Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-01-2013) 14-02-2013, n. 7400

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con ordinanza dei 10.10.2012 ti Tribunale dei riesame di Trani rigettava il ricorso proposto nell’interesse di S.A., indagato in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309, art. 73 avverso il decreto di convalida di perquisizione e sequestro emesso dal P.M. presso il Tribunale di Trani il 4.8.2012 in relazione a varie consistenti somme di denaro, documentazione ed apparecchi telefonici cellulari.
2. Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione la difesa dell’indagato deducendo con unico ed articolato motivo violazione dell’art. 253 c.p.p. non potendo le somme sequestrate essere finalizzate alla prova dei reato per il quale si procede.
3. Il ricorso è inammissibile in quanto proposto al di fuori dei casi consentiti.
4. Invero, deve ribadirsi che il sindacato di legittimità sulle ordinanze emesse dai tribunale dei riesame a norma degli artt. 322- bis e 324 è limitato dall’art. 325 c.p.p., comma 1 all’esclusivo vizio di "violazione di legge", sì che occorre stabilire se il contenuto critico delle censure formulate dal ricorrente, il quale ha denunziato la violazione dell’art. 253 c.p.p. dell’ordinanza di riesame che del decreto di sequestro, in ordine al presupposto delle specifiche finalità probatorie perseguite mediante il vincolo sulla cosa, possa ritenersi compreso, o non, nell’ambito del controllo demandato in materia alla Corte di Cassazione.
5. Come già affermato dal massimo consesso di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 5876 del 28/01/2004 Rv. 226711 Imputato: P.C. F. in proc. B.), con riguardo a tutti i casi nei quali il ricorso per Cassazione è limitato alla sola "violazione di legge", è esclusa la sindacabilità dell’illogicità manifesta della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), siccome vizio non riconducile alla tipologia della violazione di legge. Si ritiene infatti che, in queste ipotesi, il controllo di legittimità non si estenda all’adeguatezza delle linee argomentative ed alla congruenza logica del discorso giustificativo della decisione, potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Cass., Sez. Un., 28 maggio 2003 n. 12, Pellegrino): quando essa manchi assolutamente o sia, altresì, del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento, il vizio appare in tal caso qualificabile come inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, Cosicchè il ricorso per violazione di legge, ai sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1, è ritualmente proponibile per denunciare la mancanza assoluta di motivazione dell’ordinanza di riesame, confermativa del sequestro probatorio di cose qualificate come corpo del reato, in ordine al presupposto della finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti.
6. In tema di riesame avverso il decreto di sequestro probatorio, il sindacato del Tribunale deve essere limitato alla astratta possibilità di sussumere, in una determinata ipotesi di reato, il fatto attribuito ad un soggetto ed alla qualificazione dell’oggetto del provvedimento come "corpus delicti", ossia alla esistenza della relazione di immediatezza tra la cosa e la fattispecie penale (Sez. 5, Ordinanza n. 23240 del 18/05/2005 Rv. 231901 Imputato: Z.). Non può, invece, il giudice del riesame – non essendo il provvedimento genetico costituito da una pronuncia giudiziale, ma emesso dall’organo dell’accusa – interferire sulla valutazione della finalità probatoria, ai fini dell’accertamento dei fatti, sostituendosi al pubblico ministero nell’apprezzamento dell’opportunità di disporre e mantenere il sequestro, a fini di prova, di cose qualificate come corpo di reato o di pertinenza del reato (Cass., sez. 6, dep. 19 marzo 1991, n. 3395; Cass., sez. un., dep. 13 febbraio 2004, n. 2, F.). Il sequestro previsto dall’art. 253 c.p.p. non è misura cautelare, ma mezzo di ricerca della prova e, in quanto tale, è sufficiente che si fondi sul fumus della sussistenza del reato e del rapporto di pertinenza del bene oggetto del vincolo. Pertanto, il potere del giudice del riesame al riguardo è limitato, oltre che alla verifica dell’astratta configurabilità del reato, al controllo, adeguatamente motivato, circa la qualificazione dell’oggetto del provvedimento come corpo dello stesso reato (SS. UU. 11/11/1994, Ceofin).
7. Nella specie il Tribunale ha dato conto della motivazione fornita dal P.M. in ordine alla finalità probatoria della apposizione del vincolo osservando che non era stato posto in discussione il fumus del reato ipotizzato ma solo il vincolo di pertinenzialità delle somme di denaro rinvenute presso l’abitazione del C. rispetto al reato ipotizzato. Considerando il contrasto giurisprudenziale in materia ha optato per una verifica in concreto della sussistenza della finalità probatoria perseguita, ritenendo – all’esito della articolata disamina degli elementi investigativi e di quelli offerti dalla difesa – ragionevolmente certa la provenienza diretta ed immediata dal traffico di stupefacenti delle somme rinvenute e sequestrate al ricorrente e la loro attitudine a dimostrare la destinazione al commercio della droga sequestrata ed a rendere plausibile l’esigenza di procedere, anche con riferimento a tali somme, a ogni altra cattività utile per la completa ricostruzione della vicenda in esame.
8. Ritiene il Collegio che la motivazione offerta dal provvedimento impugnato resista alle censure mosse dalla difesa.
9. Posto che nella nozione di corpo del reato, con riferimento a un’attività di spaccio di stupefacenti, rientrano anche le somme di denaro che costituiscano il prodotto o il profitto di una tale attività criminosa (Cass. sez. 4 22/5/1998, T.), il Tribunale ha adempiuto, entro i limiti precedentemente definiti, al suo compito. Infatti, nel provvedimento impugnato si sottolinea, con logico argomentare, da un lato che la giustificazione addotta dall’interessato in ordine al possesso delle somme (in capo a soggetto già sottoposto a misura di prevenzione di p.s. ed in assenza di lecita provenienza di redditi) appariva inconsistente e, dall’altro, che queste ultime (tenuto conto del contemporaneo rinvenimento in capo al correo S. dello stupefacente e delle annotazioni in ordine ai presumibili acquirenti) rendevano invece plausibile il rapporto pertinenziale fra attività di spaccio e denaro.
10. Il tema proposto dalla difesa circa la "vexata questio" della finalizzazione probatoria del sequestro di somme pertinenti a reato in generale ed allo spaccio di stupefacenti in particolare, non può valicare il limite posto al controllo di legittimità che ha per oggetto la esistenza o meno di una effettiva motivazione. La quale, nei termini anzidetti, deve ritenersi riscontrata nel provvedimento impugnato.
11. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 in Favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2013

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