Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-01-2013) 14-02-2013, n. 7401

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza emessa in data 2.5.2012 il G.I.P. del Tribunale di Chiavari applicava – tra gli altri – a G.E., A. A. e B.E. la pena concordata tra le parti in relazione ai delitti di cui all’art. 110 op. – art. 629 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 loro rispettivamente ascritti.

2. Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione B. E., A.A., G.E. deducendo:

2.1. Per B. omessa verificazione dell’assenza di responsabilità in ordine all’ipotesi estorsiva, desumibile dagli atti.

2.2. Per A.A. e G.E. omessa verificazione dell’assenza di responsabilità in ordine all’estorsione e delle condizioni per l’applicazione della ipotesi di cui all’art. 73, comma 5 cit. D.P.R..

3. Propone ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Genova deducendo violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) per omessa indicazione, in relazione alle pene applicate a G. e A., del reato per il quale è stata applicata la pena-base. Deduce, inoltre, omessa giustificazione della concessione delle attenuanti generiche e della ritenuta continuazione in relazione alla posizione dello G. e dell’ A..

4. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi degli imputati, destituiti di fondamento; ha chiesto dichiararsi l’infondatezza del ricorso del P.G..

5. I ricorsi degli imputati sono inammissibili.

5-1. La comune doglianza relativa all’omessa verifica della estraneità rispetto all’ipotesi estorsiva è manifestamente infondata in quanto – nei riconosciuti limiti derivanti dall’adozione del patto sulla pena – la sentenza ha espressamente affrontato il tema della insussistenza delle condizioni per una pronuncia ex art. 129 c.p.p. richiamando dettagliatamente il compendio probatorio posto a base delle accuse.

5.2.La doglianza circa l’intesi di cui all’art. 73, comma 5 cit.

D.P.R. è inammissibile in quanto, in tema di motivazione della sentenza di patteggiamento, non può essere censurato in sede di legittimità il difetto di motivazione in ordine a una circostanza attenuante non richiesta, dovendo il giudice investito della richiesta di applicazione della pena patteggiata pronunciarsi, in base all’art. 444 c.p.p., comma 2, solo sulla qualificazione giuridica del fatto e sulla applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle parti (Fattispecie in tema di mancato riconoscimento della attenuante della lieve entità dei fatti, prevista dall’art. 73, comma 5, cit. D.P.R.). (Sez. 6, Ordinanza n. 3769 del 04/12/1996 Rv. 207115 Imputato: C.).

6. Il ricorso del P.G. è inammissibile.

6.1. Il primo profilo delle doglianze è inammissibile per difetto di rilevanza. Invero, l’erronea indicazione del reato dal quale si determina la pena-base sulla quale calcolare l’aumento per la continuazione rileva, ai fini del sindacato di legittimità, solo nel caso in cui, dall’errato recepimento dei termini dell’accordo sulla pena da applicare ai sensi dell’art. 444 c.p.p. derivi l’impossibilità di far coincidere la pena finale con quella concordata dalle parti e non, invece, quando nessuna conseguenza vi sia rispetto alla pena finale oggetto dell’accordo (Sez. 3, ord. 14.12.2012, n. 2207, RV 251898).

6.2. La denunciata omessa motivazione in ordine alla concessione delle attenuanti generiche non tiene conto delle caratteristiche del rito adottato con l’avvenuto accordo sulla pena, comprendente la concessione delle attenuanti in parola. In altri termini, la doglianza del ricorrente pubblico si risolve in una inammissibile contestazione del patto intervenuto tra P.M. e imputati, anche sul profilo in parola.

6.3. Parimenti inammissibile è l’analoga deduzione in ordine al riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati. In caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, avuto riguardo alla peculiarità e natura premiate del rito, oggetto di valutazione da parte del giudice, ai fini della verifica della congruità della pena, è il risultato finale dell’accordo e pertanto, quanto all’aumento di pena per la continuazione, non vi è necessità di una specifica motivazione nel senso della esplicita indicazione dell’aumento sulla pena base, ma è sufficiente la valutazione della pena finale, purchè non illegale (Sez. 4, Sentenza n. 4382 del 28/09/2000 Rv. 217696 Imputato: D. P.). Anche questa doglianza si risolve in una inammissibile contestazione dell’accordo intervenuto tra le parti comprensivo della continuazione in parola.

7. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi degli imputati consegue la condanna dei medesimi al pagamento delle spese processuali ed alla somma che si stima equo determinare in Euro 1.500,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna gli imputati ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 ciascuno alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2013

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