Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-01-2013) 14-02-2013, n. 7376

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 31.1.2011 fa Corte di Appello di Milano confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Milano, appellata da M.M.M. e B.E., con te quale i predetti erano stati condannati atta pena di mesi sei di reclusione ciascuno in relazione al delitto di cui ai capo A) artt. 110/56/353 c.p. e per il delitto di cui all’art. 61, n. 2 e art. 483 c.p. (rispettivamente capi B) e C), accertati in (OMISSIS).
2. Riteneva la Corte che nella specie si doveva ravvisare un collegamento sostanziale tra le due imprese che avevano partecipato alla gara presso il Comune di Milano essendosi individuato quale centro di collegamento tra la "A. C. srl", della quale era legale rappresentante la M. e la "A. srl", di cui era legale rappresentante il B., C.S., titolare della "O. R." – partecipante all’A.T.I. capeggiata dalla "A. srl" – e socio al 30% della "A. C.", figlio della M. e fratello del direttore tecnico della stessa "A. C.". Con la conseguente consapevole falsità delle dichiarazioni sostitutive circa l’assenza del predetto collegamento sostanziale sia da parte della M. che del B..
3. Propongono ricorso per cassazione a mezzo dei difensori gli imputati deducendo quanto segue.
3.1. Per M. la difesa deduce:
3.2. violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per inosservanza o erronea applicazione degli artt. 49 e 56 TCE e dell’art. 23 della direttiva 93/37/CEE del 14.6.1993 modificata dalla direttiva 97/52/CE e della L. n. 109 del 1994, art. 10, comma 1 bis, in relazione all’art. 11 Cost. in ragione della sentenza 19 maggio 2009 in causa C- 538/07 che aveva rilevato contrasto tra il diritto comunitario e l’esistenza di divieti di partecipazione alle gare pubbliche collegati esclusivamente a dati strutturali delle composizioni societarie delle imprese partecipanti alle gare e non ad un’effettiva e concreta influenza di tali situazioni sul contenuto delle offerte economiche formulate dalle imprese partecipanti alle gare. Inoltre, la stessa sentenza comunitaria aveva rilevato contrasto del diritto comunitario anche con il divieto di partecipazione alla stessa gara di un consorzio stabile e delle imprese che di tale consorzio sono membri, sottolineando che l’esclusione automatica dalla partecipazione alla gara e l’irrogazione di sanzioni penali contrasta con il diritto comunitario anche per e gare che, in relazione all’importo, non raggiungano la soglia della rilevanza comunitaria in quanto detto meccanismo costituisce una restrizione indebita che ostacola, con il suo effetto dissuasivo, la libertà di stabilimento e di prestazione di servizi garantita dai Trattato CE. Di qui – secondo il ricorso – l’obbligo di disapplicazione per contrasto con il diritto comunitario delle pertinenti clausole del bando di gara e della L. n. 109 del 1994, art. 10, comma 1 bis, all’epoca vigente. Alla disapplicazione conseguirebbe il venir meno della principale ragione della condanna costituita dal solo collegamento tra le imprese.
3.3. violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per mancanza o illogicità della motivazione in ordine alla esplicita doglianza di appello relativa alla ridetta disapplicazione in relazione alla quale la Corte si è limitata a rilevare (a mancata puntuale indicazione della normativa comunitaria di cui si chiedeva applicazione, trattandosi -invece – di un obbligo rimesso al giudice nazionale.
3.4. violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1 lett. c) ed e);
inosservanza o erronea applicazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione all’art. 125 c.p.p., comma 3 e mancanza di motivazione in relazione alle ragioni per le quali sarebbe stata ritenuta inattendibile la testimonianza resa dal C.S. che aveva escluso sia di aver portato a conoscenza della M. la partecipazione della propria ditta O. R. alla gara indetta dal Comune di Milano che di aver conoscenza che la A. C. s.r.l. partecipasse a tale gara.
