su un assoluto travisamento probatorio quanto al mancato rinvenimento del fascicolo, alla firma apposta sulla richiesta diretta ad ottenere il permesso, apposta dall’interessato e non dal F. e infine sulla consapevolezza in capo al C. del fatto che nella specie tale firma non venne apposta dall’interessato. Mancherebbero infine i riscontri in ordine alla percezione da parte del C. della somma versata in corrispettivo dell’atto contrario. Anche in parte qua ha eccepito la prescrizione avuto riguardo alla data di commissione delle condotte.

6.5 Con il quinto motivo (ricondotto all’egida della violazione di legge avuto riguardo agli artt. 319 e 321 c.p., art. 358 c.p., comma 2, art. 351 c.p., e art. 43 c.p.; artt. 521, 522, e 117 Cost., in relazione all’art. 6, par 3, lett. a e b Cedu; art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e; art. 63 c.p.p., comma 2, nonchè vizio motivazionale ex art. 606, comma 1, lett. e) si denunzia l’assenza di atti posti in violazione ai doveri d’ufficio oltre che della prova quanto alla illecita percezione del compenso. Su quest’ultimo punto si segnalano al fine ulteriori profili di travisamento probatorio, non avendo la Corte attribuito il giusto significato alle emergenze istruttorie (piuttosto compatibili con la linea della difesa per la quale la dazione venne giustificata dalla compravendita di mobilio); ciò anche con riferimento alla prova afferente la dazione al M. della videocamera comperata dal C. quale corrispettivo per il suo intervento non potendosi peraltro utilizzare al fine le dichiarazioni rese dal coimputato M. nel corso della perquisizione resa presso la sua abitazione alla luce del disposto di cui all’art. 63 c.p.p., comma 2. Quanto invece alla natura degli atti la difesa evidenzia che quelli posti in essere dal C. furono in linea con i compiti sullo stesso gravanti;

in particolare egli si limitò a ricevere la pratica relativa alla coesione familiare trasmettendola alla competente questura; una volta sorto, solo per la moglie del D., un problema che ostacolava il positivo accoglimento della pratica, si era limitato ad un suggerimento (la moglie del D. doveva fare ritorno in (OMISSIS) per poi rientrare dopo tre mesi e instare nuovamente per il ricongiungimento); ed in tale ottica andava letta anche la richiesta rivolta al M. di restituire la documentazione allegata atta domanda di coesione, in conformità al diritto della parte interessata ad ottenere al restituzione di documentazione non facilmente reperibile e costosa senza che peraltro il C. fosse a conoscenza della modalità seguita dal M. per entrare in possesso dei documenti chiesti. Quanto poi al capo E, ricondotto dalla Corte ex art. 521 c.p., comma 1, alla ipotesi di cui all’art. 351 c.p., la difesa evidenzia l’erroneità della riqualificazione, non potendosi desumere dal tenore della imputazione gli elementi costitutivi della nuova fattispecie (nell’imputazione viene utilizzato il termine eliminazione a fronte della sottrazione dell’art. 351; mancherebbe poi ogni riferimento alla custodia in luogo pubblico, essenziale ai fini del art. 351 c.p.); sempre in rito lamenta la violazione del contraddittorio sì che alla riqualificazione non poteva procedersi unicamente in sentenza occorrendo interpretare il comma 1 dell’art. 521 alla luce della visione del diritto al contraddittorio affermata dalla Cedu in relazione all’art. 6, par 3, lettere a e b della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo; nel merito lamenta l’insussistenza dei presupposti di legge con riferimento all’elemento oggettivo (il documento sottratto è stato pi rinvenuto) sia quello afferente il dolo.

