Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-08-2012, n. 13968

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Svolgimento del processo

Che, con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Bari ha respinto la domanda proposta dall’odierna parte ricorrente nei confronti dell’INPS per ottenere, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, il ricalcolo della indennità di disoccupazione agricola, perchè erroneamente liquidata sulla base del salario medio convenzionale rilevato nell’anno 1995 (e non più incrementato negli anni successivi), anzichè alla stregua della retribuzione minima stabilita dalla contrattazione collettiva provinciale integrativa.

che il rigetto della domanda è stato motivato, ai sensi del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 e successive modificazioni e integrazioni, con il rilievo della intervenuta decadenza dall’esercizio del diritto, per essere stata l’azione giudiziaria proposta dopo il decorso di un anno e trecento giorni dalla data della originaria domanda amministrativa della prestazione di disoccupazione;

che l’originario ricorrente chiede la cassazione della decisione sulla base di due motivi;

che l’INPS ha depositato procura;

che parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.;

che l’INPS ha preso parte alla discussione in udienza.

Motivi della decisione

Che la presente sentenza è redatta con motivazione semplificata, così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio;

che con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 346, e 437 cod. proc. civ. e artt. 2968 e 2969 per avere la Corte territoriale dichiarato la decadenza dall’azione giudiziaria (e, con essa, dal diritto fatto valere), ai sensi del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, nonostante che la questione non avesse costituito oggetto di specifico motivo di appello. Sostiene che la mancata riproposizione da parte dell’INPS della eccezione di decadenza, formulata in prime cure ed implicitamente respinta dal Tribunale con la decisione di accoglimento nel merito, aveva determinato la formazione del giudicato sul punto con conseguente impossibilità per la Corte territoriale di rilevare d’ufficio la intervenuta decadenza.

che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (vedi Cass. Sez. un. 12718 del 2009, nonchè, tra le più recenti, Cass. n. 8926 del 2011, n. 7527 del 2010) la decadenza che sanziona – a norma del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, commi 2 e 3, nel testo di cui al D.L. n. 384 del 1992, art. 4, comma 1, convertito dalla L. n. 438 del 1992 – la mancata proposizione, entro termini computati in riferimento a quelli di svolgimento del procedimento amministrativo, dell’azione giudiziaria diretta al conseguimento delle ivi indicate prestazioni previdenziali, in quanto dettata a protezione dell’interesse pubblico alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti su bilanci pubblici, ha natura sostanziale (preclude, cioè, l’esercizio del diritto e determina l’estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni medesime: D.L. n. 103 del 1991, art. 6, comma 1, convertito dalla L. n. 166 del 1991), è sottratta alla disponibilità della parte ed è quindi rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, salvo il limite dell’avvenuta formazione del giudicato;

che le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto compatibile il principio costituzionale del giusto processo con l’esclusione del prodursi dell’effetto preclusivo di cui all’art. 324 cod. proc. civ., in assenza di una statuizione esplicita sulla decadenza sostanziale dall’azione per il decorso dei termini previsti dalla legge (Cass. n. 26019 del 2008);

che, per come ammesso dalla stessa parte ricorrente, nel caso di specie nessuna statuizione esplicita sulla decadenza era stata adottata nel giudizio di primo grado, onde del tutto legittimamente la Corte territoriale ha proceduto al suo rilievo di ufficio;

che la ritenuta rilevabilità d’ufficio della decadenza dall’azione giudiziaria, in presenza di una statuizione implicita di rigetto della eccezione di decadenza, non si pone in contrasto con la decisione di questa Sezione lavoro (sent. n. 7122 del 2012) richiamata nelle memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., in quanto, dalla lettura della relativa motivazione, non emerge se, nel caso ivi esaminato, il primo giudice aveva statuito esplicitamente o meno sulla decadenza;

che pertanto il primo motivo di ricorso risulta infondato.

che è invece fondato il secondo motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, del D.L. n. 103 del 1991, art. 6 conv. in L. n. 166 del 1991 e del D.L. n. 348 del 1992, art. 4 conv. in L. n. 438 del 1992, per avere la Corte territoriale ritenuto applicabile il regime decadenziale, delineato dalle norme richiamate, anche alla domanda di riliquidazione di prestazione già attribuita dall’Istituto previdenziale;

che secondo l’orientamento prevalente di questa Corte, consolidatosi con recente pronuncia delle Sezioni unite (v. Sez. un. n. 12720 del 2009 – che conferma le tesi della precedente Cass. Sez. un. n. 6491 del 1996), la decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, al D.L. n. 103 del 1991, art. 6 conv. in L. n. 166 del 1991 e al D.L. n. 348 del 1992, art. 4 conv. in L. n. 438 del 1992, non trova applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia intesa non già al riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo all’adeguamento della prestazione già ottenuta, perchè riconosciuta solo in parte e liquidata in un importo inferiore a quello dovuto;

che la correttezza della ricostruzione del quadro normativo di riferimento nei termini sopra richiamati, risulta indirettamente avvalorata, secondo quanto osservato da una recente pronunzia di questa Corte (Cass. n. 7245 del 2012), dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d), convertito in L. n. 111 del 2011, che ha integrato, con ulteriore comma, l’art. 47, prevedendo l’assoggettabilità a decadenza (con decorrenza dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte) delle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito e l’applicabilità di tale disciplina anche ai giudizi pendenti in primo grado al momento di entrata in vigore della norma. Come, infatti, sottolineato nella richiamata sentenza n. 7245/2012, la espressa previsione di una limitata efficacia retroattiva del regime decadenziale rivela la consapevolezza nel legislatore del carattere modificativo della disposizione introdotta rispetto alla regola preesistente, quale consolidatasi per effetto della recente pronuncia delle Sezioni unite del 2009;

che, pertanto, deve ritenersi che, prima della sua integrazione per effetto dall’art. 38, comma 1, lett. d) del convertito D.L. n. 98 del 2011, il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 è inapplicabile al caso di domanda di riliquidazione di prestazioni solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale;

che, non essendosi la Corte territoriale attenuta a tale regola, la sentenza impugnata, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, va cassata con rinvio al giudice designato in dispositivo, che provvederà anche al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Lecce.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2012

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