Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-01-2013) 15-02-2013, n. 7533

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. B.B., per il tramite del suo difensore, propone ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza della Corte di Appello di l’Aquila del 18 luglio 2012 con la quale è stata dichiarata inammissibile l’istanza di restituzione in termini avanzata dal predetto B. per proporre appello contro la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di L’Aquila il 18.9.2007 per il reato di truffa.

2. Lamenta la difesa, violazione dell’art. 175 c.p.p., comma 2, e motivazione illogica e contraddittoria. La Corte distrettuale avrebbe infatti confuso l’ambito di applicabilità del disposto di cui all’art. 175 c.p.p., comma 1 con quello di cui al comma 2 della stessa norma, attagliando al caso a mano l’ipotesi di cui al primo comma – che presuppone a carico dell’istante la prova dell’impedimento, per forza maggiore o caso fortuito – quando invece, avuto riguardo al comma 2, confacente alla specie, è sull’autorità giudiziale che grava l’individuazione della prova positiva in punto alla conoscenza effettiva del procedimento e del provvedimento reso in contumacia, non pedissequamente ricavabile, come nella specie effettuato, dalla regolarità delle notifiche. Il Giudice distrettuale avrebbe dovuto dunque esplicitare le ragioni per le quali le notifiche effettuate sarebbero nella specie dimostrative della effettiva conoscenza da parte dell’interessato. La Corte, ancora, avrebbe poi nel ritenere perfetta la notifica effettuata a mani della collaboratrice domestica, senza che dalla relata ne emergesse la nazionalità oltre che natura e le caratteristiche del rapporto di collaborazione.

3. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.

3.1 Con motivazione puntuale e logica la Corte distrettuale, muovendo dagli elementi in fatto connotanti le notifiche operate nei confronti del ricorrente e lungi dall’applicare alla specie l’invocato art. 175 c.p.p., comma 1 ha provveduto a segnalare gli elementi dai quali è stato tratto il convincimento per il quale il ricorrente ha nella specie avuto conoscenza effettiva della sentenza contumaciale (in ordine alla quale il B. ha attivato il procedimento funzionale alla rimessione in termini per provvedere al fine alla relativa impugnazione). In seno alla ordinanza impugnata si segnala in fatti che le notifiche inerenti il procedimento rese nei confronti dell’odierno ricorrente (l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. e del pari il decreto di citazione in giudizio) sono state eseguite, a mani della moglie convivente, allo stesso indirizzo della notifica operata con riferimento alla citata sentenza contumaciale, nel caso a mani della collaboratrice domestica. Si evidenzia, ancora, che quest’ultimo soggetto, in virtù del tenore della relata, era perfettamente Individuabile grazie alla chiara intelligibilità della firma apposta per esteso.

A fronte di tali dati (stesso indirizzo di riferimento; rapporto di convivenza anche solo temporanea con la Colf tanto che la notifica in mani alla stessa viene di norma considerata rituale; immediata identificabilità della stessa collaboratrice), la Corte è poi pervenuta alla conclusione, del tutto priva di incongruenze, per la quale vi erano adeguati elementi logici utili a sostenere che nella specie il B. avesse avuto contezza effettiva della sentenza; e ciò soprattutto considerando che non risultavano dal ricorrente neppure esplicitate le ragioni in ordine alla quali, malgrado quanto sopra, era nella specie mancata una conoscenza effettiva della sentenza.

Tanto precisato, osserva la Corte in linea di principio che se è vero che ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2 grava sull’autorità giudiziaria l’onere di compiere ogni necessaria verifica ai fini della decisione sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione od opposizione, dovendosi escludere che sia l’interessato a comprovare le ragioni che nel caso hanno di fatto escluso una conoscenza effettiva del provvedimento malgrado la regolarità formale della notifica dello stesso, parimenti è altrettanto vero che tale onere di verifica presuppone che l’interessato abbia comunque indicato, allegandole esplicitamente, le ragioni sottese della mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato (in tal senso cfr Cassazione penale sezione 1, sentenza n. 2934/08). Ciò non comporta una indebita inversione del regolamento probatorio sotteso alla norma invocata; colloca piuttosto su un piano corretto la distinzione tra allegazione (dei fatti a sostegno della addotta mancata conoscenza, per forza di cose gravante sull’interessato) e prova delle stesse. Nella specie, a fronte della consegna operata a mani della collaboratrice domestica, segnatamente identificabile, presso la residenza di riferimento del ricorrente, gravava su quest’ultimo l’onere di addurre gli elementi in fatto destinati a recidere il possibile collegamento in fatto tra tale consegna e la conoscenza effettiva del provvedimento notificato.

Allegazione non resa, con omissione che risulta viepiù ribadita dal tenore del presente ricorso laddove i profili afferenti la posizione di siffatta collaboratrice, il rapporto di lavoro corrente con il ricorrente e la nazionalità della stessa vengono prospettati in forma dubitativa e non come asserzioni la cui fondatezza andava accertata e se del caso negata o riscontrata dall’autorità procedente . Da qui la inammissibilità del ricorso per la manifesta infondatezza delle doglianze.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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