6.6 Con il sesto motivo (violazione di legge ex artt. 318 e 321 c.p.p., art. 358 c.p.p., comma 2; art. 192 c.p.p., nonchè vizio di motivazione) la difesa aggredisce i capi di sentenza afferenti le imputazioni sub F e G. Lamenta che la modifica effettuata alla udienza del 19 giugno 2008 con riferimento al capo F costituisce introduzione di fatto nuovo con violazione del diritto al contraddittorio. Segnala poi carenza di prova quanto alla sussistenza di un accordo coinvolgente il C. o comunque della dazione di somme in favore dello stesso: quanto al P. (capo F), questi afferma di aver consegnato soldi al solo F. mentre sono sostanziali le discrepanze probatorie afferenti la telefonata nel corso della quale il F. lo avrebbe messo in contatto diretto con il ricorrente e, ancora, deve ritenersi neutra la circostanza afferente l’avvenuto rilevamento delle impronte dello stesso siccome effettuata in Commissariato dal C.; per quanto attiene allo X., quest’ultimo ha affermato di aver trattato solo con il F. e, del resto la relativa istanza di rinnovo venne presentata subito dopo l’arresto del ricorrente, Infine, con riferimento in genere a tutte le imputazioni comprese tra i capi da F a L, deve ritenersi surrettizia la motivazione laddove mira a corroborare l’elemento della consapevolezza, in capo al C., dei traffici del F. con gli immigrati dalla circostanza in forza alla quale il caso si trovasse con il predetto asserito concorrente in occasione di alcuni contratti telefonici le cui conversazioni captate sono state trascritte in sentenza: il tenore delle intercettazioni non è tale infatti da costituire valida verifica delle dichiarazioni in tal senso rese dal F..

6.7 Con il settimo motivo (violazione di legge ex artt. 318 e 321 c.p.p., art. 358 c.p.p., comma 2; art. 192 c.p.p., nonchè vizio di motivazione) la difesa si rivolge ai capi H, I, L lamentando in prima battuta l’assenza di motivazione quanto ai rilievi difensivi articolati con l’appello. Ancora segnala travisamento probatorio quanto alle dichiarazioni del D.M. (che diversamente da quanto indicato in sentenza a verbale ha affermato di non ricordarsi di somme di denaro corrisposte dallo zio Mu., nè ha segnalato la fonte delle notizie riferite); l’inattendibiltà delle dichiarazioni del F. viepiù accresciuta con riferimento a questi punti considerando il ruolo di manifesta esposizione dello stesso per quanto emergente dalle indagini per come confermato dalle dichiarazioni di tutti gli extracomunitari coinvolti, tutte afferenti rapporti occorsi solo con il F. senza che nessuno, salvo il D.M., abbia mai incontrato, si sia accordato, abbia promesso o consegnato somme di denaro al C. ( E.M. ha perfino dichiarato di non aver mai saputo di un aggancio del F. con un ispettore di polizia). Del resto, nessuno dei soggetti coinvolti ebbe a ricevere un titolo abilitativo sino alla data dell’arresto del C., elemento questo che insieme agli altri doveva portare la Corte, a fronte del ragionevole dubbio sulla colpevolezza, ad annullare in parte qua la sentenza.

6.8 Con l’ottavo motivo la difesa del C. contesta i capi di sentenza afferenti le imputazioni per truffa aggravata resa ai danni di Ma.Ru. (capi M e N). Adduce violazione legge avuto riguardo al disposto di cui all’art. 640 c.p., art. 61 c.p., n. 7, artt. 9 e 11 c.p., art. 192 c.p.p., nonchè vizio di motivazione.