3.5. violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) per Inosservanza o erronea applicazione degli artt. 5, 42, 43 e 47 c.p. anche in relazione all’art. 25 Cost. e all’art. 7 CEDU e mancanza dì motivazione. Secondo il ricorso la affermazione di responsabilità della M. si fonderebbe su una indeterminata ed incerta definizione del "collegamento sostanziale" tra imprese e, quindi, su un nebuloso sfondo normativo contrastante con i parametri costituzionali e convenzionali. Anche su questo aspetto, dedotto nei motivi di appello, la Corte non ha inteso pronunciarsi.
3.6. violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) per inosservanza degli artt. 157, 161, 163, 171, 601, 178 lett. c) e art. 179 c.p.p. in relazione alla notifica della citazione in appello della M. in luogo diverso da quello dichiarato come residenza in (OMISSIS), essendole stato notificata la predetta citazione in (OMISSIS) a mani di persona terza. Di qui (a nullità del giudizio di secondo grado e della sentenza.
3.7. Con memoria depositata il 16.1.2013 il difensore, in aggiunta ai predetti motivi, ha sollecitato l’annullamento senza rinvio della sentenza per essere i reati estinti per prescrizione, essendo intervenuta definizione degli interessi civili.
3.2. Per B. il ricorso deduce:
3.2.1. Errore di diritto nell’interpretazione delle norme comunitarie secondo la doglianza già esposta in relazione al ricorso M..
3.2.2. Mancanza o insufficienza grave di motivazione in relazione all’elemento psicologico del dolo in capo all’imputato, essendosi incentrata la sentenza sui rapporti tra la M. e i suoi tre figli, limitando l’addebito al B. con l’osservazione che questi "non è verosimile che nulla sapesse" dei rapporti tra C.S. con A. s.r.l..
3.2.3. Mancanza di motivazione sul diniego dì sospensione condizionale risultando contraddittoria la affermata gravità del reato con la sua forma tentata e l’incensuratezza del B..
Motivi della decisione
1. I primi motivi dei rispettivi ricorsi possono essere esaminati congiuntamente avendo riguardo ai medesimo tema del contrasto tra norma comunitaria e norma interna ed alla richiesta disapplicazione di quest’ultima. I motivi sono infondati.
1.1. Occorre preliminarmente rilevare che la giurisprudenza amministrativa si è sempre orientata in senso favorevole aita possibilità di individuare ipotesi di "collegamento sostanziale" tra imprese, diverse e ulteriori rispetto a quelle espressamente indicate alla L. n. 109 del 1994, art. 10, comma 1 bis ("imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 c.c."), norma in questa sede applicabile ratione temporis. Mentre nel caso di "controllo" ai sensi dell’art. 2359 c.c., opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza dì un’ipotesi turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti), nel caso di sussistenza del cd. "collegamento sostanziale", l’amministrazione è onerata di provare in concreto l’esistenza di elementi oggettivi e concordanti, che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati principi (cfr. ex plurimis Cons. Stato, 5^, 22 aprile 2004 n. 2317; Cons. Stato, 6^, 7 febbraio 2002, n. 685; 5^, 15 febbraio 2002, n. 923; 4^, 27 dicembre 2001, n. 6424). Anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante deve disporre l’esclusione di offerte contenenti gli indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza da un unico centro decisionale. Difatti, in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all’art. 2359 c.c., dal momento che tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del "giusto" contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo l’interesse protetto al pericolo dì situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societarie capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzagli. Ciò in quanto la tutela apprestata all’interesse pubblico alla corretta e regolare scelta del "giusto" contraente è finalizzata ad evitare che il relativo bene giuridico sia addirittura messo in pericolo: infatti, quand’esso fosse già stato leso o vulnerato, sarebbe molto difficile, se non addirittura impossibile una restitutio in integrum, salva l’ipotesi dell’annullamento della gara e la