Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-08-2012, n. 13958

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Gli odierni ricorrenti (cfr. pag. 1 del ricorso) esponevano a Tribunale del lavoro di Roma "di essere stati dipendenti facenti parte del c.d "ruolo ad esaurimento" previsto dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4 ed appartenente all’Area Dirigenziale così come previsto dalla L. n. 88 del 1989, art. 15" e chiedevano " in forza della L. n. 88 del 1989, art. 15, comma 1 combinato disposto (e richiamato) con il D.P.R. n. 748 del 1972, art. 61, comma 2 il trattamento economico pari a 4/5 di quello spettante rispettivamente al Dirigente Superiore e Primo Dirigente". Nella sentenza impugnata si chiarisce che la domanda è riferita al computo dell’indennità di funzione essendo la parametrazione stata osservata solo con riferimento alla retribuzione.

Il Tribunale con sentenza del 27.1.2005 rigettava la domanda.

Sull’appello dei dipendenti la Corte di appello di Roma con sentenza del 16.1.2009 rigettava l’appello.

La Corte territoriale osservava che L. 88 del 1989, ex art. 15 i ricorrenti avevano vantato un’ equiparazione proporzionale al trattamento economico dei dirigenti comprensivo dell’indennità di funzione. La norma prima citata rinviava al D.P.R. n. 748 del 1972, art. 61 e "successive modifiche ed integrazioni" e quindi, secondo gli appellanti, anche alla L. n. 312 del 1980, art. 133 che nel riformulare il sistema di proporzionalità degli ispettori generali e dei direttori di divisione dal 1.1.1979 faceva riferimento anche all’indennità di funzione. Ma, osservava ancora la Corte, l’art. 133 non costituiva una modifica o integrazione dell’art. 61, in quanto introduceva solo una diversa disciplina per un periodo successivo, mentre la precedente disciplina non era stata in realtà modificata ed era rimasta in vigore. Inoltre il capoverso dell’art. 15 rinviava comunque alla contrattazione articolata per la determinazione delle indennità per posizioni funzionali di particolare rilievo, comprendendo sotto questo profilo i lavoratori individuati al comma 1 ivi compreso i direttivi, come statuito in più occasioni dal Consiglio di stato.

Per il periodo successivo alla privatizzazione del pubblico impiego la norma di cui all’art. 15 era stata sostituita con la contrattazione collettiva e l’art. 38 CCNL aveva previsto trattamenti svincolati da quelli dei dirigenti. Circa l’eccezione sollevata dall’INPS, di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, l’Istituto non aveva proposto appello incidentale per evitare la formazione del giudicato sul punto.

Avverso la detta sentenza ricorso con due motivi; resiste l’INPS con controricorso che ha proposto anche ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, nonchè l’erronea correlazione tra il D.P.R. n. 748 del 1972, art. 61 e la L. n. 312 del 1980, art. 133 ed erronea interpretazione. Si contesta l’interpretazione seguita dalla Corte territoriale in quanto la L. n. 88 del 1989, art. 15 intendeva riferirsi a tutte le norme che erano intervenute in ordine al trattamento giuridico ed economico degli ispettori generali e dei direttori di divisione già oggetto di disciplina al D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 61: inoltre si era trascurato che i ricorrenti erano in sostanza stati inquadrati nelle qualifiche ad esaurimento di Ispettore generale o Direttore di divisione dello stato.

Conseguentemente era dovuta non solo la prevista equiparazione stipendiale, ma anche la denegata indennità di funzione.

Il motivo appare infondato.

Come emerge dalle stesse premesse del ricorso la norma sulla cui base gli attuali ricorrenti hanno agito in ricorso è la L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 15, comma 1 che così recita: "a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, al personale degli enti pubblici disciplinati dalla L. 20 marzo 1975, n. 70, in possesso della qualifica di direttore o consigliere capo ed equiparate ovvero delle qualifiche inferiori della ex categoria direttiva, dalla data degli inquadramenti operati in attuazione delle norme di cui al D.P.R. 26 maggio 1976, n. 411 è esteso ad personam e sulla base dell’anzianità di servizio a ciascuno riconosciute e non riassorbibili, rispettivamente il trattamento giuridico ed economico degli ispettori generali e dei direttori di divisione di cui al D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 61 e successive modifiche e integrazioni". Non vi è dubbio che la norma sulla cui base gli stessi ricorrenti dichiarano di agire stabilisca (come dedotto dall’INPS e come emerge anche dalla giurisprudenza amministrativa:

Consiglio di stato n. 3164/2003; n. 839/2001, n. 689/2000) solo una equipollenza di tipo stipendiale tra le posizioni indicate dall’art. 15 comma 1, nell’ambito del parastato, e quelle godute dagli ispettori generali e dai direttori di divisione, come reso palese dal passaggio in cui si parla di "estensione ad personam del trattamento giuridico ed economico degli ispettori…". Ora la norma in parola richiama in primis il D.P.R. 30 giugno 1972, art. 61 che stabilisce che lo stipendio annuo lordo delle qualifiche di ispettore generale e direttore di divisione è stabilito in misura pari a quattro/quinti di quello spettante al dirigente superiore ed al primo dirigente con pari anzianità e qualifica. L’equiparazione è quindi stabilita con riferimento al D.P.R. del 1972 solo per quanto riguarda il trattamento stipendiale, posto che il detto art. 61 per le altre indennità e gli altri compensi stabilisce che gli stessi sono corrisposti in conformità delle disposizioni vigenti. La Corte territoriale ha escluso, poi, che si possa concludere che vi sia stata una equiparazione anche relativamente all’indennità di funzione perchè ciò non è previsto dal citato art. 61 e perchè la L. n. 312 del 1980, art. 133 che ha riformulato il sistema di proporzionalità degli ispettori generali e dei direttori di divisione di cui al D.P.R. n. 748 del 1972 facendo riferimento dal 1.1.1979 anche all’indennità di funzione e non solo allo stipendio di base, non può essere intesa come una " modifica o una integrazione" del citato art. 61, in quanto costituisce una disciplina diversa e vigente per un’epoca successiva, tanto che l’art. 61 deve ritenersi norma ancora in vigore e perfettamente operante. A ciò si aggiunge, comunque, quanto disposto dal capoverso della L. n. 88 del 1989, art. 15 che stabilisce che " in sede di contrattazione articolata sono individuate posizioni funzionali di particolare rilievo da attribuire a funzionari di ottava e nona qualifica e vengono determinate le indennità per l’effettivo espletamento delle funzioni medesime da attribuire al personale in questione in aggiunta a quelle previste dagli accordi di categoria".

La norma di cui all’art. 15 nella sua globalità è riferita ai "funzionari direttivi" e non resta confermato per insuperabili ragioni di ordine testuale che la norma di cui all’art. 15 abbia non solo equiparato ad personam il trattamento economico stipendiale del personale del parastato indicato al primo comma a quello degli ispettori generali e dei direttori di divisione dello stato, ma abbia conferito ai primi implicitamente o per relationem anche una qualifica dirigenziale, come si sostiene peraltro senza alcun richiamo documentali ad atti di inquadramento dei ricorrenti che possano riscontrare tale tesi). Sul punto la Corte territoriale ha osservato che non vi è dubbio che all’epoca di approvazione dell’art. 15 citato i ricorrenti rientrassero nelle categorie indicate al comma 2, norma che prevede chiaramente che per le posizioni funzionali di particolare rilievo le indennità da corrispondersi sono demandate a quanto stabilito dalla contrattazione articolata, come stabilito anche dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. sul punto pag. 3 della sentenza impugnata). Pertanto il complesso sistema di equiparazione ad personam di cui si è sin qui parlato appare ricostruito con precisione e rigore interpretativo nella sentenza impugnata che con operazioni ermeneutiche corrette ed immuni di vizi logici ha correttamente mostrato come non possa ritenersi che la L. n. 88 del 1989, art. 15 abbia considerato un’equipazione del trattamento economico dei ricorrenti a quello goduto dagli ispettori generali e dai direttori di divisione, che si estenda anche all’indennità di funzione, anche per la univoca disposizione ostativa del capoverso dell’art. 15.

Con il secondo motivo si deduce l’omessa ed insufficiente o contraddittoria motivazione . Si contesta l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui, con la privatizzazione del pubblico impiego, l’art. 15 sia stato soppresso, sostituito dalla contrattazione collettiva che avrebbe determinato il trattamento del personale nella situazione dei ricorrenti senza alcun riferimento alla norma del 1989, che invece – per i ricorrenti – sarebbe ancora in vigore.

Appare superfluo esaminare il secondo motivo in quanto, se thema decidendun è (esclusivamente, come dedotto anche da parte ricorrente) la spettanza dell’indennità di funzione L. n. 88 del 1989, art. 15, ex comma 1 anche ammettendo che tale norma sia rimasta in vigore, non potrebbe trovare accoglimento per le ragioni prima esposte la domanda dei ricorrenti. Il passaggio motivazionale della sentenza impugnata mostra solo come la contrattualizzazione del pubblico impiego abbia comportato, attraverso l’entrata in vigore dei contratti collettivi, un sistema di valutazione retributivo per i dipendenti con la qualifica degli attuali appellanti incompatibile con la disciplina dell’art. 15, ma non appare tale profilo decisivo per la risoluzione della controversia posto che si deve accogliere la tesi per cui l’art. 15 non comporta di per sè l’accoglimento della domanda in quanto è riferibile al trattamento stipendiale, e non anche all’indennità di funzione.

Il ricorso incidentale, espressamente qualificato a pag. 11 come condizionato va ritenuto assorbito dal rigetto di quello principale.

Stante la soccombenza i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come al dispositivo in favore dell’INPS.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 30,00 per esborsi, nonchè in Euro 2.000,00 per onorari di avvocato, oltre accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2012

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