Quanto al capo M la difesa denunzia l’assenza di elementi probatori posti a sostegno degli artifizi e raggiri, erroeamente dedotti dalla mera irragionevolezza della somma pagata dal Ma. al C. per le ricerche genealogiche comunemente svolte su sollecitazione del primo quando per contro si trattava di somma, spontaneamente e coscientemente offerta dal Ma. in termini tali da superare le incertezze del C. quanto alla possibilità di coadiuvarlo in questo incombente; si sostiene ancora, quanto alle aggravanti, la specialità della ipotesi di cui all’art. 61, comma 1, n. 9, rispetto a quella di cui al successivo n. 11 si che nella specie solo la prima dovrebbe trovare applicazione e, in ogni caso, l’infondatezza delle relative contestazioni essendo rimasto indimostrato, quanto a quella ricondotta al n. 9, che la condotta sia stata qualificata da un abuso del potere o dei doveri inerenti la funzione pubblica riferibile al ruolo del ricorrente mentre, per quella di cui al n. 11 stessi comma e norma, contestata sub specie dell’abuso di prestazione d’opera, doveva ritenersi fuorviante il richiamo presupponendo la stessa un pregresso rapporto in tali termini definibile; in conseguenza, escluse le aggravanti, doveva concludersi per la improcedibilità dell’azione penale in assenza di querela; infine si evidenzia l’assenza di motivazione quanto alla intervenuta prescrizione già prima della sentenza di secondo grado trattandosi di denaro perfezionato con la dazione della prima somma di denaro nel primi mesi del 2003. In ordine al capo M la difesa evidenzia che lo stesso figlio del Ma., in favore del quale il padre di sarebbe mosso per depurane il curriculum criminale avvalendosi del C., era disinteressato rispetto ad una siffatta iniziativa; che non v’è prova in atti della percezione di denaro quale esito della condotta contestata, dovendosi ascrivere i 10.000 Euro incassati alle ricerche di cui al capo M; che con riferimento a quest’ultimo dato il Ma. ebbe a cadere in contraddizione nei due interrogatori di poi acquisiti al dibattimento a causa del suo decesso; che la stessa attendibilità del Ma. andava letta e sminuita considerando il ruolo dello stesso, il quale, nel momento in cui venne sentito, rivestiva il ruolo di indagato, così da legittimare letture del narrato colorate dall’intenzione di prendere le distanze dal C. e di conseguenza la ricerca di riscontri oggettivi non segnalati; che anche nella specie era erronea la contestazione delle due aggravanti e che il reato era da ritenersi comunque prescritto.

Con il nono e ultimo motivo, integralmente concentrato sul trattamento sanzionatorio la difesa della ricorrente si lamenta in prima battuta della mancata concessione dell’attenuante legata alla intervenuta integrale riparazione del danno quanto alle due ipotesi di truffa contestate e acclarate, Trattandosi poi di reato continuato e di aggravante correlata ad un reato satellite, per non privarne d’efficacia il riconoscimento la circostanza in questione andava rivista e attratta all’orbita dell’art. 62 bis, comunque ingiustificatamente negata. La Corte, infine, nel rideterminare la pena ha finito per applicare al capo C ed al capo N una pena maggiore, un mese in più di quanto previsto in primo grado.

7. Con ricorso personalmente proposto F.P. articola 5 diversi motivi a sostegno del gravame.

7.1 Con il primo segnala violazione di legge avuto riguardo al disposto di cui all’art. 520 c.p.p.. Evidenzia al fine che, modificata l’imputazione di cui al capo F ai sensi dell’art. 516 c.p.p., il Tribunale avrebbe dovuto disporre la notifica del verbale di udienza ad esso imputato contumace ai sensi dell’art. 520 c.p.p., senza che potessero rilevare al fine, in senso contrario, la affermata dalla Corte di appello non essenzialità della modifica e del pari la rilevata presenza del difensore.

7.2 Con il secondo motivo viene ribadito il motivo di appello con il quale venne denunziata l’erronea formazione e conseguente inutilizzabilità della trascrizione della fonoregistrazione detta teste B. in primo grado. In particolare si ribadisce che dalla detta trascrizione emergerebbe la proposizione di alcune domande rivolte alla teste siccome formulate dalla difesa del F. quando in realtà nell’occasione nessuna domanda venne formulata dalla difesa. Difetto che invaliderebbe il contenuto intero della trascrizione ben oltre il contenuto delle risposte e che in presenza di una sostanziale irrilevanza del verbale riassuntivo, inidoneo a risolvere, finisce per incidere inficiandolo in radice, il meccanismo di raccolta dibattimentale delle prove con conseguente violazione del diritto di difesa e ad un processo equo.

7.3 Con il terzo motivo si lamenta violazione, sempre in linea con l’appello, si lamenta violazione di legge avuto riguardo alle riscontrate ipotesi di corruzione propri e impropria, trattandosi piuttosto di ipotesi da ricondurre all’ambito di cui all’art. 640 c.p., con conseguente declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela.