sua rinnovazione, che però in ogni caso comporterebbe, per il tempo occorrente e per le risorse umane e finanziarie da impiegare e riallocare, un’offesa non riparabile ai principi di economicità, speditezza, celerità ed adeguatezza dell’azione amministrativa (cfr. Cons. Stato 6^, 13 giugno 2005, n. 3089; 23 giugno 2006, n. 4012; Sez. 5^, 9 dicembre 2004, n. 7894). A conferma della lesività e illegittimità del "collegamento sostanziale" tra imprese partecipanti alla medesima procedura, il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 34 (Codice dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture), ha precisato che "le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi". Successivamente, la Corte di Giustizia CE (C. giust. CE, sez. 4^, 19 maggio 2009 C-538/07, pronuncia richiamata da Consiglio di stato, sez. 6^, 08 giugno 2010, n. 3637), pronunciandosi sul D.Lgs. n. 157 del 1995, ha ritenuto incompatibile con il diritto comunitario (e segnatamente con la direttiva 92/50/CEE) la disciplina nazionale che vieta in assoluto la partecipazione alla medesima gara di appalto di imprese che sono tra loro in una situazione di collegamento, ha osservato la Corte di Giustizia che non si può impedire, a priori, una disciplina nazionale delle cause di esclusione dalle gare di appalto più severa di quella comunitaria, la quale prevede le cause di esclusione come facoltative. Pertanto, non è senz’altro illegittima la disciplina italiana, che prevede cause di esclusione obbligatorie. Tuttavia la maggiore severità della disciplina nazionale, da un lato deve trovare giustificazione nell’esigenza di una migliore tutela della concorrenza, della trasparenza e della par condicio, dall’altro incontra un limite nel principio di proporzionalità. Facendo applicazione di tali coordinate alla disciplina nazionale in tema di controllo di imprese e gare di appello, la Corte di Giustizia ha rilevato che la legislazione italiana prevede una esclusione "automatica", in quanto il solo fatto che vi sia una situazione di controllo preclude la partecipazione alla medesima gara e obbliga la stazione appaltante a dichiarare l’esclusione: tale automatismo, secondo la Corte, implica una presunzione assoluta di reciproca influenza nella formulazione delle offerte in gara; esso ostacola la libera concorrenza nel mercato comunitario, e contrasta con il principio di proporzionalità, in quanto non si lascia a tali imprese la possibilità di dimostrare che, nel loro caso, non sussistono reali rischi di insorgenza di pratiche atte a minacciare la trasparenza e a falsare la concorrenza tra gli offerenti.
1.2. Purtuttavia, l’intervento della Corte di Giustizia attiene precipuamente all’ipotesi di collegamento strutturale tra imprese societarie: le imprese controllate, questo è il ragionamento della Corte, potrebbero godere comunque di una certa autonomia nella gestione della loro politica commerciale e delle loro attività economiche, in particolare nel settore della partecipazione a pubblici incanti; inoltre, i rapporti tra imprese di un medesimo gruppo potrebbero essere disciplinati da disposizioni particolari, ad esempio di tipo contrattuale, atte a garantire tanto l’indipendenza quanto la segretezza in sede di elaborazione di offerte che vengano poi presentate contemporaneamente dalle imprese in questione nell’ambito di una medesima gara d’appalto.
1.3. Nella vicenda per cui è causa, per contro, non si discute di un rapporto di controllo tra le imprese concorrenti (che secondo la Corte di Giustizia non è sufficiente affinchè l’amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di questa procedura); bensì di un collegamento di "fatto" di tipo non strutturale che, tuttavia,avrebbe avuto presuntivamente un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito della gara, con l’effetto di determinare la presentazione di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale.
1.4. In ogni caso, v’è da osservare che la fattispecie penale in esame non è pregiudizialmente legata alla vicenda amministrativa dell’esclusione dalla gara deliberata dalla P.A., essendosi autonomamente determinata sulla base del profilo collusivo incriminato nella specie.
