Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-01-2013) 14-02-2013, n. 7377

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con sentenza del 23.2.2012 fa Corte di Appello di Catania – a seguito di annullamento con rinvio disposto da questa Corte Suprema – in riforma detta sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Catania emessa in data 20.7.2009 ed appellata da C.G., imputato del reato di cui all’art. 12 quinquies L. n. 356 del 1991 – L. n. 203 del 1992, art. 7, esclusa quest’ultima aggravante, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del predetto imputato in ordine al reato ascritto perchè estinto per prescrizione.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Catania deducendo:
2.1. omessa, insufficiente e comunque manifestamente illogica e contraddittoria motivazione in ordine alla individuazione dei parametri applicativi del punto di diritto fissato netta sentenza di annullamento con rinvio in quanto la Corte territoriale ha omesso di esaminare in modo critico ed approfondito il materiale probatorio in atti in ordine atta sussistenza dell’aggravante in parola assumendo, inoltre, che il C. fu autorizzato dal clan ad investire personalmente netta società ed escludendone illogicamente la rilevanza ai fini in esame e – inoltre – assumendo l’incompatibilità della finalità personale con quella agevolatrice del clan. 2.2. omesso, insufficiente e comunque manifestamente illogica e contraddittoria motivazione in ordine alla valutazione del quadro indiziario in atti in ordine all’aggravante in parola non avendo la Corte territoriale tratto le debite conseguenze dal novum rappresentato dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia S.E. – pur riportandone il dictum – in ordine atta finalità agevolatrice dei clan perseguita dall’agente. In particolare, la Corte si sarebbe riduttivamente riferita al solo profilo della appartenenza al sodalizio del C., omettendo di considerare le altre significative e pregnanti informazioni fornite sulla natura mafiosa della società netta quale l’imputato aveva investito. La qual cosa avrebbe illuminato il profilo psicologico dell’imputato sotteso all’aggravante mafiosa. L’omessa considerazione dei coesistenti e convergenti intenti, personalistici e del clan, sottesi all’acquisto delle quote societarie – secondo il ricorrente – giustificano l’annullamento con rinvio della sentenza gravata.
3. il ricorso è fondato.
4. La sentenza ha ritenuto di escludere l’aggravante della finalità mafiosa sub specie del favoreggiamento del clan XXX in quanto non emergevano "elementi certi che conclamino" la direzione lesiva della condotta criminosa anche verso l’obiettivo di agevolare l’attività dell’associazione".
5. Detta conclusione ha posto all’esito della disamina imposta dalla sentenza rescindente che aveva censurato il precedente riconoscimento della aggravante in parola sulla base dell’unico elemento indiziante costituito dalla documentata vicinanza del ricorrente al clan XXX ed essendo necessario, invece, dimostrare l’esistenza della ipotizzata finalità agevolatrice.
6. La sentenza ha ritenuto accertata la finalità elusiva dell’intestazione fittizia, ritenendola presumibilmente "autorizzata" dal clan, come pure ha ritenuto plausibile che essa potesse essere destinata in tutto o in parte affagevolazione del clan mafioso "XXX", nei cui ambito l’imputato gravitava.
7. Osserva il Collegio che la Corte territoriale, dando conto delle ragioni dell’annullamento e del correlativo devolutum, ha esattamente definito l’ambito dell’esame allorquando si è proposte di verificare – alla stregua degli indirizzi giurisprudenziali correttamente ricordati – se ed in quale misura il soggetto agente abbia inteso fornire un reale aiuto e "vantaggio" al sodalizio mafioso.
8. Purtuttavia, la conclusione alla quale è giunta ha omesso di considerare la valenza dimostrativa del novum apportato nella fase rescissoria dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia S., già interlocutore nella captazioni telefoniche, in ordine alle quali si limita a considerare la sola conferma della sodalità o della "vicinanza" del C. rispetto al clan. 9. Non ha, invece, valutato se e quale incidenza avesse sul thema probandum la riferita natura mafiosa della società "XXX" – nell’ambito della quale erano realizzate intestazioni fittizie nell’interesse del maggiori clan mafiosi catanesi e che era destinata a conseguire lucrosi appalti – cosicchè l’"autorizzazione" all’investimento in tale società dovesse sottendere un consapevole sinallagma tra l’elusione perseguita dal C. e l’incremento di capitali della la società mafiosa realizzato con l’investimento effettuato dal predetto.
10. Nè, in ogni caso, il Collegio giustifica la ragione per la quale la perseguita finalità elusiva non debba coesistere con quella agevolatrice del clan, fondando la circostanza in parola, posto che tra le due finalità nessuna incompatibilità o, quantomeno, sfasamento sono stati ravvisati.
11. Cosicchè fa conclusione dubitativa si palesa illogica ed omissiva rispetto alle rilevanti acquisizioni che l’hanno preceduta.
12. Deve, pertanto, disporsi l’annullamento della sentenza gravata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania per nuovo giudizio che rivaluterà la fattispecie circostanziale alla stregua dei suesposti rilievi. Resta ferma, ovviamente, ai sensi dell’art. 624 c.p.p., la affermazione di responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di cui alla L. n. 356 del 1991, art. 12 quinquies, in relazione al quale si è formato il giudicato per omessa impugnazione sul punto da parte dell’imputato della sentenza emessa in data 15.4.2010 dalla Corte di Appello di Catania.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2013

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