7.4 Con il quarto motivo si contesta la conferma della condanna di cui al capo P adducendo violazione di legge avuto riguardo al contestato art. 455 c.p.. Evidenzia al fine che nella specie l’unico elemento a riscontro dell’assunto accusatorio è dato dal rinvenimento presso l’abitazione del F. delle banconote contraffatte. Nulla emerge invece sulla detenzione finalizzata alla messa in circolazione, non potendosi al fine fare valido riferimento alle dichiarazioni della teste R., definite dal Collegio primo grado non chiare in alcuni passaggi. E ciò tralasciando che, per quanto evidenziato dal teste ispettore Ba., la contraffazione era evidente, dando così corpo al falso grossolano, notoriamente non punibile.

7.5 Con il quinto è ultimo motivo si lamenta l’erronea dosimetria della pena, avendo il Giudice distrettuale ridotto il trattamento sanzionatorio disposto in primo grado salvo poi, malgrado il riconoscimento delle generiche, fatto riferimento ad una pena base per il reato più grave ben al di sopra del minimo edittale senza in alveun modo dare concreta giustificazione a siffatta scelta.

Con memorie aggiuntive depositate il 27 agosto 2012 il difensore d’ufficio del F., avvocato Alberto Pugliese, ha insistito nel primo motivo di impugnazione.

Motivi della decisione

8. Va disposto l’annullamento della sentenza impugnata per la intervenuta prescrizione dei reati contestati, sopravvenuta alla sentenza di secondo grado.

9. Occorre verificare preliminarmente se tra i motivi indicati a sostegno dei ricorsi in esame v’è ne sono di ammissibili e comunque non manifestamente infondati giacchè è noto che l’inammissibilità, anche sul versante della manifesta infondatezza, preclude in radice in questa sede la possibilità di vagliare l’intervenuta causa di estinzione del reato (cfr da ultimo, Cassazione sezione V, sentenza nr 39499/12).

Al fine osserva la Corte come, tra i diversi motivi articolati dalla difesa del C., sfuggono di certo all’ipotesi della manifesta infondatezza, costituendo ragioni di valido approfondimento del tenore della decisione contestata, quelli afferenti i capi D ed E della rubrica (motivo sub 5 sia in punto alla contestata individuazione dell’atto contrario ai doveri d’ufficio per l’ipotesi sub D sia in ordine alla violazione del contraddittorio per l’ipotesi sub E); ancora quelli inerenti i capi da F a L (motivi sub 6 e 7 avuto riguardo in particolare alla motivazione involgente il coinvolgimento del C. nelle ipotesi di corruzione impropria nell’occasione contestate); infine quelli involgenti il capo M (motivo sub 8 in punto alla contestata individuazione degli artifìzi e raggiri posti a fondamento della truffa imputata al ricorrente).

Quanto invece al ricorso del F., identica considerazione meritano il motivo sub 1 (in punto alla lamentata violazione del contraddittorio con riferimento alla modifica della imputazione di cui al capo F) e quello sub 2 (afferente le contestazioni sollevate in punto alla inutilizzabilità della fonoregistrazione della deposizione della B.).

10. Guardando alla estinzione dei reati per sopravvenuta, alla sentenza di appello, prescrizione va evidenziato al fine come nella specie, alla luce delle date di commissione dei singoli delitti ascritti ai ricorrenti e considerando all’uopo sia il termine prescrizionale di sette anni e sei mesi – alla luce dell’art. 157 c.p., come modificato dalla L. n. 251 del 2005, il quale appare applicabile nel caso di specie perchè più favorevole e perchè la decisione di primo grado è successiva alla entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, sia i periodi di sospensione ex lege, emerge che la prescrizione è maturata, nel caso a mano, in data 4 luglio 2011 per il capo A); 6 febbraio 2012 per il capo C; 4 gennaio 2012 per il capo E; 4 marzo 2012 per i capi da F a L; 4 febbraio 2012 per il capo M; 4 dicembre 2012 per il capo N; 11 marzo 2012; 4 novembre 2011 per il capo P. Tutte estinzioni maturate dopo la decisione di secondo grado, caduta nell’aprile del 2011.

11. Non ricorrono, infine, i presupposti per una pronuncia assolutoria ex art. 129 c.p.p., comma 2, perchè, tenuto conto di quanto emerge a carico dei ricorrenti dalla motivazione della sentenza, non risulta evidente la estraneità degli stessi ai fatti contestati.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati ascritti ai ricorrenti estinti per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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