1.4.1. Nel reato di turbata libertà degli incanti, il mezzo della collusione riguarda tutti gli accordi preventivi intervenuti tra i partecipanti sui contenuti specifici delle rispettive offerte, diretti ad alterare il principio della libera concorrenza tra i singoli soggetti giuridici che partecipano in via autonoma alla gara (Sez. 6, Sentenza n. 16333 del 23/03/2011 Rv. 250042 Imputato: P.G. in proc. Cardinale e altri.) e costituiscono collusioni penalmente rilevanti per la consumazione del reato de quo "tutti gli accordi preventivi intervenuti tra i partecipanti alla gara sui contenuti specifici delle rispettive offerte, diretti a modificare, invalidandolo, il principio della libera concorrenza tra singoli soggetti giuridici che partecipano in via autonoma alla gara" e la presenza di offerte formalmente diverse ma imputabili ad un unico centro di interessi" è di per sè idonea a provare l’esistenza di siffatti accordi e quindi la turbativa della gara (Sez. 6 sentenza n. 18161 del 5 aprile 2012, P.G. in procedimento Bevilacqua ed altri).
1.4.2. Nella specie, i giudici hanno desunto la prova della collusione e, quindi, del dolo dei concorrenti, dal collegamento sostanziale tra le due società, circostanza che porta a ritenere che dietro la pluralità di imprese partecipanti, in realtà vi è stato un unico centro di interessi che, attraverso la parcellizzazione delle offerte, ha aumentato le possibilità di aggiudicazione dell’appalto, in questo modo alterando il normale gioco della concorrenza e turbando fa gara.
1.4.3. In conclusione sul punto, inconferente, è nella specie l’invocata disapplicazione delle norme della "lex specialis" o di quella proveniente dalla L. n. 109 del 1994, art. 10, comma 1 bis, sia per il diverso presupposto del contratto tra imprese assunto dalla sentenza comunitaria, sia per la diversità dei piani su cui si pone l’accusa mossa, che non si fonda sulla esclusione delle imprese in sede amministrativa.
2. Quanto sopra osservato assorbe il secondo motivo proposto dalla difesa della M..
3. Inammissibile è il terzo motivo il quale involge una diversa ponderazione degli elementi probatori non proponibile in sede di legittimità in presenza di una motivazione logica e priva di vizi giuridici che ha ritenuto inverosimile, sulla base degli intrecci societari e del ruolo rivestito dal C., che questi non fosse a conoscenza della partecipazione alla gara e che le due società non lo fossero reciprocamente.
4. Infondato è il quarto motivo, alla stregua dette osservazioni sub 1. in ordine al costante orientamento della giurisprudenza amministrativa e del profilo collusivo delineato dalla giurisprudenza di legittimità.
5. Inammissibile è il quinto motivo, per difetto di autosufficienza non essendo allegato l’atto di nomina genericamente indicato.
6. Inammissibile è il secondo motivo dedotto dalla difesa del B. introducendo lo stesso un profilo di merito improponibile in sede di legittimità ed in presenza di una motivazione logica e priva di vizi giuridici che giustifica la consapevolezza del B. circa la posizione del C. nell’A. srl, anche in ragione degli obblighi di informazione che gli incombevano e dell’identica fattura delle domande di partecipazione alla gara di entrambe le società.
7. Pari menti inammissibile per analoga deduzione di questione di fatto è il terzo motivo del medesimo ricorrente in assenza di incongruenze motivazionali in sede di diniego della sospensione condizionale della pena fondata sulla gravità oggettiva del fatto e considerata le circostanze del fatto in ordine alla tecnica utilizzata, sintomatiche della propensione a commettere delitti della stessa specie.
8. Deve rilevarsi che i reati risultano prescritti alla data del 16.1.12 e, in presenza di ricorsi non del tutto inammissibili, la causa di estinzione deve essere dichiarata in questa sede.
9. Rimangono, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., le statuizioni civili della sentenza gravata in ragione della corretta affermazione di responsabilità degli imputati in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti, fondata – e richiamando espressamente quanto sopra detto in ordine al profilo collusivo ed alla consapevolezza del collegamento societario – sulla base di un ragionamento esente da vizi logici e giuridici e comportando la dedotta definizione degli interessi civili, asseritamente avvenuta sulla base del carteggio allegato alla memoria nell’interesse della M., una verifica in fatto che esula dai compiti di questa Corte.
P.Q.M.
Annuita senza rinvio fa sentenza impugnata essendo i reati estinti per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2013
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